Dopo un sorprendente precampionato, Jack Miller e Miguel Oliveira sono impazienti di cominciare a gareggiare con le Yamaha M1 schierate dal team Pramac Racing e dare ufficialmente inizio a questa nuova sfida intrapresa con la squadra di Paolo Campinoti. Un vero e proprio ritorno a casa per il pilota australiano, entusiasta di inaugurare questo nuovo capitolo mettendo alla prova la sua nuova moto nel Gran Premio della Thailandia.
“È bello essere tornati nel box, sono contento che i test siano finiti e non vedo l’ora che arrivi sabato pomeriggio, e si spengano i semafori, per vedere cosa può fare questa Yamaha contro le altre moto - ha dichiarato Jack - Nei test non vedi mai nessun altro in pista e quando succede non sai in che condizioni erano le moto degli altri, quanti giri aveva percorso le gomme e così via. Per questo sarà bello vedere come si comporterà la nostra moto rispetto agli altri. È bello essere qui e sono davvero impaziente di iniziare la stagione”.
Le alte temperature thailandesi non spaventano il 30enne: “Io arrivo da Townsville, dove era estate e c’era più o meno questo caldo ogni maledetto giorno. Non sto scherzando. Le condizioni erano più o meno le stesse, quindi mi sento più preparato di molti altri sotto al profilo delle temperature. Farà caldo, la moto era già bollente durante i test. Non dico che lo fosse più di altre moto, ma si nota soprattutto tornando al telaio in lega, quando devi fare un giro, ti stringi nella carena e tocchi il telaio con gli avambracci. Farà caldo, ma fa parte del gioco e delle gare in Asia”.
I bei risultati ottenuti nei test non aggiungono carica a Miller, ma gli conferiscono certamente un pizzico di tranquillità in più.
“Sarei entusiasta a prescindere, perché ogni volta che posso correre è sempre un bel momento. Però, dopo aver svolto un primo shakedown della moto e dopo averla capita e conosciuta, direi che mi sento più ottimista rispetto a quanto lo sarei stato tre o quattro mesi fa - ha riconosciuto - Tutto il programma dei test è andato molto bene e abbiamo fatto ciò che dovevamo fare. Ovviamente stiamo ancora lavorando, ma questo ci ha fornito una base solida da cui iniziare a costruire”.
Parlando del lavoro svolto durante l’inverno, a Jack è stato poi chiesto se l’impegno della Yamaha, e gli sforzi profusi dal costruttore anche nello sviluppo del motore V4, possano fornire alla Casa di Iwata abbastanza possibilità di crescita.
“Penso di sì. Come ho sempre detto, penso che ci sia più di un modo per scuoiare un gatto: il motore con quattro cilindri in linea è stato Campione del Mondo anche nel 2020 e nel 2021, quindi non c’è motivo di dire che non si possa essere più forti. Ovviamente, dopo aver guidato un quattro cilindri in linea, si capisce quali sono i suoi pro e i suoi contro. Penso che il baricentro sia un aspetto fantastico, mentre l’ampiezza è forse uno dei problemi maggiori, ma sono sicuro che il serbatoio e il resto si possano spostare molto più in basso, in modo da non essere proprio sopra ai cilindri. Come ho detto, tutto ha dei pro e dei contro e ci sono sicuramente modi diversi di affrontare le cose. Io sono ancora convinto che si possa estrarre di più da un motore quattro cilindri in linea rispetto a quello che stiamo ricavando attualmente - ha ammesso l’australiano - Io credo che non sia necessario precludersi delle possibilità. Il modo giusto di lavorare non è dire ‘ne abbiamo bisogno’ (del V4 ndr.). Ritengo che Yamaha stia affrontando la questione nel modo giusto, cercando di valutare tutte le circostanze prima di prendere una decisione. Stanno lavorando da molto tempo a questo progetto, hanno una grande conoscenza dei motori a quattro cilindri in linea, quindi sarebbe sciocco dire dire di seguire una via o un’altra. Quando tutti vedono qualcuno fare qualcosa per due anni di fila poi lo seguono come delle pecore. Lo abbiamo visto anche in Moto2 con la questione Boscuscuro e Kalex”.
La metodologia di lavoro della Yamaha ha piacevolmente colpito il nuovo portacolori del team Pramac, che ha voluto sottolineare i progressi compiuti anche in questo campo dalla Casa nipponica.
“Ci sono modi diversi di lavorare nelle squadre in cui sono stato, ma alla fine l’obiettivo è sempre lo stesso e mi piace molto la mia posizione attuale. Il lavoro da pilota ufficiale è praticamente identico a quello che svolgevo prima in termini di parti da provare e cose del genere - ha osservato - Credo che la Yamaha abbia completamente voltato pagina rispetto al passato, quando era un’azienda piuttosto chiusa in termini di piloti ufficiali e piloti satellite, ed è diventata un’azienda aperta: il telaio che ho provato io durante i test l’hanno provato anche gli altri piloti nell’arco delle varie giornate, in maniera tale da ottenere informazioni da tutti per migliorare nella fase seguente. Credo che questo sia il metodo corretto e dimostra il loro pieno impegno nel cercare di migliorare il progetto e la loro posizione. È un metodo più europeo che giapponese? Penso stiano prendendo il meglio da entrambi i mondi”.
Cosa manca alla Yamaha per fare un ulteriore passo avanti, grazie al lavoro compiuto in inverno anche con i collaudatori Andrea Dovizioso e Augusto Fernandez?
“Il tempo. Hanno tutti i pezzi del puzzle, serve solo del tempo per metterli insieme - ha risposto Jack - Stiamo lavorando sui decimi, non sui secondi, e questi ultimi decimi sono i più difficili da trovare. Si stanno dando da fare, anche con Fernandez e Dovizioso e lo faranno anche con Crutchlow quando sarà a posto. Hanno una squadra fantastica, che sta lavorando allo sviluppo e sul materiale da portarci. Credo sia uno dei migliori test team in circolazione, grazie alla ricchezza di conoscenze di Dovi e alla giovane età e all’entusiasmo di Augusto, che sente di avere un conto in sospeso e sta cercando di dare tutto se stesso nel ruolo di collaudatore, che per lui è come se fosse un modo per rientrare. Stanno lavorano insieme per aiutare il progetto e stanno spuntando tutte le caselle nel modo giusto. È solo questione di tempo, quindi perché tutto si sistemi e che loro tornino al posto a cui appartengono e alle corse. Hanno bisogno di correre”.
Oliveira: “La Yamaha pesante? Per me è una moto agile nei cambi di direzione”
Positivo è anche l’approccio di Miguel Oliveira alla prima gara della stagione. Benché il pilota portoghese cerchi di tenere le aspettative il più basse possibile.
“Aspettative? Posso dirvi cosa non aspettarvi dalla gara perché ritengo che in questo momento sarebbe abbastanza irrealistico pensare di accedere direttamente alla Q2 al venerdì, anche perché su questo tracciato ho ancora un divario da colmare con i piloti Yamaha, che credo comunque di poter gestire - ha spiegato - Entrare in Top 10 non sarà semplice, quindi direi che il nostro obiettivo realistico per la gara potrebbe essere quello di cercare di prendere punti; di trarre dal weekend la migliore esperienza che possiamo; di confrontarci con altre moto e di confermare ciò che già sappiamo in alcune aree e ottimizzare le altre. Questo è quanto”.
Oliveira ha poi fornito un quadro più preciso di ciò che gli manca rispetto ai piloti del team Monster Energy, che conoscono la M1 da molto più tempo di lui.
“Non sono distante da loro, perdo un pochino nelle staccate delle curve 1, 3 e 11. Non è molto, ma abbastanza per perdere quattro decimi - ha affermato - Guardando alla classifica, mi trovo in una posizione peggiore rispetto a Sepang, ma in realtà il gap è inferiore. Ho faticato con due cose diverse qui e a Sepang, ma nella restante parte del tracciato di Buriram vado abbastanza bene prendendo come riferimento gli altri piloti Yamaha. Devo sistemare ancora qualche dettaglio per raggiungerli, ma è una cosa gestibile”.
L’alfiere del team Pramac ha poi parlato di come ha trovato la M1 rispetto alle altre modo guidate durante la sua carriera.
“La Yamaha è una moto con un anteriore abbastanza stabile e questa è probabilmente la sua area migliore. La moto curva piuttosto bene, anche se è vero che perdiamo qualcosa nell’ultima parte della staccata, perché dobbiamo mettere a punto correttamente il posteriore della moto per essere in grado di inserire la moto in curva e mollare i freni. In uscita ci manca anche un po’ di aderenza in accelerazione. Questi sono i piccoli dettagli su cui dobbiamo concentrarci per recuperare” ha analizzato Miguel, che non definirebbe la moto pesante come detto lo scorso anno da Quartararo e Rins.
“Capisco la sensazione, perché una moto stabile all’anteriore significa che può diventare un po’ pesante, per via della stabilità e del posizionamento del motore - ha commentato - Però posso dire che da un punto di vista di guida, la moto è abbastanza agile nelle curve in successione sinistra/desta. A volte bisogna descrivere un po’ più in profondità cosa si intende parlando di pesantezza: se si vuole ottenere più stabilità, o se la moto è troppo nervosa, perché a volte una moto nervosa può sembrare leggera all’inizio e poi diventare pesante dopo cinque giri. Io comunque non la definirei una moto pesante”.
Oliveira, infine, ha rassicurato sul suo pieno recupero dall’infortunio dello scorso anno: “Mi sento al 100% già dai test e la giornata di collaudi a Barcellona mi ha ulteriormente incoraggiato a finire la stagione sapendo di poter guidare la moto. Adesso mi sento piuttosto pronto”.