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Noriyuki Haga: il giapponese esplosivo

Non ha mai vinto un mondiale ma è uno dei piloti più amati degli ultimi 20 anni. Il suo segreto? Probabilmente il suo allenamento

Moto - News: Noriyuki Haga: il giapponese esplosivo

Oggi vi parliamo di uno dei piloti più completi, folli e spettacolari degli ultimi vent'anni, protagonista soprattutto a cavallo del nuovo millennio nel modiale Superbike, ma con qualche exploit positivo anche nel Motomondiale. La sua carriera ha avuto alti e bassi, non è mai riuscito a vincere un titolo mondiale ma le sue performance rimangono indimenticabili: stiamo parlando di Noriyuki Haga, il giapponese esplosivo.


Gli esordi e il debutto mondiale


Classe 1975, Noriyuki ha mosso i suoi primi passi con le due ruote in Giappone, dove si è subito fatto notare nelle gare 250 prima di approdare nel 1993 al campionato Superbike nazionale. Qui ha corso dapprima con Ducati 888, ma poi è passato a Yamaha, casa con cui ha stretto un fortissimo legame e che l'ha portato alla vittoria della 8 Ore di Suzuka del 1996 in squadra con Colin Edwards, poi alla vittoria del campionato nazionale giapponese nel 1997 con la mitica YZF 750 R ufficiale. 
Come "regalo", quell'anno la squadra del mondiale lo scelse come sostituto per le ultime due gare della stagione e a Sugo, in casa, completò la grande impresa di vincere la sua prima gara del campionato, facendo podio anche nella gara successiva a Sentul. 
Le prestazioni di quel giapponese avevano conquistato i team manager della squadra ufficiale Yamaha Belgarda, e non ci volle molto a metterlo sotto contratto per l'intera stagione 1998. Nori prese armi e bagagli e si spostò in Brianza, dove il reparto corse Belgarda aveva sede, e iniziò a dire qualche parola in italiano.


La parabola ascendente di un nuovo campione


Il 1998 cominciò fin troppo bene, 3 vittorie nelle prime 4 manche della stagione, ma alla fine solo 5 vittorie a fine campionato e 6° posto finale, la stoffa ce l'aveva e la sua moto non era di certo l'ultimo ritrovato della tecnologia. 
Il 1999 non andò meglio dell'anno precedente, una sola vittoria e settimo posto a fine campionato, con una moto tanto bella quanto datata. C'era bisogno di un grosso cambiamento e Yamaha mise nelle mani di Belgarda un piccolo gioiello dell'ingegneria giapponese: la YZF-R7 OW02 (leggetevi la nostra retrospettiva), moto esclusivissima nata per competere nella SBK.
E fu così che, nel 2000, Haga disputò la sua più bella stagione di sempre, lottando ad ogni gara per la vittoria, conquistando 4 manche e dimostrando un talento fuori dal comune, sempre con il gas a manetta e sempre al limite della fisica con la sua R7, una moto che sembrava essere nata apposta per lui. Nori quell'anno arrivò secondo per una manciata di punti dietro l'amico/rivale Colin Edwards e fu protagonista di una delle più grandi fregature del motorsport mondiale.
Prima dell'ultima gara di campionato a Brands Hatch un controllo antidoping a sopresa ha riscontrato valori di efedrina superiori al consentito nel sangue di Noriyuki, ne conseguì una immediata squalifica per doping e l'impossibilità di partecipare all'ultima gara del campionato, perdendo di fatto la possibilità di vincere il titolo. La decisione fu accolta con estrema delusione dal pilota e con rabbia da Yamaha, che minacciò di ritirarsi dal mondiale nel caso la squalifica non fosse stata ritirata. Il gestore della SBK non si fece da parte e da Iwata mantennero la promessa, non schierandosi in forma ufficiale l'anno successivo.
Tutto questa polemica è nata perchè dietro il presunto doping di Nori pareva esserci una motivazione molto più banale. L'efedrina è una sostanza presente in molti medicinali e sopratutto nello spray decongestionante nasale. Nei giorni del controllo, Nori stava lottando con un brutto raffreddore e ha fatto largo uso di questo prodotto. Logicamente i valori del suo sangue sono stati alterati e fu così che andò... un mondiale buttato al cesso per colpa del Rinazina.


La carriera dopo la scandalo doping


Gli anni dopo, a partire dal 2001, videro Nori impegnato in una nuova sfida, con l'impegno nel Motomondiale in sella alla Yamaha del team privato Red Bull, con la quale non ottenne grossi risultati se non un quarto posto a Donington Park. L'anno successivo tornò alle origini, sedendosi in sella all'Aprilia RSV Mille in SBK e facendo la sua prima esperienza lontano da Iwata. Con questa bicilindrica raccolse risultati interessanti, con diversi podi che lo portarono al quarto posto nel mondiale.
L'anno dopo, per cause di forza maggiore, NitroNori tornò in MotoGP. Fu scelto dalla squadra Aprilia per sviluppare la RS Cube, prototipo a tre cilindri dal destino infelice. Arrivò 14° nel mondiale con un 12° posto come miglior risultato, così l'anno dopo salutò Noale e andò a Bologna, dove l'aspettava una 999 RS del team Renegade. In quegli anni il dominio della Ducati era totale, così ebbe modo di vincere tanto e di giocarsi il titolo, ma concluse terzo. 
Dal 2005 tornò dai suoi cari amici in Brianza, e sulla nuova R1 ufficiale fece dei gran bei campionati. Quell'anno chiuse terzo come anche nel 2006, mentre nel 2007 riuscì ancora una volta ad arrivare secondo facendo anche il suo record di punti mondiali, per poi tornare al terzo posto a fine 2008. Furono anni davvero fantastici per Noriyuki, che era al massimo delle sue capacità: quasi sempre a podio, tantissime vittorie e un solo grande problema: non era sulla moto migliore della griglia e c'era sempre qualcuno in grado di fare un po' meglio di lui. L'ultima opportunità della sua vita l'ha avuta nel 2009, quando Ducati gli fece un contratto per il team ufficiale, il più forte in assoluto del campionato, ma anche qui venne messo dietro da un problema che si chiamava Ben Spies, un fulmine a ciel sereno sulla SBK, che vinse con la Yamaha che Nori ha cercato di far vincere per anni. Che sfiga. 
Dal 2009 in poi iniziò la parabola discendente del giapponese di Brianza, La Ducati nel 2010 perse competitività e Nori fu sesto a fine campionato, l'anno dopo provò con l'Aprilia RSV4 privata ma arrivò ottavo, poi il ritiro dal mondiale nel 2011 e una sola wild card in sella a una BMW senza entrare nella top10.
Nori ha continuato a correre prima nel BSB e dopo essere tornato in Giappone nel campionato nazionale e nell'Asia Road Race Championship. Sono passati ormai diversi anni dalla sua ultima apparizione in pista in Europa, ma nel cuore degli appassionati non è mai stato dimenticato. 


Il brianzolo più giapponese del mondo


Gli esperti di comunicazione ancora si chiedono come mai un pilota giapponese che non ha mai ottenuto un titolo mondiale abbia avuto così tanto seguito da parte degli appassionati in Europa. Nori si è sempre distinto per quel suo modo di fare un po' particolare. Era tanto sciolto e agguerrito in pista quanto schivo e riservato fuori. A malapena lo si riusciva ad intervistare e qualsiasi domanda gli venisse fatta, finiva sempre in una risposta scontata o in qualcosa di poco comprensibile. Ciò nonostante la simpatia che suscitava negli appassionati era tanta e fin da subito venne riconosciuto come un pilota "umano", capace di dare il meglio di se, far divertire e non prendersi troppo sul serio. Per tutti diventò NitroNori, il giappo-brianzolo, quel pilota che in pista era capace di fare a gomitate per davvero, ma che senza il casco era amico di tutti, soprattutto di quel Colin Edwards con cui ha corso assieme e con cui si è giocato gare e titoli. Le parole di Colin, altro pilota dal sangue verace, su Nori sono sempre state entusiaste: "Quel ragazzo è pazzo, ma gli voglio bene", aveva detto in un'intervista nel 2000, quando si contesero il titolo mondiale.
Poi c'è la "macchia" del doping che non oscurò la reputazione di questo pilota, ma al contrario rafforzò la vicinanza con i suoi fan, che l'hanno sempre esaltato come uno corretto e giusto, sia in pista che nella vita. E poi quel velo di sfortuna che l'ha sempre accompagnato, quella carriera da eterno secondo, il suo amore per la famiglia, le frasi in italiano giapponesizzato, i movimenti dinoccolati e buffi e quelle interviste capaci di spiazzare chiunque. Impossibile non ricordare il suo allenamento preferito, uno dei momento più trash del motorsport mondiale! 


 

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