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SBK, Salvadori: “Ci sarà sempre chi mi critica, ma far discutere fa parte del mio lavoro”

INTERVISTA - “Fare lo YouTuber mi ha dato opportunità che altri non hanno, ma ha anche richiesto impegno e dedizione. In Italia non ti perdonano il successo, nell’IRRC ho visto un paddock con meno invidia e gelosia. Nel 2025 potrei fare la NW200. Il sogno? guidare una MotoGP”

SBK: Salvadori: “Ci sarà sempre chi mi critica, ma far discutere fa parte del mio lavoro”

Pista, corse su strada e gare in salita. Queste sono le cifre distintive del 2024 di Luca Salvadori. Dopo il complicato debutto nel Mondiale MotoE dello scorso anno, il pilota e YouTuber milanese ha infatti deciso di affiancare all’impegno nel National Trophy 1000 due nuove e affascinanti sfide, tutte da vivere sotto le insegne del team Broncos Racing. Tre campionati in cui Salvadori ha già detto la sua in un avvio di stagione pressoché perfetto, che lo visto trionfare nel primo appuntamento del National Trophy a Misano; centrare record e vittoria assoluta nella Deruta-Castelleone, tappa inaugurale del Campionato Italiano Velocità Salita; e poi concludere con una doppietta il suo esordio nell’International Road Racing Championship, sul tracciato di Hengelo. 

L’anno scorso avevo fatto un salto nel buio buttandomi in situazioni fuori dal mio controllo, come la MotoE o la gara con la 600cc a cui avevo partecipato senza neanche fare un test, per variare rispetto ai contenuti che stavo facendo e provare qualcosa di completamente nuovo come la gara in notturna, che non potevo correre con la 1000cc essendo un pilota Pirelli. Quindi, quest’anno ho deciso di preparare tutti i programmi con la squadra con cui ho trovato un’intesa maggiore in queste stagioni e che condivide con me la stessa visione del Motorsport. Io sono abbastanza difficile da gestire, è complicato starmi dietro, ma mi hanno appoggiato in tutto, nella maniera più professionale possibile, e i risultati si sono visti, ci ha raccontato Luca. “Sono contento e consapevole di quello che posso fare, ma sinceramente non mi aspettavo di andare così forte ed essere così competitivo, a livello europeo, nelle corse su strada”.

L’IRRC era un mondo completamente nuovo per te. Quando hai capito che avresti potuto importi anche lì?
“Ci sono andato con tutta l’umiltà del mondo, perché mi stavo buttando in mezzo alle case e agli alberi, a 300km/h, con piloti che sono campioni europei e hanno fatto podio a Macao, mentre io non conosco piste al di fuori di quelle italiane e non sapevo che cosa aspettarmi. Nelle mie più rosee aspettative sarebbe stato bello chiudere 5°, o fare un podio se ci scappava il colpaccio. Mi sono accorto di poterci riuscire dopo il primo turno, quando ero 4° con la pettorina gialla dei debuttanti. Vincere all’esordio, con il record della pista, è stato incredibile, ma mi sono preso anche dei rischi quando ho capito che potevo scrivere un pezzetto di storia delle road races italiane”.

C’è stato un momento in cui ti sei chiesto: “che cosa sto facendo?”
“Sì, prima di partire per il primo turno, quando è arrivato uno dell’organizzazione a farmi l’etilometro. È stato incredibile ma, pur trattandosi di un ambiente molto competitivo, lì lo spirito è rimasto a 30 anni fa: la sera non si va a dormire alle 21. Quindi sono venuti a controllare se il nuovo arrivato era sobrio oppure no (ride)”. 

Cosa ti ha spinto a cimentarti nelle corse su strada?
“Quando ero piccolo, c’era stato un periodo in cui a Milano si teneva tutti gli anni una gara di beneficenza con i go-kart e mi ha sempre affascinato vederli sfrecciare in centro città, a stretto contatto con il pubblico. Stare così vicino alle persone ti dà dell’adrenalina in più rispetto alle piste, che sono un po’ più asettiche. È tutto un altro modo di vivere una gara ed ero curioso di provarlo, anche perché questo inverno ho esaurito tutte le riproduzioni degli onboard dell’IRRC, della North West 200 e dell’Isola di Man (sorride). Al Gotha delle corse su strada, che sono appunto la NW200, l’Isola di Man e Macao, bisogna arrivarci per gradi perché ci si può fare seriamente male, mentre dal mio punto di vista l’IRRC è spettacolare perché racchiude il bello della pista e delle corse su strada. Permette al pilota di sfruttare al meglio il suo mezzo e le sue capacità in base a ciò che ha di fronte e gli dà più margine per inventare rispetto alla pista, dove il mezzo ormai conta al 95%”.

Credi di aver trovato la tua dimensione tra le strade e i muretti?
“Sinceramente apprezzo tutto, ma quello stradale è un lato che voglio sicuramente coltivare, perché è bellissimo e non riesco più a farne a meno. Quest’anno mi sembrava giusto iniziare in maniera ‘soft’, perché qui si rischia la vita. È vero che sto bruciando le tappe e ho addosso una grossa pressione mediatica, tanto che dopo due gare già mi chiedono: ‘perché non vai all’Isola di Man?’, ma bisogna preparare un programma pensato e accurato. Per questo ritengo che il CIVS e qualche wild card nell’IRRC fossero il giusto approccio, per poi pensare a un futuro programma nel 2025”.

Pensi di partecipare al Manx Grand Prix l’anno prossimo? 
“Il discorso dell’Isola di Man è complicato. Innanzitutto perché a me non piace fare le cose in maniera superficiale, non vorrei andarci per dire ‘ho fatto l’Isola di Man’ e servirebbero più anni di studio per andarci in sicurezza ed essere competitivo. In più, dovrei passare sopra a una promessa fatta ai miei genitori, ai quali avevo detto che non ci sarei andato. Però una gara che trovo indicata e dove potrei essere competitivo già nei primi anni è la NW200, che si sposa con le mie caratteristiche ed è di più facile approccio, dato che il circuito non è di 60 km ma di 14. Considerando come è andato il debutto nell’Europeo, l’anno prossimo mi piacerebbe partecipare di nuovo al National Trophy con la nuova Panigale V4S di serie, fare tutta la stagione dell’IRRC con la V4R SBK, e poi correre nella Stock e nella Superbike alla NW200, sempre con la SBK. Sarebbe incredibile”.

Parlando di pressione, quest’anno nel National Trophy ne hai parecchia. Come mai hai deciso di correre con la V4R e come vivi il fatto di essere obbligato a vincere?
“Gli anni scorsi non era stato dato il giusto peso a quello che io e il team avevamo fatto con la V4S di serie, con elettronica standard, che tutti possono comprare dal concessionario. Quando arrivavano dei piloti con moto molto più competitive, Open o addirittura SBK, noi venivamo additati come dei rincoglioniti, perché la gente a casa fa fatica a capire che il mezzo tecnico in queste situazioni è incredibilmente importante. Volevo semplicemente farlo capire e raccontarlo sui miei canali, anche a chi non è un super esperto. Quanto alla pressione, sono sempre abituato ad averla e non mi cambia molto. Ci sarà sempre qualcuno che mi critica, sono abituato a giocare a questo gioco e non ho nessun tipo di problema. Per me gli hater sono una spinta per fare sempre meglio. Anche perché il mio lavoro, al di là delle prestazioni in pista, è proprio quello di creare discussione e interesse intorno a ciò che faccio. Mi sembra di esserci riuscito in pieno, sia con le corse su strada che con la SBK nel National”.

Com’è invece il rapporto con i tuoi avversari? C’è più rispetto o invidia nei tuoi confronti?
“Penso di non aver un buon rapporto con qualcuno di loro perché ho avuto delle possibilità che altri non hanno avuto, grazie al mio lavoro di YouTuber. Anche quello però ha richiesto un grosso impegno, dedizione e tante ore di studio per capire aspetti come l’editing e il montaggio che fanno parte di un ambiente completamente diverso dal mio e mi hanno sottratto tempo per gli allenamenti e per stare in moto. Anche questo merita un riconoscimento e bisogna poi pensare anche a tutto il lavoro manageriale che è derivato dal successo di YouTube e in cui sono aiutato anche da SH Service e Bruno Sandrini, che mi danno una grossa mano. Ci sono alcuni avversari che lo capiscono altri no, ma non sono io a doverli convincere. Io vado avanti per la mia strada come ho sempre fatto, ma una cosa che ho notato è che è vero che in Italia l’unica cosa che non ti viene perdonata è il successo. Nel weekend in Olanda mi aspettavo che la mia vittoria avrebbe suscitato un po’ di astio o di invidia, invece è stato incredibile vedere quanto sono stato accolto bene nel paddock e la curiosità della gente verso il progetto della SBK. La percezione è stata di un paddock completamente diverso da quello italiano, con molta meno invidia e gelosia. C’è stato un ragazzo che è caduto nella mia categoria e tutto il paddock, soprattutto gli avversari, lo ha aiutato a rimettere insieme la moto prima della gara. Ma poi in gara sono tutti molto aggressivi, ti fanno delle entrate anche più dure che in pista. È una mentalità completamente diversa”. 

Cosa ti assilla di più: fare il risultato in gara, o ottenere delle buone visualizzazioni su YouTube?
“Il discorso delle visualizzazioni per me non conta per questioni di ego, ma perché so che ottenendo determinati risultati a fine anno avrò più possibilità. Questa è la mia pressione: riuscire a essere sempre sul pezzo e a raggiungere i migliori risultati, per garantirmi più sponsor e la possibilità di fare più gare ed esperienze più importanti. Il lato sportivo è molto più importante per me. YouTube e i video sono un mezzo per arrivare a questo, come lo sono sempre stato”.

Adesso che hai gareggiato in un Mondiale, hai provato le corse in salita e su strada, ti è rimasto un sogno nel cassetto che vorresti realizzare?
“Salire su una MotoGP. Quando fai il giro d’onore al WDW insieme alle MotoGP, come ho fatto nel 2022, ogni volta rosichi un po’. Lo dico in senso buono, ovvero che vorresti anche tu arrivare a provarne una. Questo è ciò a cui aspiro, il sogno che un giorno spero di togliere dal cassetto e rendere reale”.

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