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MotoGP, Melandri: "Io come Lorenzo, non bisogna aver paura di fermarsi"

"Stoner era come il primo decoder Sky: non registrava, ma faceva cose incredibili. Chi può battere Marquez? Quartararo gli renderà la vita difficile"

MotoGP: Melandri:

La stagione 2019 sarà ricordata per tante ragioni, e tra le più importanti c'è sicuramente il ritiro di Marco Melandri. Uno dei nomi più altisonanti dell'ultima decade delle due ruote, capace di vincere sia in MotoGP che in Superbike, dove ha chiuso quest'anno la sua gloriosa carriera. Una scelta quella del ritiro ben ponderata dal ravennate, che conferma di essere fermamente convinto della strada intrapresa.

Marco, come stai vivendo questi primi mesi dopo il ritiro?

“A parte l’influenza sto benissimo, mi sento rinato. Era decisamente il momento di cambiare vita, non ho mai pensato di aver sbagliato e mi sono sentito subito meglio. E’ bello sapere di aver fatto una scelta del genere nel momento giusto”.

"Io e Lorenzo avremmo potuto continuare, ma non avevamo più la giusta fiducia"

In questa stagione anche un altro talento ha appeso il casco al chiodo ossia Jorge Lorenzo. Che ne pensi?

“Credo di sapere esattamente cosa abbia vissuto. Credo che sia io che lui avremmo potuto avere ancora alcune buone stagioni davanti, ma quando senti di non avere più la confidenza giusta con la moto che stai guidando è un problema. Il limite tra andare veloce ed andare piano è davvero sottile, e quando viene a mancare la confidenza entri in un vortice di sensazioni e difficoltà, da cui è difficile uscire”.

Come credi abbia maturato tale decisione?

“Il segreto in tali momenti credo sia fermarsi e ragionare: devi mettere sul piatto i pro ed i contro del fermarsi e della possibilità di accettare nuove sfide. Noi piloti siamo cresciuti facendo questo, quindi per noi esiste solo questo, invece credo che non si debba aver paura di fermarsi e capire cosa il mondo ha da offrirti, sia nel mondo delle moto che in tutto il resto”

Cosa offre invece il mondo a Marco Melandri?

“Ho bisogno di staccare un po’ dalle corse. In questi mesi ho fatto un po’ di post scherzosi, dato che quando posto qualcosa faccio sempre rumore: la MotoE ad esempio poteva essere un’ipotesi, ma in realtà non l’ho mai considerata davvero. Sto portando avanti un progetto con Yamaha molto interessante, un qualcosa che a mio parere mancava nel mondo moto e che a gennaio sarà svelato”.

"Stoner aveva un istinto perfetto, non sapeve nemmeno di fare certe cose"

Parliamo un po’ del passato. Hai incontrato svariati campioni in carriera, chi ti ha colpito di più?

“Non mi piace paragonare tra loro i grandi campioni, dato che ognuno era molto forte per caratteristiche diverse. Stoner ad esempio era un po’ come il primo decoder di Sky: un pilota attuale è come un decoder moderno, mentre guida registra nella sua mente le sue azioni, per poi rivederle idealmente nel box e capire. Casey invece aveva degli automatismi naturali perfetti, ma quando scendeva dalla moto non sapeva nemmeno di aver fatto certe cose”.

Un esempio?

"In alcune curve da terza a lui mancava freno motore, così metteva la seconda in frenata e rimetteva la terza prima di girare, ma se glielo chiedevi lui diceva che non era vero. Ovviamente la telemetria lo smentiva ma era incredibile, faceva sempre la cosa giusta ma non sapeva di farlo. Era un po’ un selvaggio, ma a me piaceva”.

"In MotoGP e SBK sempre al posto giusto. Ma nel momento sbagliato"

Nonostante i tanti campioni sei andato vicino al titolo sia in MotoGP che in Superbike. Cosa è mancato per realizzare il sogno?

“Secondo me sono stato spesso al posto giusto ma nel momento sbagliato. Nel 2005 ho fatto secondo in MotoGP e sarei dovuto andare nel team ufficiale Honda, ma a loro serviva uno spagnolo ossia Dani (Pedrosa ndr), ed ho capito che in Honda non avrei avuto futuro. In Ducati sono arrivato nel momento sbagliato appunto, perché Stoner aveva vinto e dunque tutte le difficoltà che lamentavo non erano prese sul serio, ma gli anni mi hanno dato ragione visti i risultati dei miei successori”.

Lo stesso in Superbike?

“Esatto. In Yamaha ho fatto molto bene al primo anno ma il progetto è stato eliminato, impendendomi di concretizzare il lavoro nel secondo anno. In BMW ero in testa al mondiale a tre gare dalla fine e l’avevamo davvero quasi vinto il titolo, ma i piani comunicarono al team che non si sarebbe stato un proseguo, e quando sei costretto a pensare al futuro invece che al titolo in palio è davvero dura raccogliere risultati. Io stesso ho sofferto mentalmente, sono caduto quattro volte nelle ultime sei gare, quando in precedenza non ero mai caduto. Diciamo che in quella occasione ce lo siamo rubati da soli il mondiale. In Aprilia c’era tutto il potenziale per vincere, ma sono arrivato nel pieno del cambio di gestione tra Dall’Igna e Albesiano, così i primi sei mesi sono finiti nel bidone”.

"Farò da coach a Caricasulo, ma a distanza. In MotoGP punto su Quartararo"

Restiamo per un attimo nelle derivate. Hai seguito i primi test?

“Non ho seguito nulla, ho parlato solo con Federico Caricasulo per dargli una mano in qualche modo”

Cosa gli hai detto?

“Ho cercato di fargli un report generale sulla Superbike prima del  test, dato che è un mondo completamente diverso da quello della Supersport. Ho cercato, ad esempio, di spiegarli come utilizzare al meglio la telemetria. Gli ho detto di stare calmo, in inverno puoi solo perdere il campionato, devi fare chilometri su chilometri ed imparare. Cercherò di essere un utile coach a distanza”.

Ultima domanda. Credi che in MotoGP ci sia qualcuno in grado di fermare Marc Marquez?

Sicuramente Marc resta l’uomo da battere, e gli unici due che possono rendergli difficile ripetersi possono essere Quartararo e Vinales. Fabio certamente partirà con una consapevolezza diversa rispetto a quest’anno, e se avrà la modo giusta potrà dire la sua, ha già dimostrato di essere molto veloce sul singolo giro e sta crescendo nella gestione della gara. Ha già fatto un’intera gara in testa e non ha paura di Marquez, sicuramente sarà un cliente scomodo per tutti nei prossimi dieci anni”.

 

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