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MotoGP, Uccio: "La Yamaha per me è famiglia, con la Ducati ho dovuto abbattere un muro”

"Si era creato dopo il 2012, ma ora mi trovo benissimo. Non è il momento giusto per cambiare, ma quando sarà il momento lo valuteremo. Bezzecchi? Ha scelto da ragazzo intelligente quale è"

MotoGP: Uccio:

Uccio Salucci è uno dei personaggi più in vista del paddock della MotoGP. E' passato dall'essere all'inizio 'solo' l'amico di Valentino Rossi a quello di essere uno dei manager più apprezzati della MotoGP. La VR46 Riders Academy era un'idea, un modo di vivere le corse. Forse con semplicità, forse come quando nelle piste da cross si va a girare e si mangia pane e salame. Ma le gare richiedono lavoro, professionalità e impegno. Senza non puoi farcela. Con il tempo ed il lavoro è diventata una realtà del panorama internazionale, ha sfornato fior di piloti ma continua ad essere un gruppo di amici che vive le corse con il sorriso e con impegno. 

Lo stesso approccio che ha oggi la squadra impegnata in MotoGP, la squadra che un talento come Marco Bezzecchi ha deciso di non lasciare rinunciando ad una moto ufficiale. Marco ha scelto di restare in questa famiglia, perché spesso avere attorno le persone giuste vale più di avere un'ala leggermente diversa sulla moto. Abbiamo intervistato Uccio nel paddock di Barcellona ed è stato bello parlare di tanti argomenti a cuore aperto, senza freni, con lo stile di chi fa un lavoro che ama, lo fa con passione e dopo quasi 30 anni di paddock continua a cercare quell'adrenalina che solo le gare sanno regalare. La frase più bella? "Noi non abbiamo bisogno di fare le gare, ma se dobbiamo farle le facciamo come piace a noi e come si devono fare". Continuate a farle così ragazzi. 

Per prima cosa complimenti, Bezzecchi ha rinunciato ad una moto Factory per restare con voi. Un motivo di orgoglio per voi. 
"Si, è così. Anche Marco però è con noi da tanti anni, ed ha capito bene cosa gli può dare una squadra, un gruppo di lavoro così. Quando cambi non è mai semplice, questo sport come la vita è fatta di equilibri e lui qui ha trovato l’equilibrio giusto. Sono tanti anni che è con noi, la squadra che aveva in Moto2 più o meno è la stessa di oggi, anche perché noi come team abbiamo sempre voluto far crescere anche i meccanici e tutti quelli coinvolti nel progetto oltre ai piloti. Lui si trova benissimo con loro e io gli ho detto una cosa molto semplice. Gli ho semplicemente detto ‘tu sei in pista, capisci più di ognuno di noi certe cose. Valuta cosa può darti la moto ufficiale e valuta invece cosa può darti restare con una squadra che conosci bene’. Marco è un ragazzo intelligente ed ha scelto di restare con noi e questo mi rende davvero felice. Anche per il nostro progetto era importante tenerlo con noi, perché la nostra idea è di portare i piloti verso un team ufficiale. Metterlo in un team Pramac sarebbe stato diverso, senza nulla togliere a Paolo Campinoti che è un amico da una vita, ho grande stima per loro perché sono una grande squadra. Non era quello che volevamo. Diciamo che non tornavano i conti, noi facciamo questo progetto per far arrivare i piloti nella squadra ufficiale e non altrove. Io spero che lui abbia fatto la scelta giusta, lo vedremo".

Hai parlato di Pramac, un po' adesso c'è sapore di sfida tra voi. Pensi che il vostro arrivo abbia cambiato qualche equilibrio?
"E’ bellissima questa sfida con Pramac. Ho capito dall’inizio, da metà del 2022, che il nostro progetto avrebbe alzato l’asticella dei team indipendenti. E non voglio sembrare presuntuoso, assolutamente. Ero certo che avrebbe funzionato anche con Pramac, ma non perché loro avessero demeriti o altro. Però è normale, arriva un team nuovo, fresco, con ragazzi che sono giovani ed hanno voglia di fare bene. Sono cose che fanno pensare a tutti a come migliorare. E parlo di Pramac come di altri, infatti li ho visti impegnarsi e crescere. Non era un nostro obiettivo, ma alla fine con il nostro lavoro abbiamo contribuito ad alzare il livello medio e questo un po’ inorgoglisce. Noi abbiamo una regola e questa viene da Valentino. Le corse si fanno in un certo modo, altrimenti non si fanno. Non dobbiamo fare la squadra per forza, lo facciamo perché abbiamo passione, perché ci piace da matti stare qui. Ma va fatto in un certo modo. VR46 deve fare un team in un certo modo, sfruttando anche gli oltre 25 anni di esperienza di Valentino in questo paddock. E lo stiamo facendo".

Eppure c'èra chi pensava che non foste pronti per questa sfida. Gli haters non mancano mai, ma li state zittendo. 
"Ma come si fa ad avere dubbi sulla professionalità della VR46 che ha fatto la storia? Gli haters ci sono e ci saranno sempre, a prescindere da quello che fai. L’hater per eccellenza non cambia mai idea. Magari su 100 ce ne saranno 5 disposti a cambiare idea, ma per gli altri 95 sarai sempre un parassita, uno che è qui per quello o quell’altro. Io ho smesso di pensarci quando avevo 24 anni, quando ancora non c’erano neanche i Social e mi insultavano direttamente nella cassetta della posta. A me quella gente non interessa, non voglio essere banale dicendo che non li ascolto. Anche mia moglie ogni tanto mi fa leggere dei commenti che fanno, c’è chi ha parlato male di mia figlia, quindi di cosa stiamo parlando? Quello che dici è vero, noi con i risultati stiamo smentendo tanti. Ma il punto è che non lavoriamo bene per smentire gli altri. A noi interessa più dimostrare a noi stessi di poter fare certe cose in un certo modo. Poi dobbiamo sempre pensare che qui a passare dalle stelle alle stalle ci mettiamo zero secondi. Oggi tutti parlano bene di noi, basta che domani succede qualcosa e i ragazzi fanno una brutta gara e siamo di nuovo visti male! Io forse non ho mai spiegato così tanto nel dettaglio come la penso riguardo questo argomento, ma per me è così".

Non deve essere facile continuare a gestire nello stesso modo questo gruppo di ragazzi che oggi sono tutti dei grandi professionisti. Non hai paura che crescendo possano arrivare problemi?
"E’ molto difficile. Per ora devo dire che non è cambiato niente, è tutto molto simile agli inizi. L’imprinting che ha dato Valentino all’inizio è ancora presente nell’Academy. Quei ragazzi che non hanno voluto seguire quella strada, quelli che mettevano zizzania, che rompevano le scatole, non ci sono più. Adesso abbiamo un gruppo che è quello di oggi ed io penso sia difficile che litighino o abbiano discussioni tra loro. Poi magari Bagnaia e Bezzecchi da qui a tre gare possono anche scontrarsi, non posso mettere la mano sul fuoco che non succeda. Ma so anche che sono ragazzi abbastanza intelligenti da saper gestire una cosa del genere se succede. So che si risolve insomma. Valentino per me fa paura da questo punto di vista. L’Academy è un lavoro dal lunedì al sabato, non si scherza e gioca e basta. C’è un lavoro di preparazione enorme, ci sono studi, grafici, si guardano tutti i dettagli, si cerca dove migliorare sempre. I ragazzi che sono qui sono intelligenti e capiscono che ad esempio allenarsi con un Pecco che in questo momento va fortissimo, è un aiuto, perché permette di imparare da lui. Questo è il lato professionale, ma poi succede che quando sei in un gruppo che sta assieme 8 ore al giorno questo gruppo diventa quello dei tuoi amici. Questi ragazzi quando tornano a casa dopo tante ore di lavoro, magari non hanno voglia di uscire e andare a ballare, a fare casino. Purtroppo e per fortuna direi! Gli amici diventano quindi i ragazzi dell’Academy, amici veri".

Sono tutti apparentemente diversi, eppure si completano da un certo punto di vista. Come la vedi tu?
"Qui secondo me la persona che sta facendo un lavoro straordinario è Carlo Casabianca, che è la persona che li gestisce tutti i giorni. Lui sta facendo un lavoro incredibile secondo me. Ha fatto capire ai ragazzi che lo stare insieme in maniere intelligente può far crescere tutti. Il gruppo di oggi l’ha capito e sono fighissimi. Mi piacerebbe farvi toccare con mano l'Academy di oggi. Pecco e Bezzecchi si sfottono dalla mattina alla sera, poi vedi che se Bez si allontana un minuto, c’è Pecco che lo cerca. E’ una cosa bella davvero, che mi piace. Poi sembra una barzelletta, c’è il fighetto torinese che è Pecco, il romano ruspante che è Morbidelli e poi il romagnolo Doc che è Bezzecchi. Una triade devastante se ci pensi. Luca è ancora diverso! Sono bravi, intelligenti, riconoscenti. A me da’ un gusto pazzesco lavorare con loro".

Argomento spinoso: pensi a Valentino Rossi e ti viene in mente la Yamaha. Secondo te questo matrimonio in MotoGP si potrà mai fare?
"Yamaha è sul tavolo, come lo sono KTM e altri marchi. Noi cerchiamo di fare il meglio con quello che possiamo avere. Io voglio chiarire che per me Yamaha è come una famiglia e lo dico sul serio. Io sento il vicepresidente giapponese al telefono spesso, ci facciamo gli auguri. Ho passato dei mesi interi in Giappone, per me è come una famiglia. Ma poi non devo mischiare i sentimenti con la ragione. Altrimenti l’anno scorso a Marco Bezzecchi magari avrei dato una Yamaha. Non è il momento giusto per farlo. Io spero che la Yamaha vada forte e che arrivi sul nostro tavolo in modo che sia valutata. Io non nascondo di avere un debole per la Yamaha però devo anche dire che adesso con Ducati mi trovo benissimo. Ho trovato della gente come Gigi Dall’Igna, Paolo Ciabatti, Davide Tardozzi, con cui mi trovo alla grande. Solo all’inizio magari c’era questo muretto, un po’ basso, che era stato costruito nel 2012 quando siamo andati via con Valentino. Però una volta abbattuto questo muro, con i fatti e non con le parole, conoscendoci, tutto è cambiato".

Non era facile superare dei ricordi non esaltanti. Ci sei riuscito. 
"Se io avessi pensato di arrivare e rompere subito quel muro avrei sbagliato. Invece ho preferito che fosse il sistema della VR46 a parlare, a convincere. Perché noi siamo così come ci vedete, semplici e diretti. Sia nella chiacchierata al bar che nella discussioni di contratti da milioni. Hanno capito la nostra volontà dietro questo progetto e questo muro non c’è più e ci troviamo benissimo con loro. Anche Valentino ha fatto dei meeting in Austria con Dall’Igna, è preso dal progetto. Noi valuteremo tutte le Case se dovessimo lasciare Ducati, ma al momento mi piacerebbe andare avanti con loro. Perché la moto fa paura e perché mi trovo bene con loro, con tutti. Ci hanno accolti veramente bene. Poi sarò anche nazionalista, ma ho lavorato tanti anni con il Giappone e i giapponesi e non è proprio uguale. Non è male lavorare con gli italiani da italiano. Poi se la Yamaha fa una moto che va fortissimo a fine anno, non è detto che non la valutiamo. Come ho detto a Gigi quando ne abbiamo parlato. Questo secondo me è l’unico vero vantaggio del team privato, che puoi cercare la moto che va più forte. Può sembrare un ragionamento da bar, ma alla fine questo tipo di ragionamenti sono proprio quelli che arrivano dritti al punto senza fare tanti giri inutili. Come piace a me". 

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