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MotoGP, Agostini: "serve un personaggio, se una sfida si fa banale, perde fascino"

"Se ogni anno c’è un campione diverso — prima Mir, poi Quartararo, ora chissà — la gente comincerà a pensare che chiunque possa comandare in MotoGP"

MotoGP: Agostini:

Tanti vincitori diversi significano più spettacolo? Il pubblico è diviso, su questa domanda perché se è vero che l’incertezza regala l’attesa, troppi nomi diversi rischiano di confondere il pubblico.

Il messaggio che arriva può essere, infatti: se possono vincere tutti non bisogna essere fuoriclasse per riuscirci. E gli appassionati amano (o odiano) i serial winner.

Ma come è andata quest’anno quando mancano appena due gare alla conclusione del campionato?

Ci sono stati ben 7 vincitori: Bagnaia (6 vittorie, 9 podi), Quartararo (3-7), Aleix Espargarò (1-6), Bastianini (4-5), Miller (1-7), Rins (1-2) ed Oliveira (2-2). Troppi, pochi?

Diciamo che il numero è in bolla con quello degli anni precedenti. Per vederlo calare dobbiamo risalire al 2019, quando vinsero solo in 5 con Marquez, 10 successi, Dovizioso, Vinales, Rins e Petrucci.

Certo, l’importante è che ci siano gare combattute, ma come ha detto Giacomo Agostini a ‘La Repubblica’: “ora serve un personaggio: qualcuno che si imponga con continuità, che conquisti e faccia sognare i tifosi. Perché se ogni anno c’è un campione diverso — prima Mir, poi Quartararo, ora chissà — la gente comincerà a pensare che chiunque possa comandare in MotoGP: e se una sfida si fa banale, perde fascino”.

Non lo dice uno qualsiasi: sono parole di Re Ago, il pilota più vincente di sempre e sono vere. Soprattutto perché il motociclismo attuale non gode della copertura dei tempi d’oro, così può capitare che nomi nuovi emergano dal nulla e la gente comune, non i super-appassionati, si domandino: è questo chi è?

C’è da aggiungere anche che ci vuole il protagonista, l’uomo da battere ed il deuteragonista, il suo rivale. Questa figura, introdotta da Eschilo è nell'antico teatro greco un attore che interpreta il secondo ruolo più importante, dopo quello del protagonista. Una posizione fondamentale nella narrazione perché lo spettatore può immedesimarsi nel ruolo dello sfidante. Si crea attesa sull’esito finale della storia. Ovviamente c’è posto anche per il terzo incomodo - come quest’anno Aleix Espargarò nella sfida fra Bagnaia e Quartararo - ma bisogna stare attenti ad introdurre troppi attori per non annacquare la storia.

Per questo, sempre Giacomo, afferma: “Marquez ha fatto un’altra bella corsa, ma all’arrivo era distrutto dalla stanchezza: gli auguro di tornare ai livelli prima dell’infortunio, però non so se sarà possibile. Di una cosa invece sono certo: serve una stella”

Una stella che, per il momento, non è ancora nata: dal momento dell’incidente che ha tolto l’8 volte iridato dalla competizione, per ridarcelo a corrente alternata in questi anni, hanno infatti vinto il mondiale Joan Mir, con una vittoria e Fabio Quartararo, decisamente più convincente, con cinque. Quest’anno Bagnaia è balzato recentemente in testa al campionato con sei successi, numero che da piena dignità al suo titolo.

E’ anche vero che il mondo delle due ruote attende, dopo il ritiro di Rossi, Lorenzo, Pedrosa e l’infortunio di Marquez, uno scontro al vertice fra fuoriclasse. Una sfida uno contro uno, che negli ultimi anni non abbiamo veramente visto.

I tempi comunque sembrano essere maturi. Piccoli campioni crescono. Dopo il terremoto di ritiri eccellenti, della pandemia e dell’assenza di un fuoriclasse da battere, il 2023 potrebbe essere l’anno giusto per il ritorno del Re. Chiunque esso sia.

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