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MotoGP, Claudio Costa: "Auguri a Freddie Spencer che mi considera un dottore diverso"

Il pilota americano ha spento 63 candeline e colui che spesso lo ha curato durante la sua carriera lo ha voluto omaggiare con un video

MotoGP: Claudio Costa:

Di nome fa Frederick Burdette Spencer, ma per tutti è soltanto Freddie. Americano, classe ‘61,  dopo aver esordito nel Motomondiale nel 1980 nella classe 500, si è imposto nella stessa categoria nel 1983 e nel 1985, anno, querst'ultimo, in cui ha vinto pure nella 250.  

Tra i piloti che più di tutti hanno lasciato un segno nella storia dello sport, lo statunitense è entrato nel cuore anche del dottor Claudio Costa il quale, tramite Instagram, questo 20 dicembre gli ha fatto gli auguri per il suo 63esimo compleanno definendolo “un amico che mi considera diverso dai suoi medici della Louisiana”. Un’affermazione strana, ma motivata da un video pubblicato dallo stesso patron della Clinica Mobile con un'intervista al corridore di Shreveport, che ben fa capire quanto forte e particolare sia il loro legame.

 “Il rapporto che ho con lui e che ho riconosciuto sin dall’inizio è basato sul fatto che era diverso da un medico della Louisiana. Era qualcosa di piu perché c’erano passione, impegno ed empatia - le parole del campione per diverso tempo anche tra i commissari  della MotoGP Quando stavo male, si sedeva fuori dal mio motorhome e aspettava di visitarmi. Dopo anni, riflettendo su queste cose, ho capito quanto fossero importanti".

 "Un esempio è stato il GP del Giappone del 1993. L’ultima cosa che mi ricordo, è che stavo andando dritto verso il guardrail e ho pensato, questa volta non me la caverò. Poi mi sono svegliato in ambulanza, ma ero in condizioni davvero serie. Mi ero rotto entrambe le caviglie, entrambi i polsi, in particolare quello destro era distrutto, il dito si era praticamente staccato. Mi ricordo chiaramente di essermi trovato al pronto soccorso dell’ospedale locale e di aver sentito una mano sul braccio destro, ho alzato gli occhi ed era il dottor Costa, lo stesso volto che avevo visto  dopo l’incidente dell’87 a Misano  quando  mi risvegliai all’ospedale, e poi anche dopo essermi ferito alla gamba nell’85 al GP di Jugoslavia. In quel momento ho capito che, forse, sarebbe andato tutto bene", ha così concluso il suo omaggio.

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