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MotoGP, Dovizioso: "È il momento giusto per ritirarmi, a Misano sarà una festa"

"La Yamaha di oggi non è la Ducati del 2013, ma bisogna guidarla in modo estremo come Quartararo. Tornare nel paddock? Tengo ogni porta aperta, ma ora ho bisogno di tempo"

MotoGP: Dovizioso: "È il momento giusto per ritirarmi, a Misano sarà una festa"

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L’addio di Dovizioso inizia con i ringraziamenti, perché il gentleman della MotoGP non cambia neanche quando sta uscendo di scena. Più di vent’anni nel motomondiale, il titolo del mondo in 125, 24 vittorie (15 quelle in MotoGP), 103 podi, i suoi numeri. Il Desmodovi che ha incantato i tifosi sulla Ducati, dopo Misano sarà solo Andrea.

Da dove iniziamo?
Voglio ringraziare Yamaha e il team WithU, perché mi hanno sostenuto e capito questa decisione. Ho potuto parlare tranquillamente con loro durante la pausa estiva della mia situazione. Dopo vent’anni, è stata una decisione difficile, ma era arrivato il momento di prenderla. Quando un pilota non riesce a essere dove vorrebbe inizia a pensare e allora capisci che sta arrivando il momento”.

Cosa si prova?
Non è bello quando pensi troppo al ritiro e non più alle gare. Mi sono detto che Misano sarebbe stato il posto giusto dove finire, con tanti sorrisi e una bella festa”.

Non era possibile per te continuare fino a fine stagione?
Sono una persona razionale e molto autocritica, per fare qualcosa devo avere una motivazione importante e mi è mancata, non sono riuscito ad adattarmi tanto da fare buoni risultati. Avrei potuto continuare se fosse stato possibile lavorare sugli aspetti strutturali della moto, ho l’esperienza per farlo, ma durante la stagione non è possibile. Serve tempo e ho capito cosa era importante in questo momento per Yamaha”.

Come ti sei sentito il giorno in cui hai detto: stop?
“Non sono istintivo, a quel punto avevo già metabolizzato la mia decisione, avevo già settato la mia testa (ride). Non è un ritiro aggressivo, ne avevo già avuto un assaggio lo scorso anno, diciamo che è stato graduale, indolore”.

Tutti i piloti ti hanno salutato con calore.
Fa molto piacere essere considerato un buon pilota dai tuoi avversari. È una cosa importante”.

Hai già pensato a cosa farai dal prossimo anno?
Non ho niente di importante sul tavolo, ma non ho neanche ancora provato a trovare qualcosa. È normale dopo tanti anni avere bisogno di un po’ di tempo. Sono ancora abbastanza giovane, potrò godermi qualche anno facendo cross. Poi, da più di un decennio, ho il sogno di creare qualcosa e ci sono vicino. Sono concentrato su questo progetto, ma è ancora presto per parlarne”.

Faresti il rappresentate dei piloti?
Non dico di no, c’è il 50% di possibilità”.

Potremmo quindi rivederti nel paddock?
Terrò una porta aperta per ogni opzione, avevo già avuto delle offerte ma ho bisogno di più tempo”.

Perché non sei riuscito a trovare la giusta intesa con la M1?
Quando ci sono salito la prima volta ho capito la sua base e sono stato sorpreso dal grip che offriva e con cui ho sempre lottato. Il mio stile di guida non è il migliore per sfruttarne il potenziale, ma Quartararo ha dimostrato che con quella moto si può vincere il titolo. Ho lavorato tanto, ho provato molte cose, forse troppe, ma non è servito. Ho solo avuto la conferma che la Yamaha e il mio stile di guida non si abbinano”.

Il cambiamento della gomma posteriore nel 2020 ha influito?
"Ha avuto un effetto negativo su di me, ma quell’anno ho chiuso comunque il campionato al 4° posto, sono stato il migliore pilota Ducati, era un risultato accettabile. Secondo me è stato un insieme di fattori, la MotoGP è cambiata, il modo di guidare anche, è normale”.

È cambiata in meglio o in peggio?
Il mio non è un commento negativo, semplicemente è cambiata. Ora in MotoGP è difficile vedere molti sorpassi, perché conta più la velocità della strategia e l’aerodinamica non aiuta. Sono solo conseguenze dello sviluppo”.

Solo Quartararo riesce a sfruttare la Yamaha, pensi sia in una situazione simile a quella che trovasti a Borgo Panigale al tuo arrivo?
Quella era quasi un’altra era in MotoGP, inoltre la Ducati che trovai nel 2013 non aveva una base buona ma tantissimi limiti. La Yamaha, invece, è campione del mondo, ma è una moto diversa dal passato, da quella che ho guidato nel 2012. Per anni la M1 è stata una delle moto più facile da portare a un certo livello, per alcuni aspetti è ancora così, ma ora devi guidarla in modo estremo per sfruttare le sue caratteristiche, ed è quello che fa Fabio. Senza contare che in Ducati trovai anche una situazione interna anomale, c’era molto da riorganizzare”.

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