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SBK: Ducati, tutto cominciò ad Imola

La moderna storia sportiva della Ducati iniziò sicuramente ad Imola nel 1972

SBK: SBK: Ducati, tutto cominciò ad Imola

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Non era ancora il tempo di internet e dei voli low cost e, quindi, le notizie arrivavano attraverso i giornali e i pochi viaggiatori coraggiosi (e danarosi). Le informazioni circa le corse americane erano, quindi, anche molto romanzate ma la “sostanza” bisogna riconoscerlo era molto interessante.

Si parlava di maximoto a due e quattro tempi che si misuravano tra loro in mitiche sfide, la più conosciuta delle quali era la 200 miglia di Daytona Beach, la gara-evento che si svolgeva prima sulla sabbia della località della Florida e poi sul notissimo circuito permanente teatro anche di grandi imprese automobilistiche.

In Europa i “marziani” americani arrivavano soltanto una volta all’anno per una serie di gare che si svolgevano intorno a Pasqua in Gran Bretagna riunite in una serie denominata Match Anglo-Americano (Transatlantic Trophy). E nelle gare disputate nel corso dei tre eventi c’era un vero e proprio scontro filosofico tra due scuole motociclistiche.

Spinto da alcuni amici, Francesco “Checco” Costa, grande organizzatore di gare e ispiratore della pista di Imola, decise di andare a vedere di cosa si trattasse. Se non sbaglio andò in America e poi in Inghilterra. Alla fine decise che si doveva fare una 200 miglia anche sul circuito del Santerno.

Tra Imola e Borgo Panigale (Bologna) ci sono circa 50 chilometri e in Ducati a qualcuno venne in mente di fare qualcosa, considerando anche che in America c’era qualche bicilindrica che correva.

GLI OTTO UOMINI DI TAGLIONI - Mente ispiratrice di questa operazione fu, ovviamente, l’ingegner Fabio Taglioni, coadiuvato dal suo gruppo di otto collaboratori. In quel periodo la Ducati correva nella 500 con una bicilindrica desmo e qualche particolare fu utilizzato anche per la moto destinata alla 200 miglia di Imola.

Ducati 750Il telaio della 750, ad esempio, aveva un disegno molto simile alla mezzolitro ma non diede il risultato sperato e profondo fu l’intervento operato dai tecnici bolognesi per adeguare la struttura alla maggiore potenza (nella prima versione di parla di 75 cavalli).

Viene adottata una forcella Marzocchi a perno avanzato e grazie ai Dell’Orto PHF 40 ed un nuovo albero a camme, la potenza sale a 84 cavalli. Interventi furono effettuati anche sulle bielle (più leggere di quelle di serie), sulla frizione e sul cambio. La ciclistica viene ulteriormente adeguata.

TEST IMPEGNATIVI - Le prime prove, molto severe tenendo conto della lunghezza della corsa, furono svolte da Bruno Spaggiari e Ermanno Giuliano sul circuito dell’aerodromo di Modena e furono più che incoraggianti. Particolare attenzione fu dedicata agli pneumatici che potevano rappresentare l’anello debole dovendo essere un compromesso tra prestazioni più elevate e durata ridotta rispetto all’endurance ma superiore a una gara di velocità pura.

Ai due piloti italiani fu deciso di affiancare anche un inglese molto veloce, Paul Smart.

Nelle prove ufficiali Spaggiari mette a frutto la piena conoscena del circuito e della moto e stabilisce il miglior tempo in 1’53”22 alla media di 159,805 km/h. Al suo fianco in prima fila si schiera Paul Smart con la seconda Ducati 750, Dave Simmonds con una Kawasaki 500 maggiorata e Giacomo Agostini con la MV Agusta 750 quattro cilindri. Alle loro spalle si schierano le Honda CB 750 Daytona, le Triumph-Koelliker Trident 750, le Norton John Player, le BSA 750, le Suzuki 750 tre cilindri due tempi, ecc.

Taglioni e SmartLA GRANDE CORSA - Il 23 aprile 1972 il grande giorno della sfida. Alle quattordici è Giacomo Agostini a scattare per primo ed a transitare in testa al primo giro seguito da Paul Smart, Roberto Gallina (Honda), Tony Jefferies (Triumph) e Phil Read (Norton). Dalle retrovie rinviene Bruno Spaggiari ed in breve in testa alla corsa si forma un terzetto composto da Smart, Spaggiari ed Agostini. Le due Ducati si fermano contemporaneamente per il rifornimento al 32esimo giro (effettuato in 8”) e le posizioni non cambiano. Al quarantaduesimo giro Agostini non passa per il cedimento del suo motore e la lotta per la vittoria rimane alle due Ducati. Infatti, Walter Villa con la Triumph-Koelliker è troppo lontano dalla coppia di testa. Nel corso dell’ultimo giro Spaggiari perde terreno rispetto a Smart che vince, scrivendo una pagina storica per la Ducati. Terzo per la cronaca finì Villa davanti a Read.

QUINDICI ANNO DOPO - Come spesso accadeva per la Ducati di allora , quella vittoria era molto in anticipo rispetto alla produzione e le successive accelerazioni nella progettazione di nuovi prodotti non consentirono di poter riversare i benefici di questa vera e propria impresa sulle moto di serie e sulle vendite.

Rimane però la grande prestazione che rappresentò l’inizio di una nuova era che trovò una vera concretizzazione solo quindici anni dopo - ma non bisogna dimenticare la 750 F1 e la 600 Pantah che rappresentarono l’anello di congiunzione tra i due periodi - quando debuttò la 851, una Ducati che ha lasciato un grande segno nelle gare derivate dalla serie, vincendo il primo titolo mondiale nel 1991.

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