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SBK, Neil Hodgson: "Rea? È il nuovo Carl Fogarty"

Parla l'ex Campione del Mondo SBK, ora giornalista e commentatore tv: "mi diverto e non rischio di cadere!"

SBK: Neil Hodgson: "Rea? È il nuovo Carl Fogarty"

L’adesivo numero 100 sul cupolino della sua 999 non aspettava altro che diventare un solo 1, mettendo una bella riga sopra i due restanti zeri, sancendo il risultato finale: Neil Hodgson era diventato Campione del Mondo 2003 con la Ducati Fila, completando un percorso non facile, pieno di incognite e cambi di scenario.

Sì, perché i primi anni SBK non furono affatto facili per il giovanissimo ragazzo di Burnley, che aveva già mosso i primi passi mondiali nella 125 e nella 500, mettendo in mostra le proprie doti di guida…

Non furono anni facili? – precisa e racconta Neil- i primi anni in SBK furono molto difficili, casomai. Arrivavo dalle due tempi del Motomondiale e tutti parlavano di me come il nuovo talento britannico.  Ciò mi faceva onore, ma la Superbike era tosta: moto a 4 tempi derivate di serie, mai provate prima, su piste nuove e gente come Kocinski e Fogarty nelle vesti di rivali. Essere compagno di Foggy non aiutò: lui The King, la star, più volte campione e pure inglese, io giovane e senza l’esperienza necessaria per stare al passo dei migliori, specialmente nelle gare nelle quali le gomme si consumavano presto e bisognava possedere un certo ‘mestiere’…”

A proposito di gomme: non hai mai corso con il fornitore unico, che ne pensi?

“Penso che sia una buona cosa, in SBK come in MotoGP. Innanzitutto, per il contenimento dei costi, e poi, per dare l’opportunità ad ogni pilota, ufficiale o privato, di essere competitivo.”

Tu hai vinto il titolo con la 999 gommata Michelin, battendo i rivali Dunlop e Pirelli…

Fu una stagione fantastica che suggellava il mio percorso agonistico in SBK. Con la Ducati Fila gommata Michelin ho ottenuto molti successi nelle singole manche ed il totale di questi mi hanno consegnato il trofeo finale. Fu incredibile riuscirci e posso dire di essere stato bravo e fortunato a sfruttare l’ottimo pacchetto che avevo”.

Neil, dopo la conquista del Mondiale SBK 2003, passò alla MotoGP con una Ducati privata: “fu una esperienza disastrosa. Innanzitutto, abbiamo iniziato la stagione perdendo un sponsor importante, quindi, nel Team D’Antin non avevamo il budget prefissato per i test e per gli sviluppi della moto. E poi, la Desmosedici privata era una brutta bestia che pretendeva tempo per essere conosciuta e guidata al limite. Non fu una stagione divertente per me che ero campione in carica SBK”.

Tuttavia, Hodgson ora vive il paddock del Motomondiale con uno spirito diverso: “sono un giornalista per una tv inglese che mi fa commentare e seguire ogni evento MotoGP in giro per il mondo. Mi diverto a viaggiare, a stare nel paddock senza stress. Quasi quasi preferisco il ruolo di giornalista a quello di pilota, sai, non ho pressioni addosso né responsabilità e non rischio di cadere (ride). Parlo volentieri di ogni pilota e tengo d’occhio con attenzione i britannici ”.

Exploit di Crutchlow a parte, i britannici dominano ancora in SBK, perché?

È una questione culturale ma non solo: il campionato inglese è spettacolare, ricco e competitivo; produce talenti pronti a sbarcare nel Mondiale con la stessa filosofia della SBK: spalancare il gas e divertimento puro. Ci sono tanti piloti britannici molto forti in giro che potrebbero fare bene come Cal e Rea, citando due esempi”.

Rea potrebbe diventare come Fogarty o ripercorrere le orme di Crutchlow?

“Come Cruchtlow no. Cal ha vinto il titolo Supersport, è stato in SBK solo un anno e poi è andato subito in MotoGP con un team satellite (Yamaha Tech3). Johnny sarà il nuovo Fogarty: lui ha una ottima casa nel team Kawasaki, dispone di una gran moto che gli consente di esprimere il suo talento e la sua velocità. Rea potrebbe essere fortissimo anche in MotoGP se solo avesse una moto alla sua altezza, ovvero, un mezzo ufficiale. Ne sono certo”.

Neil poi continua: “nel Motomondiale la Dorna ha fatto un ottimo lavoro per livellare le prestazioni tra le moto factory e quelle private, appiattendo il regolamento dove poteva e distribuendo denaro anche ai team più piccoli. Lo spettacolo è stato garantito e la competizione è più ravvicinata; proporrei la stessa cosa con la SBK, che deve fare un passo indietro: nelle derivate di serie l’elettronica è troppo evoluta e costosa, solo i team veramente ufficiali come Kawasaki e Ducati possono averla e svilupparla. Io ripeterei un regolamento più vicino a quello di serie, presente da anni nel British Superbike”.

Fu proprio il BSB a rilanciare Hodgson, dopo i primi anni difficili: “titolo Mondiale a parte, la più bella vittoria che ricordo è stata a Donington Park nel 2000: da wild card riuscii a battere tutti con la mia Ducati arancione numero 48. Volevo dimostrare che il Neil Hodgson ‘prima maniera’ non esisteva più; avevo lasciato il paddock della SBK portando con me i commenti poco lusinghieri delle persone ‘Neil è un pilota lento, Neil è una merda’. Vincere a Donington fu la conferma che ero cambiato, grazie al mio team manager inglese Colin Wright del team GSE che sapeva starmi vicino. Nel motociclismo serve avere di fianco le persone giuste per ottenere i risultati che si meritano”.

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