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Gardner: "La 500 di papà? Erano moto veloci, ma la MotoGP ha 100 cv in più!"

VIDEO ITA SUB - Il figlio del grande Wayne, iridato con la Rothmans Honda nel 1987, racconta la sua vita in Europa, l'iniziale 'no' del padre alla sua decisione di correre e spiega perché parla perfettamente spagnolo

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Chissà quando è stata l'ultima volta che abbiamo intervistato Wayne Gardner. Non lo ricordiamo, anche se non possiamo dimenticare che il giorno dell'annuncio del suo ritiro, a Donington, nel 1992, pianse. Un pianto a dirotto come quello del giorno in cui lo vedemmo la prima volta. Assen 1983: come potremmo dimenticarlo?

Eravamo all'ospedale di Groningen, in Olanda e Wayne, al debutto in 500 con una Honda tre cilindri di Honda Britain, aveva appena incolpevolmente investito il nostro Franco Uncini. Non si era fatto quasi nulla ma era seduto in terra, mentre aspettava di essere visitato. E piangeva. Non era stato il debutto che si aspettava.

Così a Sepang, ritrovandosi di fronte a Remy, un'altra generazione dei Gardner, un altro campione del mondo, ad essere emozionati siamo noi. Come quando abbracciammo Kenny Roberts sotto il podio che consacrava Kenny Junior campione del mondo con la Suzuki.

Una generazione parte, una generazione arriva ed il motomondiale è sempre lì.

Remy sono emozionato perché l’ultima volta che ho fatto una intervista con un Gardner è stato molti anni fa. Significa che la mela non è caduta lontano dall’albero. Congratulazione per il mondiale e vorrei sapere come tutto è iniziato. Quando hai chiesto a Wayne: voglio correre?

"Tutto è iniziato nel 2015, ma ovviamente parte da più lontano. Avevo 4 o 5 anni, ho iniziato con le minibike, per divertimento. Nessuno mi ha spinto. A 9 anni ho cominciato a chiederlo a papà. All’inizio è stato un no, no, no, ma alla fine mi ha detto: proviamo. Poi ha aggiunto: niente motocross, però, è troppo pericoloso (risata). Ho così cominciato con il dirt track in Australia e le cose sono diventate più serie, ho vinto un titolo e dopo sono passato alla velocità. Il resto è storia"

E’ stato più facile o difficile essere il figlio di Wayne Gardner?

"Ci sono state cose positive e negative. La cosa positiva è che mi ha insegnato molte cose quando ero un ragazzino, aveva molte informazioni e sono progredito rapidamente. Di negativo ho trovato qualche porta chiusa, e qualcuno ha detto: per lui le cose sono troppo facili".

Quest’anno sarai su una moto più potente delle vecchia Honda 500. Wayne provò la Ducati di Stoner nel 2007. Wayne ti ha chiesto qualcosa dopo il tuo primo test sulla MotoGP a Jerez? E come è stato passare dalla Moto 2 alla MotoGP?

"La prima cosa che mi ha chiesto è stata: è veloce? Certo che è veloce ho risposto. E lui: quanti cavalli, 230/240. E io: no no saranno 300! E lui: ah è una moto diversa dalle nostre! Ci sono molte cose diverse rispetto alle 500, sono impossibili da comparare".

Molti piloti della MotoGP vorrebbero provare le vecchie 500. E’ anche un tuo desiderio?

"Ma io la ho già provata, a Silverstone. La Suzuki di Roberts Junior. Non era male, più facile di quanto mi aspettassi. Credevo fosse più violenta, invece non era poi così veloce".

Niente male! Imparare che una 500 non è molto veloce è una cosa nuova per me…

"Non era male, è veloce ovviamente ma niente che si possa comparare con una MotoGP attuale. La cosa che mi sorprese di più è la rapidità con la quale entra in curva".

Anche perché è molto leggera!

"Si a Silverstone entrando in curva sono quasi finito nell’erba! E’ stata una sorpresa".

Parliamo del 2021: è stato più facile o difficile avere il tuo principale avversario all’interno del tuo stesso box?

"Sicuramente ci sono cose positive e negative. Più tensione nel box e nel team. Ma hai il tuo rivale al fianco, e hai i suoi dati, ogni cosa: lo puoi studiare. Per me qualche volta è stato positivo, lo vedevo in difficoltà e potevo prendere le miei decisioni per le gomme e per la gara. Ed essere più tranquillo".

Che tipo di pilota ti consideri, rispetto a Wayne. Lui era considerato un duro, aggressivo. Gli assomigli o pensi di essere un pilota diverso? Ci hai messo tempo ad arrivare al top ma ora sei molto affidabile.

"Prima ero molto aggressivo…forse troppo. Come papà. Alla fine ho cambiato molto negli ultimi due anni. Ora non gli assomiglio, sono più dolce, faccio meno errori. Mi considero ancora aggressivo ma più efficiente".

Come è la situazione in Australia, non ci corriamo da un paio d’anni, ora però andremo nuovamente a Phillip Island. Quale è la tua relazione con gli altri eroi australiani, Doohan e Stoner?

"Speriamo di andarci quest’anno, per me PI è la migliore pista del mondo. Con Mick ho un ottimo rapporto ed anche con suo figlio, Jack.  E’ un bravo ragazzo, abbiamo cenato assieme a Sitges, e anche con Casey… nel passato non ho avuto un gran rapporto con lui, ma credo perché Casey e papà hanno avuto qualche ‘scontro’…(ride).Ci ho parlato in Portogallo, il mio capotecnico, Massimo, ha lavorato con lui in 250. Abbiamo parlato noi tre per due ore. Anche in Valencia ci siamo parlati".

I piloti australiani hanno un dono speciale, sono diversi dagli americani, italiani o spagnoli: sembrano più rilassati, più ‘easy’ da cosa dipende, anche se tu vivi in Spagna.

"Non so da cosa dipende. Siamo più duri degli Europei, ma io vivo da parecchio in Spagna, magari ho preso il meglio dei due paesi".

E’ stata una decisione difficile spostarti dall’Australia alla Spagna?

"Sicuramente è stato difficile. E’ stata una grande decisione, avevo 14 anni ero molto giovane. Ti muovi dalla tuo paese, non parli la lingua, non conosci la cultura. Tutto è diverso. E’ stato difficile. In certi momenti abbiamo pensato di tornare indietro".

Parli spagnolo?

"Si, lo parlo perfettamente, o almeno credo".

Meglio dei vecchi piloti!

"Lo parlo meglio dell’inglese! Ho una fidanzata spagnola!"

Il modo migliore per imparare una lingua!

"Sicuramente, sicuramente! Lo parlavo anche prima, ma negli ultimi tre anni ho fatto un bel passo avanti perché a casa parliamo solo spagnolo. Per me la Spagna è una seconda casa".

Pensi di rimanere in Europa alla fine della tua carriera, magari fra dieci anni?

"Onestamente penso di si, mi diverto molto. Sitges è casa per me".

Quali sono le tua aspettative quest’anno?

"Imparare sicuramente. Sarà un anno difficile e dovrò accettare di avere molto da imparare e migliorare. Mi aspetto anche di divertirmi molto con la grossa moto".

Hai fatto molti giri, ma hai ancora problemi con il polso e le costole. Sarai a posto per la prima gara?

"Spero di essere OK per il Qatar. Sarà un mese e mezzo dall’operazione al polso. Dovrebbe essere abbastanza. Anche così non va troppo male sulla moto".

Grazie Remy, in bocca al lupo per la stagione.


 

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