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MotoGP, Rigamonti: "Zarco, il timido: devo spingerlo a rischiare sugli assetti"

ESCLUSIVO, PARLA IL SUO CAPOTECNICO "Come Stoner guida col posteriore. E' timido e non chiede modifiche perché si adatta molto, ma ora si sta cucendo la moto addosso. La mancanza di una vittoria fa sì che non ci siano i riflettori su di lui. In Ducati lo chiamiamo 'il re della trazione'

MotoGP: Rigamonti:

Due titoli mondiali in Moto2, con 15 vittorie e 30 podi, tutti festeggiati con il suo iconico backflip. Passato in MotoGP, con Yamaha, nel 2017 Johann Zarco si è messo subito in luce, ma senza mai esplodere veramente. Poi c’è stato lo sfortunato passaggio in KTM - la Honda lo avrebbe voluto, il manager lo portò quasi a forza a Mattighofen - la breve esperienza con la RC213V di Cecchinello ed infine il passaggio in Ducati nel 2020 grazie all’interessamento diretto di Gigi Dall’Igna.

Da lì la carriera del pilota francese è ripartita, ma la vittoria nella classe regina finora lo ha eluso e non è arrivata nonostante 15 podi, 8 pole e 7 giri veloci. Oggi Johann, terzo nel mondiale e miglior pilota Ducati, scatterà dalla pole ed ha promesso il backflip “anche se non sono più allenato a farlo”.

Al suo angolo c’è Marco Rigamonti, un capotecnico di esperienza che ha assistito, fra gli altri, Andrea Iannone e Max Biaggi. Ed è lui a raccontarcelo.

“Come persona Johann è molto timido e fa fatica ad esternare i suoi sentimenti. Fa fatica anche a farti capire di cosa ha bisogno. E’ stato abituato a chiedere poco e mettere in discussione se stesso. Cosa positiva perché è bello che un pilota si adatti, ma man mano che si diventa più competitivi è importante cucirsi la moto addosso. Questo è stato un limite nella sua crescita, si è sempre adattato. Ora stiamo capendo di cosa ha bisogno e quando esprime un suo disagio è più facile grazie all’esperienza, capirlo”.

La sua caratteristica principale, come pilota?
“In Ducati lo chiamiamo il re della trazione, sa usare molto bene la gomma dietro, trova sempre tanto grip. All’inizio era carente in frenata, quest’anno ha fatto però un bello step, ancora deve lavorare in quell’area lì, ma nella gestione del gas è bravissimo ed infatti qui a Silverstone sta facendo benissimo”.

Che tipo di assetto predilige? E' più Marquez o più Stoner?
“Nella messa a punto della moto c’è tanto delle idee del capotecnico. Si cerca sempre di non prendere strade troppo divergenti, perché se vai male iniziano i dubbi. Divido i piloti in due categorie: c’è chi fa tutto con l’anteriore e quelli che guidano con la ruota posteriore. Johann guida con il posteriore. Non si lamenta mai del davanti, è molto concentrato sul grip dietro”.

Un po’ come appunto Stoner, che diceva che quando intraversi la moto non puoi fare highside perché scivola?
“ Si, è così. E’ vero. Johann non lo fa in ingresso ma in uscita di curva, è un bene e un male perché se c’è poco grip soffre di più. Automaticamente la ricerca dell’assetto si sposta sulla parte posteriore”.

Allora molto Roberts e Spencer, un peccato che sia sottovalutato. Si parla di tutti meno che di lui.
“Zarco sottovalutato? Forse la mancanza di una vittoria fa sì che non ci siano i riflettori su di lui. Vedendo come è lui nella vita, piuttosto che fare un passo più lungo lo fa più corto. Si tiene non del margine non per paura di cadere quanto per non fare errori. Ed è ciò che lo ha portato ad essere terzo in classifica. E’ focalizzato su quello”.

Diametralmente opposto ad un altro tuo pilota, tipo Andrea Iannone?
“Con Johann grazie al suo carattere a volte sono io a spingerlo a rischiare, non in termine di guida quanto ‘proviamo a fare questo’, perché mette in discussione se stesso. E’ restio a chiederti modifiche. Non è però giusto chiedere sempre al pilota. Il pilota deve dare il 100%, ma dobbiamo anche noi mettere in discussione il nostro lavoro”.

Come ti comporti lavorando con lui? Gli dici prima le modifiche che fai e cosa si deve aspettare?
“Io non gli dico mai cosa ho fatto sulla moto, gli dico solo ho fatto una modifica davanti o dietro. Per provare a cercare grip o migliorare il feeling davanti. Non voglio che sia influenzato su esperienze passate. Lui sa che se mette una molla più dura frena più forte però gli si blocca la ruota davanti, è una questione di sensazioni, rimane focalizzato su certi aspetti e riporta altre informazioni, quindi cerco sempre di evitarlo”.



Parliamo dei piloti con cui hai lavorato in passato, partiamo di Iannone.
“Mi ricordo un GP di Assen nei suoi primi anni in Ducati, quando la situazione era difficile, era il 2013 o forse il 2014. Le nostre prestazioni erano veramente pessime e Andrea mi diceva che alla curva 7, quella veloce a sinistra, era veramente al limite. Però io vedevo che altri piloti entravano più forte e gli dissi di provarci perché noi di più non potevamo fare, doveva essere lui a fare la differenza. È entrato in pista, è caduto in quella curva e quando è rientrato ai box mi ha detto: ‘te l’avevo detto che ero al limite’. Questo episodio dimostra che è un pilota che cerca sempre di metterci del suo. In altre situazioni, è esattamente l’opposto di Johann”.

Per esempio?
“Zarco è molto timido, mentre Iannone se aveva qualcosa da dirti lo faceva. Ci conoscevamo bene e sapevamo come avremmo reagito sia io che lui, quindi riuscivamo a lavorare bene”.

A proposito di piloti ‘difficili’, cosa ci dici di Biaggi?
"È stato il mio primo pilota, nel 2008, io ero un novellino e lui era più che esperto. Sapevo di dovere gestire la situazione, ma anche di imparare da lui, infatti era Max che decideva, a esempio, le prove delle gomme. L’ho conosciuto in un suo momento particolare della sua carriera, Honda lo aveva lasciato a piedi in MotoGP e poi Suzuki in SBK, era già un uomo maturo e, onestamente, mi sono trovato molto bene. Non era il pilota che mi avevano raccontato, quello che lanciò un motorino contro l’hospitality, era un’altra persona. Era comunque un pilota che voleva vincere, mi ricordo bene che era pignolo su tutto, ma è una caratteristica positiva. Certo, quando le cose non andavano, allora era difficile: lo stress delle gare l’ho conosciuto con lui”.

Biaggi ha parlato recentemente dell’episodio in SBK, com Ducati, quando tolsero dei giri alla sua moto. Come era andata?
“Prima della stagione, avevamo fatto 3 giorni di test privati e altri 3 ufficiali a Phillip Island e Max era andato molto forte. Alla seconda gara, in Australia, c’era stato un problema che aveva condizionato quel weekend di gara e un po’ tutta la stagione: prima della Superpole si era rotta la leva del cambio, quindi partì 16°. Dopo 5 o 6 giri aveva rimontato fino al 2° posto e poi era scivolato. In Gara2 rimontò ancora più in fretta e quando era 3°, dietro a Nieto, alla frenata della prima curva, forse anche risucchiato dalla scia, non si è fermato e fece un gran botto, rompendosi il polso. La stagione era iniziata male, ma era andato forte”.

E poi?
“Dopo le prime due gare, controllando i motori, ci eravamo accorti di avere problemi con la distribuzione. Quello che ha detto Max è vero, avevamo ridotto i giri per evitare rotture: i bilancieri si rovinavano, la distribuzione andava fuori fase e si spaccavano le valvole. In quegli anni lo sviluppo era concentrato sulla MotoGP, quindi per risolvere il problema servì un po’ di tempo. Mi sembra che a metà stagione tornammo comunque già alla normalità, potendo usare tutti i giri”.

Questo accadde per tutte le Ducati?
“Certo. Leggendo quello che ha scritto Max sembra che l’avessimo fatto solo sulla sua moto, ma fu lo stesso per tutti i piloti”.

 

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