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MotoGP, A.Espargarò: "Volevo il podio ma ricordiamoci da dove partiva Aprilia"

"Siamo passati dalla diciassettesima posizione della scorsa stagione a prestazioni come queste. Forse dovrò operarmi di sindrome compartimentale, noi umani non siamo macchine"

MotoGP: A.Espargarò:

Una sesta posizione sicuramente incoraggiante ma che fa sorridere a metà Aleix Espargarò e l’Aprilia e questo non può che essere un bel segnale per il futuro. Avere un pizzico di rammarico dopo una gara del genere fa capire che gli obiettivi della Casa di Noale stanno crescendo sempre di più. Quella di oggi, però, poteva essere una bella occasione per il podio. 

“Sono quello che vuole un podio più di tutti – ha detto Espargarò – Ma dobbiamo ricordarci da dove è partita l’Aprilia. La gara di oggi è stata un po’ un trenino, tutti avevamo lo stesso passo ed io sono stato un po’ dietro a Morbidelli, pronto per lottare a fine gara. Poi, purtroppo, è arrivato Quartararo ed io ho fatto un po’ fatica a superarlo perché era praticamente fermo in mezzo alle curve. Ho perso tempo in quella circostanza e Mir e Nakagami mi hanno passato sul dritto e io non sono riuscito a rispondere. Non sono contento della posizione ma so di aver mostrato un buon passo in un’altra pista”. 

Nell’ultima parte della gara non ci sono state occasioni di sopravanzare Nakagami e Mir?
“No perché avevo molto dolore al braccio destro, un po’ di sindrome compartimentale. Non riuscivo a frenare bene. Tutti stiamo spingendo per portare l’Aprilia sul podio e verso la vittoria ma la RS-GP di quest’anno è solo una piccola evoluzione rispetto a quella del 2020 quando eravamo molto lontani, mentre oggi lottiamo con la Suzuki, la moto campione del mondo. Dobbiamo continuare a migliorare soprattutto in condizioni di caldo. 

Perché cosa manca con le temperature alte?
“Semplicemente non riesco a guidare con il mio stile, ci stiamo lavorando ma è difficile migliorare così tanto in una categoria come la MotoGP. Noi arriviamo dal diciassettesimo posto dello scorso anno e ora facciamo queste prestazioni”. 

Hai detto di aver avuto dolore all’avambraccio destro per via della sindrome compartimentale. Anche altri piloti hanno lamentato questo fastidio, Jerez è una pista che chiede molto?
“Non penso che sia colpa della pista. La verità è che la MotoGP diventa sempre più veloce con potenze maggiori ed una aerodinamica che si sviluppa sempre di più e noi siamo comunque umani, non siamo macchine come le moto. Io amo allenarmi, ma non c’è un vero modo di prepararsi a queste prestazioni. Mi sono operato 10 anni fa di sindrome compartimentale ma ora sto parlando con il Dottor Charte e forse dovrò operarmi ancora. Domani e martedì farò dei test perché soffrire così a Jerez non mi era mai successo. Abbiamo fatto molto negli ultimi tempi e la gara di oggi è stata 20 secondi più veloce di quella del 2020. 

Siamo arrivati al limite della “sopportazione” per il fisico umano?
“Non mi piace la parola limite. Sono curioso di capire se con l’allenamento e con alcune accortezze, per esempio, sulla posizione in sella possiamo ottenere qualcosa di più. Sono un po’ spaventato ora, non per Le Mans ma per il Mugello che è una pista molto fisica”. 

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