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TEST YESTERBIKE Si decolla ad Imola con la Honda 750 K di Pietri

Dopo la 100 miglia di Imola del 1981 alla guida della Honda CB 'K' Superbike maggiorata a 1024 cc del 'Meon' seconda alle spalle della Suzuki GS 1000 di Wes Cooley

Moto - Test: TEST YESTERBIKE Si decolla ad Imola con la Honda 750 K di Pietri

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Questo test è stato pubblicato nell'aprile del 1981. Fate voi il conto degli anni. La scena iridata, nel motomondiale, aveva il crepitio sibilante delle 500 alle quali avevano appena strozzato la voce con i silenziatori per abbassare il volume dei decibel pericolosamente sopra i 145.

Si parlava di moto da 125/130 cv, nel migliore dei casi. In America, invece, c'erano ben altre voci, le moto dominanti erano le Superbike derivate dalla serie che, come in questo caso, sfioravano i 150 cv.

Lo sappiamo: oggi queste sembrano potenze ridicole, ma non c'erano i telai, le gomme, i freni e ovviamente, di elettronica neanche a parlarne.

Erano altri tempi, iniziavano a sbarcare gli americani, e oltre ai noti Pat Hennen, Kenny Roberts e Steve Baker, in corsa nel motomondiale, c'erano fra gli specialisti di queste queste grosse quattro tempi, Wes Cooley e Roberto Pietri, detto 'Meon', il piscione.

Un amico, che rincontriamo anche spesso durante l'anno e che, all'epoca, non si fece scrupolo di affidare al vostro (allora) giovane scriba la sua moto. Ero ad Imola come reporter, ma c'era l'italiano Gianni Pelletier, pilota romano della 500, che aveva le mie stesse misure. Fu un attimo, ed ero già in sella.

La Honda CB 750 K portata a 1024 - una icona, oggi, ci hanno corso anche Mike Baldwin e Freddie Spencer - erogava circa 148 cv a 10.500 giri compressa a 11,5:1 contro 9:1 della serie, con 190 Kg di peso. Frizione a secco. La forcella era da 39 mm, contro quelle da 35 mm (!) di serie.

Con questi test d'epoca spero di farvi conoscere alcune moto da corsa degli anni '70 e '80. E ringrazio l'amico Roberto Pontiroli Gobbi per avermi permesso di usare il nome Yesterbike, che è un motoclub che unisce tutti gli appassionati delle moto d'epoca.

L'articolo è come lo scrissi all'epoca, nulla è stato aggiunto o tolto. Quando mi rivedo in sella non posso fare a meno di pensare che mi sono divertito abbestia!

Ad Imola nella '100 miglia'  le Superbike quanto a spettacolo rivaleggiarono con le 500 2 tempi

Erano solo due le vere Superbike che hanno corso ad Imola nella 100 miglia del 4 aprile: La Suzuki GS 1000 di Wes Cooley e la Honda CB 750 K maggiorata a 1024 cc di Roberto Pietri.

Venuti in Italia per una esibizione, i due hanno sbaragliato il campo cogliendo la prima e la seconda piazza tanta era la superiorità dei loro motori.

Prima dello show di Imola si credeva che le moto più potenti che calcassero i campi di gara fossero le 500 cc Suzuki e Yamaha ma dopo le wheelie di Cooley che si protraevano dalla variante bassa fino al traguardo più d’uno fra gli spettatori ha cambiato idea riguardo alla spettacolarità delle due formule.

Nella mezzo litro ancora si discute se 125 cv siano una potenza reale o gonfiata, con i propulsori di 1000 cc dei 4 tempi derivati dalla serie i 140 ‘purosangue’ dichiarati sono un limite ‘diplomatico’ visto che c’è chi parla di letture al banco che hanno toccato i 148 cv.

Con tutte queste cifre che si rincorrevano nella testa (la stessa potenza di una Alfetta GTV turbo che pesa, però, oltre 11 quintali) ancora frastornati siamo entrati nel box di Pietri il lunedì dopo la 200 miglia e quasi senza accorgercene ci siamo trovati a pronunciare la solita maledetta frase del curioso rompitasche: “ci fai provare la tua Honda”?

Larry Worrell e Mike Trosper, i meccanici che trafficavano intorno alla moto, hanno interrotto momentaneamente il loro lavoro e, contemporaneamente, ci hanno squadrato dal basso in alto…ma come se ci guardassero dall’alto in basso.

Per sfuggire a quell’occhiataccia abbiamo pensato subito di far finta di niente, magari di far credere a mr. Worrell e mr. Trosper che ci fossimo mal compresi…ma grande è stata la nostra meraviglia quando Roberto Pietri, incrociato lo sguardo con Larry e Mike, in un cenno d’assenso si volgeva verso di noi dicendo solamente: “dove?”

Beh, tanta disponibilità non la avevamo mai incontrata ma la cosa, ovviamente, non poteva che farci piacere così dopo un rapido incontro con Silvano di Giovanni, entusiasta pubblicato relations man della Honda Italia la cosa era Bell’è fatta. Avevamo la pista (Imola), la moto (la ‘terribile’ Honda 1024 seconda classificata nella 100 miglia) e, ahinoi, anche il ‘pilota’ che temerariamente aveva chiesto di montare a cavallo della tigre, senza sapere nemmeno se e quanto fossero controllabili da mano inesperta i 140 cv sicuri della Superbike…per non parlare poi di quelli probabili.

IN PISTA: minimo altissimo per evitare il bloccaggio della ruota posteriore in staccata

In pista è Roberto Pietri a spingerci personalmente per avviare il motore: la compressione è forte e bisogna lasciare la frizione dando contemporaneamente una botta secca sedendosi sulla sella per aumentare l’aderenza sulla ruota posteriore.

Il motore parte subito ma grande è la nostra sorpresa quando Larry, il grosso meccanico motorista nato a Gardena, in California, ci fa cenno di lasciare inattiva la Manila del gas.

Pensiamo che si sia dimenticato di dirci qualcosa e che voglia evitare di urlare per sovrastare il rombo pieno del 4 tempi, ma quando chiusa la ghigliottina dei carburatori IE da 36 mm, che sono la naturale evoluzione dei electron, l'Honda CB continua a borbottare con un minimo abbastanza elevato l’espressione che ci si dipinge sul viso è talmente sorpresa che Pietri non può esimersi dal darci una spiegazione.

“Non è possibile fare diversamente - si giustifica - se non lasciassimo il minimo alla motocicletta in staccata quando il gas è completamente chiuso ci ritroveremmo con troppo freno motore, senza contare che l’aspirazione dei carburatori sarebbe così forte da attaccare le ghigliottine contro il corpo dei carburatori stessi tanto da rendere la successiva apertura troppo brusca perché, vinto il momento elastico dei cavi, la valvola si aprirebbe di colpo rendendo poco controllabile il dosaggio del gas”.

Strumentazione di serie perché così vuole il regolamento USA

E’ proprio così, una volta in moto il minimo alto aiuto e quando si chiude completamente l’acceleratore la Honda 1024 cc decelera vigorosamente ma mai tanto da mettere in imbarazzo. Davanti agli occhi abbiamo la strumentazione di serie perché così vuole il regolamento USA.

Il cambio è a sinistra, docile esattamente come il CB di serie, è a cinque marce ma alla Honda America ne hanno preparato già uno con sei rapporti. La frizione è notevolmente più dura del modello stradale ma, quel che conta, è modulabile.

Dopo una decina di minuti che viaggiamo sulla moto da corsa più potente del mondo ancora non ce ne siamo accorti: Roberto ci aveva detto che l’utilizzazione partiva da 6.500 giri ma la Honda tira come un trattore  anche quando il contagiri è fermo qui 4.000. Praticamente non vi sono buchi nell’erogazione di potenza, il motore gira rotondo ma corposo, come se avesse dentro qualcosa più grande di lui che non riuscisse a tirar fuori.

L’utilizzazione parte da 6.500 giri ma a 4.000 la Honda tira come un trattore

All’uscita della variante bassa di Imola decidiamo di vedere cos’è questo ‘qualcosa’ e quando siamo ormai belli allineati sul rettilineo (non dimentichiamo l’avvertimento di Pietri che ci ha messo in guardia sul pericolo di intraversarci in accelerazione) con la seconda marcia nel cambio (la prima si usa solo per la partenza e poi non si tocca più) apriamo gradatamente con un occhio alla pista ed un altro al contagiri: abbiamo un quattro tempi fra le mani ed un fuorigiri può essere fatale per la distribuzione.

A 6.000 giri la voce del motore diventa quella di un tenore

Quando lo strumento indica 6.000 giri la voce del motore diventa quella di un tenore, la lancetta balza in avanti percettibilmente e la Superbike ci proietta in avanti con una spinta mai provata, che non si esaurisce dopo i cambi di marcia.

E’ una fortuna che ci sia il grosso manubrio, così teniamo ben salda la moto fra le mani ma basta uno spostamento del corpo più accentuato che si ripercuote sulla posizione delle braccia a far sbandierare vistosamente la ruota anteriore che, però, rimane sotto controllo.

Manubrio ben saldo fra le mani e guida decisa: si pilota così

Questa è la prima caratteristica di guida che assimiliamo delle Superbike: la guida coreografica va bene, del resto non c’è altro mezzo per dominare tutta quella potenza, ma una volta impostata una curva non ci devono essere troppi ripensamenti, si deve andare dentro decisi e lavorare di muscoli. Non è una moto da signorine il 1024 cc, anche in frenata è una bella gatta da pelare: finché si guida ad andatura turistica gli enormi dischi da oltre 300 mm si fanno accarezzare con dolcezza, ma quando si tratta di ferma i quasi 190 Kg della bestia e bisogna tirare sulla leva ed allora la decelerazione che se ne ricava, aiutata dal freno motore, è una sensazione esaltante  quasi quanto far arrivare il contagiri a quota 10.000.

Si può buttare giù una marcia dopo l’altra, la ruota posteriore non tende a saltellare o a bloccare, e mentre si fa questa manovra il grosso scarico silenziato che raccorda in uno i quattro collettori di scarico ruggisce ricordando il rumore di una F.1.

Siamo frastornati. Ma non tanto da non ricordare la frase gettataci lì da un amico prima che salissimo in sella: “perché già che ci sei non fai qualche bella wheelie?”.

Vorremmo che in quel momento fosse con noi sul sellino nello spazio riservato al passeggero: cambiando dalla seconda alla terza la ruota si stacca da terra ed è solo la nostra successiva riapertura ‘docile’ che non la fa decollare.

Dalla terza alla quarta la moto non accenna  minimamente a distendersi nell’allungo: tira ancora forte. Per carità di patria taciamo di ciò che succede se si tenta una partenza-razzo in prima. Diciamolo pure chiaramente: certi funambolismi lasciamoli pure a Cooley e Pietri, ad alzare su una ruota questa moto non ci vuole poi molto; basta aprire il gas, ma a tenerla così per 100 metri è tutta un’altra faccenda. Sarebbe la stessa cosa decollare con un jet senza conoscere le manovre per l’atterraggio sperando poi che qualcuno ce le comunichi dalla torre di controllo.

Pietri, però, ci ha promesso che dopo questa prima presa di contatto seguirà un’altra serie di lezioni. “King Wheelie” fa le cose sul serio: dopo aver imparato a pilotare questo specie di F104 a due ruote ora vuole fare il maestro e creare proseliti in Italia.

 

Per informazioni sul Moto Club Yesterbike scrivere a [email protected] o  telefonare ai numeri 06 44.62.568 e/o 338-272.59.29

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