C’è una foto con tre ragazzini che guardano verso l’obiettivo, le tute verde acqua del team Leopard immacolate. Il primo da sinistra ha uno sguardo serio e concentrato, quello al centro sorride, l’ultimo sembra quasi impaurito. Sono Mir, Quartararo e Locatelli. Quattro anni dopo quello scatto, Joan ha vinto il titolo in MotoGP, Andrea quello in Supersport e Fabio ha sorpreso tutti fin dal suo arrivo nella classe regina.
In quel quadretto, però, manca un uomo importante, Christian Lundberg. È lui il capo indiscusso nel box, mago della meccanica e con un fiuto per il talento superiore a quello del miglior cane da tartufo.
Dopo una stagione così importante per i suoi ex piloti, non c’è persona migliore da interpellare.
"Joan Mir mi aveva innamorare fin dal primo test"
Christian, sei stato al fianco di Mir fin dai tempi del CEV, cosa avevi visto in lui?
“La prima volta che lo avevo vista girare avevo detto: questo fa paura. Già nel primo test mi aveva fatto innamorare, andò subito fortissimo. Inoltre è un ragazzo d’oro, non si lascia andare a commenti superflui, ha sempre la testa sulle spalle e un cervello che funziona”.
Cosa ti ricordi in particolare del 2017, l’anno del Mondiale in Moto3?
“Ricordo che eravamo tutti tranquilli, perché era Joan che ci faceva stare tranquilli. Sapevi che avrebbe sempre portato la moto sul podio, le gare non erano una sofferenza temendo che cascasse, praticamente sapevamo che avrebbe vinto. Trasmetteva una fiducia che non era propria di un ragazzino”.
"Prima del GP di Barcellona avevo detto a Brivio: Mir vincerà il Mondiale"
Tu credevi che Mir avrebbe potuto vincere il titolo in MotoGP quest’anno?
“Prima della gara di Barcellona avevo incontrato Davide Brivio all’aeroporto e gli avevo detto: ‘state concentrati perché Joan vince il Mondiale. Quando sente l’odore del sangue lui vince, non avrà paura e non farà stupidate. Vi darà delle belle soddisfazioni’. Davide aveva fatto tutti gli scongiuri del caso (ride)”.
Mir è stato anche criticato finché non ha vinto la prima gara.
“L’ha vinta nel momento di massima pressione, è lì che un campione fa la differenza. Vincere in maniera così autoritaria, ti fa capire il suo spessore. Se ci fosse stato Marquez questo campionato sarebbe stato diverso, a Joan avere l’asticella alta non dispiace affatto. Credo che forse lui sia l’unico a non essere sottomesso all’egemonia di Marc a livello psicologico, pensa di essere più forte di Marc. Quanti altri altri lo pensano? Forse si contano sulle punta delle dita e io non so chi siano. Il 90% dei piloti parte già sconfitto a livello psicologico contro Marquez, mentre Mir sapeva che, presto o tardi, avrebbe potuto giocare ad armi pari contro di lui e batterlo. Questo è un grosso vantaggio rispetto ai suo avversari di quest’anno”.
Nella guida, invece, quali sono le sue qualità?
“La staccata sicuramente, e poi il modo di fare girare la moto a centro curva utilizzando il corpo, utilizzando le braccia e spingendo sulle pedane, attaccandosi con il braccio esterno sul serbatoio. Ha delle qualità nella guida che ha sviluppato con il tempo. In passato si è allenato con piloti come Gibernau e Pedrosa e lui ha appreso quello che gli hanno trasmesso, è una qualità fondamentale di Joan. Ci sono altri piloti che non provano neanche nuove soluzioni, Mir invece lo fa, ne capisce i benefici e poi cerca di migliorarle. Oggi ogni sfumatura è importante”.
Ha un tallone d’Achille?
“Direi le qualifiche, anche in Moto3 avevamo fatto solo una pole position vincendo 10 gare. Però non è un pilota che butta la moto a terra 10 volte in un anno, se lo fa un paio di volte è già tanto. Ci sono altri piloti che sono sempre al limite, ma che in gara non riescono a concretizzare, Joan invece costruisce le sue prestazioni dal venerdì mattina: quando arriva in gara sa quello che ha e sa che porterà a casa il meglio”.
Hai parlato con Mir dopo la vittoria del titolo?
“Gli ho mandato un messaggio con una battuta che facevamo sempre nel box e mi ha risposto che è lui a essere un mio fan e non il contrario (ride). È veramente un bravissimo ragazzo”.
"Quartararo è un talento sovrumano, ma si mette troppa pressione"
Nel 2016 Mir era compagno di squadra di Quartararo in Leopard, ma con Fabio quell’anno non andò benissimo.
“Ero con Fabio quando vinse il suo primo titolo nel CEV del 2013 ed era un pilota con un talento sovrumano, il problema è che ha volte si mette troppa pressione addosso e, se non è lui a mettersela, sono gli altri”.
Sembra esattamente quello che è successo in questa stagione.
“Da outsider faceva benissimo, fin troppo, ma, quando è stato il momento di chiudere il cerchio e diventare un protagonista assoluto, forse è venuto un po’ meno dal punto di vista psicologico. Non l’abbiamo più visto fare le cose che faceva prima ed è quello che succedeva anche nelle categorie inferiori. Arrivato da noi nel 2016 pensava di stravincere, le prime difficoltà gli avevano fatto capire che non sarebbe stato proprio così semplice e poi si era fatto influenzare dal suo entourage, praticamente sembra che tutta la Francia gli dia consigli. Per quanto riguarda il talento, forse ne ha quanto Mir ma, al momento, Joan gli è superiore per testa, se devo fare un confronto”.
"SeYamaha lascerà che siano Quartararo e Vinales a comandare le cose potrebbero prendere una brutta piega"
Quartararo però il prossimo anno sarà nel team ufficiale, non potrà più giocare da outsider.
“Ho lavorato anche con Vinales e posso dire che Yamaha il prossimo anno avrà due piloti con due caratterini non facili da gestire. Dovranno essere molto fermi nelle loro convinzioni e spero che non facciano comandare i piloti, altrimenti le cose potrebbero prendere una brutta piega. Bisognerà avere il polso fermissimo, Fabio e Maverick sono due talenti esagerati, da questo punto di vista è la squadra migliore, ma le briglie vanno tenute salde perché la situazione non scappi la mano”.
"La Moto2 ha aiutato Andrea Locatelli a dominare in Supersport"
Passiamo al terzo pilota che avevi in squadra nel 2016: Andrea Locatelli che ha dominato la Supersport.
“Ha fatto paura. Con noi aveva fatto una buona stagione, considerando anche che i suoi compagni di squadra erano Mir e Quartararo. È anche vero che venendo dal motomondiale, dal livello che c’è in Moto2, questo ti permette ti fare il bello e il cattivo tempo in Supersport. Secondo me farà bene anche in SBK, un pilota che sta nei primi 10 in Moto2 può dire la sua anche in MotoGP, parliamo di una delle classi più complesse per un pilota, serve la forza mentale per spingere al massimo ogni metro e per tutto il campionato, non puoi rilassarti. Auguro il meglio ad Andrea, anche con lui c’è un bellissimo rapporto”.
Quanta soddisfazione dà avere contribuito alla crescita di questi piloti?
“Anche solo sapere di avere messo un granellino di sabbia in certi successi è un orgoglio personale. Ti senti un po’ partecipe, con Mir c’è stata una complicità da cui lui ha imparato molto, ha recepito molte sfumature che hanno potuto aiutarlo, anche nei comportamenti”.
Quale sarà la tua prossima scoperta?
“Io spero che sia Artigas, stiamo lavorando con lui da due anni e ha delle qualità ottime. Da certi punti di vista mi ha sorpreso più di ogni altro pilota, per la sua freddezza e la sua capacità di portare sempre la moto al box. Ci sono dei momenti in cui tutti il team è nervoso e lui è calmissimo, nella sua prima gara nel Mondiale non ha avuto timori reverenziali. Ci aspettiamo che faccia bene, anche se il livello in Moto3 ora è molto alto e venendo dal CEV dovrà fare un altro passo e anche farlo velocemente. Il rapporto che ho con Xavi è simile a quello che avevo con Mir, vedremo se ha lo stesso talento e anche la stessa voglia di imparare e migliorarsi”.