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SBK, Le regole del successo: Stefano Cecconi, ecco chi è il sig. Aruba

IL PERSONAGGIO – A 18 anni l'idea di proporre una società di internet assieme al padre Giorgio, che ad oggi vanta un giro d’affari di oltre 250 milioni di euro. Forbes lo ha definito highlander della tecnologia. Nel 2015 l’inizio dell’avventura in Superbike con Aruba: la chiave è il coraggio di rilanciare

SBK: Le regole del successo: Stefano Cecconi, ecco chi è il sig. Aruba

Le derivate di serie sbarcano a Imola nel weekend per il settimo round stagionale con una Ducati in testa al Mondiale. Un inizio di stagione migliore non poteva proprio desiderarlo il team Aruba, protagonista a tutti gli effetti nel paddock tra SBK e SuperSport, grazie ad Alvaro Bautista e Nicolò Bulega. 

In vista della tappa del Santerno dedichiamo il nostro spazio a colui che è l’artefice del successo del brand Aruba, ovvero Stefano Cecconi.

Una storia che parte da lontano quella del manager toscano, quando all’età di 18 anni decise di avviare una società di internet assieme al padre Giorgio. L’Aruba di allora era un’azienda ben diversa rispetto a quella di oggi, visto che agli esordi si proponeva puramente nel fornire accesso internet ad altre imprese.

Nell’intervista che Stefano Cecconi rilasciò alcuni anni fa a Forbes, emerge il suo spirito imprenditoriale e la vision che ha avuto la sua azienda di evolversi nel tempo seguendo le logiche del mercato. Ad oggi Aruba detiene infatti il primato di società leader nei servizi di data center, web hosting, e-mail, Pec (posta elettronica certificata) e registrazione domini.

Secondo i numeri che siamo venuti in possesso tramite la Camera di Commercio, a dicembre 2019 il giro d’affari di Aruba (ovvero fatturato+extra) era di 190 milioni di euro, mentre a fine 2021 è arrivato a toccare i 252 milioni di euro (questo l’ultimo report disponibile). L’azienda ha poi saputo investire sulle risorse tanto che i dipendenti sono passati da 750 a 919.

Bastano questi numeri per far capire chi è Stefano Cecconi e cosa c’è dietro alla sua vision imprenditoriale.

Nonostante il suo focus fosse quello di investire nei servizi data center, la passione per le due ruote scorreva veloce nelle sue vene, arrivando a investire nel mondo della Superbike a partire dal 2015.   

E pensare che inizialmente la sfida non fu così facile, se riavvolgiamo il nastro ai tempi della Panigale V2 con Chaz Davies, chiamati a fare i conti con la superiorità di Rea e la Kawasaki. Sono stati anni in cui Aruba è stata costretta ad accettare una condizione ben diversa da quella odierna: da preda a predatore, da ramingo a dominatore.  Anni in cui Johnny lasciò alla Rosse poche briciole.

Il 2019 fu poi la stagione dell’occasione sprecata con Alvaro Bautista al debutto con la Panigale V4. Se non fu un suicidio poco ci mancò dopo quel dominio di inizio Campionato. Ancora più sofferti gli anni seguenti con Scott Redding, dove forse era più facile gettare definitivamente la spugna anziché proseguire.

Eppure Stefano ha avuto il merito di aver sempre rilanciato di fronte alla difficoltà, senza mai arrendersi, anche nei momenti più bui, puntando sull’armonia all’interno del team e l’aspetto motivazonale. D’altronde dopo la tempesta arriva sempre il sereno: con il ritorno di Alvaro è riuscito a prendersi quella rivincita tanto attesa, portando Ducati sul quel tetto del mondo che non vedeva da oltre 10 anni. Lo ha fatto con Bautista. Una vittoria ancora più personale, se pensiamo che la scelta di riprenderlo andava contro i malumori espressi da parte dell’opinione pubblica per le vicende pregresse.

In questi anni il modello Aruba ha dimostrato solidità e lungimiranza: lo dicono le vittorie in Superbike e i successi che stanno arrivando dalla SuperSport con Nicolò Bulega. Un progetto, quest’ultimo, mirato alla crescita dei giovani, che giorno dopo giorno consente di raccogliere i frutti di quanto seminato poco più di un anno fa.

La ciliegina sulla torta è stata infine la decisione di approdare anche in MotoGP, portando il brand Aruba sulle Desmosedici in occasione delle wildcard di Michele Pirro. Una sfida che ha consentito al tempo stesso di convincere un brand come Lenovo ad accettare di scendere in pista assieme a Ducati.

Questo per quanto riguarda la pista.

Dal lato umano, invece, Stefano Cecconi ha saputo distinguersi per essere una persona lontana dalle polemiche e dai riflettori. Basti pensare alla vittoria del titolo iridato giunto a Mandalika lo scorso anno, dove ha preferito lasciare i meriti dei risultati al suo gruppo di lavoro, rimanendo in secondo piano senza andare alla ricerca di titoli o menzioni. Volendo avrebbe potuto presentarsi in più occasioni davanti ai microfoni e invece ha optato per rimanere sullo sfondo, nonostante sia lui uno degli artefici di questa scommessa vinta, rilanciando senza mai arrendersi.

Quell’azienda in cui è entrato all’età di 19 anni rappresenta per certi versi il percorso della Ducati di questi ultimi anni: due realtà che sono diventate nel tempo punto di riferimento nei principali settori. Dall’Igna ha puntato sulle potenzialità del V4, Stefano quelle del web: una scommessa vinta per entrambi.    

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