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MotoGP, Laverty: vorrei che Rossi venisse con me in Superbike

"La MotoGP sarebbe cambiata se Valentino fosse andato in F.1. Nel 2017 in SBK tornerà l'incertezza del risultato che manca ora"

Laverty: vorrei che Rossi venisse con me in Superbike

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di Nereo Balanzin

Eugene Laverty appartiene alla sparuta pattuglia dei piloti con la barba. Ha gli occhi chiari (come la maggior parte dei colleghi di MotoGP e dei cecchini) e porta il cognome stampato sulla schiena della tuta in quel verde smeraldo che per gli irlandesi esprime il patrimonio nazionale. Ha un fratello gemello, Eamonn, che è stato anche best man (testimone) al matrimonio di Eugene con Philippa: “mia moglie, ma anche my best friend,  la mia migliore amica. E' lei che mi trascina fuori dal guscio: di mio, io sarei spesso incline alla solitudine”. Così Eugene.
Laverty, che quest'anno gareggia in MotoGP con la Ducati del team Aspar, l'anno prossimo tornerà in Superbike, per scendere in pista con la Aprilia del team Milwaukee. Un ritorno: nel mondiale derivate di serie l'irlandese ha gareggiato quattro anni, dal 2011 al 2014, ottenendo 13 vittorie e salendo 32 volte sul podio.  Nel 2013, proprio con l'Aprilia, si è piazzato al secondo posto in classifica generale di campionato.

E' questo, che ti manca? La lotta per le posizioni che contano?
“Sì, ma non è l'unica ragione. Un altro elemento è che, come sempre accade, il tuo compagno di squadra è il primo termine di paragone. Il primo, il più semplice, il più efficace. Ma quando la moto non è la stessa, è difficile capire quale sia il proprio valore effettivo”.

Di cosa sei contento, dopo queste due stagioni?
“Intanto, siamo cresciuti molto, anche al di là del risultato (quarto) nel Gran Premio di Argentina. Ed anche per un altra ragione: quando hai una moto estremamente competitiva, di solito ti limiti a puntare su quella, per diventarlo ancora di più. In altre situazioni, lavori molto di più su te stesso, e per trovare al tuo interno, e nel tuo stile, nel tuo modo, la maniera di fare meglio. Insomma, se è vero che la MotoGP è una scuola dura, è anche una scuola che mi ha insegnato molto”.

Se tu potessi portare con te in Superbike, per aumentarne il valore, qualcosa della MotoGP, cosa sarebbe?
“Valentino Rossi. Chissà come sarebbe cambiata la storia della MotoGP se Valentino avesse deciso, a suo tempo, di dedicarsi alle quattro ruote. Comunque, è difficile capire esattamente cosa possa servire a migliorare sempre più la Superbike che, in ogni caso, l'anno prossimo alcuni innesti  interessanti li avrà: Bradl, Melandri...”.

Questione di nomi, comunque?
“Nomi, e competizione. Incertezza del risultato. Quattro o cinque anni fa abbiamo vissuto stagioni di grandi gare, ma negli ultimi tempi il dominio di Kawasaki ha marcato molto il campionato. Quindi: protagonisti forti, spettacolo, gare combattute”.

Italiani ed irlandesi: due colori su tre, il bianco ed il verde, sono gli stessi, nelle due bandiere, e molti sostengono che le somiglianze non si limitino a questo, ma siano davvero tante, a partire dal sangue caldo.
“Sono tentato di dire di sì anche perché, a forza di correre circondato da italiani, ho imparato un po' la lingua”.

(passando dall'inglese all'italiano) Quindi, potremmo continuare la chiacchierata nella mia lingua...
(Laverty, in italiano e con un accento quasi senza inflessione): “meglio di no, continuiamo a parlare in inglese...”.

Come vuoi, anche se... L'hai studiato, l'italiano, o sei uno di quei fortunati mortali che imparano le lingue straniere con uno schiocco di dita?
“Ho studiato. Con Max (Biaggi, ndr) in squadra, tutto era più semplice: era il mio traduttore ufficiale. Quando non ho più potuto contare sul suo aiuto, ho dovuto camminare con le mie gambe. Mi ha aiutato il fatto che, a Monaco (Montecarlo) ho diversi amici italiani; usciamo spesso in bici assieme, per allenamento e così, per qualche ora, parlo solo italiano. E' divertente”.

Come è Montecarlo?
“Ci sono due Montecarlo. Una che diventa  più vivace man mano che si avvicinano la sera e la notte, ed una che invece vive soprattutto la mattina e nel primo pomeriggio. La seconda, è la Monaco della gente di sport. La mia gente. Whatsup aiuta molto a tenerci in contatto, ma ancora di più ci lega l'uscire assieme in bici per allenarci, nelle zone attorno. Siamo in una ventina che fanno riferimento al mondo della moto. Ma ci son anche altri; a volte c'è Froome (vincitore di tre Tour de France, ndr)”.

Lo tieni, il passo di Froome?
“Sì. Fino al caffè all'angolo”.

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