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SBK, Tardozzi: “La Bimota, la Ducati 888, Fogarty e la Superbike di una volta”

L’INTERVISTA – Davide si racconta: “Negli anni ‘90 contava sapersela cavare. A Donington rischiammo l’arresto perché la Polizia pensava trasportassimo droga nel furgone. A Cadalora ricordo i tubini. Mio figlio Andrea mi ha dato la forza per superare la scomparsa di mia moglie, ma se andiamo nel deserto io torno con la Coca Cola fredda mentre lui no”

SBK: Tardozzi: “La Bimota, la Ducati 888, Fogarty e la Superbike di una volta”

La Superbike sbarca a Imola in quella che è considerata come una pista simbolo nel panorama del Motorsport. In vista della tappa del Santerno abbiamo realizzato una lunga intervista con Davide Tardozzi, divisa in due parti.

Più che una intervista, quella con Davide è sembrata una sorta di chiacchierata al bar davanti a una birra fresca durata ben oltre i 50 minuti. Abbiamo parlato di passato e presente della Superbike tra piloti, aneddoti e al tempo stesso confrontandoci su varie tematiche legati al mondo delle moto.

Dalla voce di Tardozzi emerge tutta la passione di un uomo che ha dedicato la sua vita alle corse e alla velocità. Una persona schietta, vera, diretta, che ama dire le cose senza fare troppi giri di parole, rispecchiando il famoso “Essere Ducati”.

“A Imola farò il mio ritorno in pista – ci ha svelato – devo dire che è stata tosta rimanere a casa per due gare della MotoGP. Si soffre dal divano, dato che quando sei nel box hai i tempi a portata di mano, vedi lo sguardo dei piloti prima di mettere il casco, capisci le sensazioni, le emozioni, respiri l’adrenalina. Infine non stai mai fermo. Sono però contento di essere domenica a Imola per la gara della SBK e ritrovare tanti amici”.

Ricordi la prima volta a Imola?
“Certo! Era la 200 Miglia del ’74. Il tempo però è trascorso velocemente e quella Imola di una volta è ben diversa da quella di oggi. L’importante è non fare paragoni, perché sono due periodi storici diversi e metterli a confronto sarebbe sbagliato”.

Ormai Davide sei nel paddock della MotoGP, ma cosa ricordi di quella Superbike di una volta? Una Superbike ben diversa da quella di oggi.
“Il mondo è cambiato in questi anni, adesso siamo tutti connessi e una volta che prendi l’aereo arrivi a destinazione poi con Maps vai in circuito. Negli anni ’80-’90 non era per nulla così. Dovevi avere estro, immaginazione, contava essere svegli e sapersela cavare in qualunque situazione quando partivi da casa con il furgone. Su questo tema io spesso scherzo con mio figlio e sai cosa gli dico?

Cosa?
“Che se io e lui andiamo nel deserto, io torno a casa con la Coca Cola fresca in mano mentre lui resta là (sorride). A parte le battute era un mondo lontano da quello odierno, dove non avevi l’applicazione che ti portava in circuito, ma ci andavi con la cartina stradale sbagliando strade e imparando. Ora è tutto più semplificato”.

Un aneddoto che conservi di quei tempi passati?
“Ce ne sono tanti, ma ricorderò per sempre quando in occasione della trasferta di Donington ci fermarono alla dogana del porto di Dover. La Polizia ci fece scendere per fare il controllo del mezzo coi cani cinofili. Questi iniziarono ad annusare e ad un certo punto rimasero all’interno del furgone abbaiando. La Polizia pensava stessimo trasportando droga, invece erano le padelle sporche di cibo dalla sera prima. Purtroppo siamo dovuti partire alla svelta dal circuito e il nostro cuoco Paolino non era riuscito a pulirle. Alla fine i cani avevano fiutato il cibo, si vede che avevano fame (sorride). Se non ricordo male era il 1990. A raccontarla adesso fa ridere, ma quella volta c’era poco da scherzare”.

Questo è un gran bell’aneddoto Davide. È stato però più facile convincere Fogarty a restare, giusto? È sempre bella quella storia.
"Al Nurburgring Carl disputò due gare al di sotto delle aspettative. Finita gara 2 noi tornammo al box e lui era sparito. Era il mese di luglio e ricordo che c’era anche il primo WDW della storia Ducati la settimana successiva. Noi pensammo che fosse semplicemente incazzato per quel risultato. Solo che la settimana dopo c’era il WDW, quindi ho iniziato a contattarlo al telefono e lui non rispondeva. Decisi quindi di chiamare Michaela, la quale mi disse:  “Carl ha deciso di smettere di correre e non vuole venire al WDW'.  A quel punto, dopo avermi sentito al telefono, Michaela capì che Carl sarebbe dovuto assolutamente venire a Misano per il WDW e lo convinse".

Poi cosa accadde?
"Arrivò al giovedì a Misano e pioveva. Gli chiesi di girare, per prendere confidenza con la moto sull’acqua perché non si trovava bene in quelle condizioni e lui rispose: “Non ci penso minimamente”. Ho quindi dovuto parlare con Michaela. È stata una lotta per farlo rientrare in pista, ma lui non voleva assolutamente rientrare. Di fatto finì il WDW e poi tornò a casa. Io presi ed andai a casa sua in Inghilterra. Michaela mi aveva preparato la stanza e quando Carl mi vide a casa disse 'ma tu che ci fai qui?'. Io risposi semplicemente che ero andato a trovare sua moglie. Da dire che Carl era gelosissimo. Alla fine restai qualche giorno lì, riuscì a farlo tranquillizzare e così decise di tornare a correre e sapete tutti come è andata. Ha vinto i primi due mondiali lui, gli altri per me li ha vinti Michaela".

E coi tubini di Cadalora com’è andata?
“Spesso gliela ricordo quella storia a Luca quando lo incontro. Cadalora era un grande collaudatore e ai tempi venne scelto per sostituire Fogarty a Donington, dato che in passato si giocò la vittoria con Rainey. Decidemmo di offrirgli questa opportunità, ma lui non trovò la fiducia sperata nella moto. Essendo un’esteta della Yamaha, in merito al telaio della nostra moto ci disse: “Ma dove volete andare con quei tubini lì?” Quella sua frase mi fece molto ridere, ciononostante lui resta un’ottima persona”.

Davide, oggi in pista c’è la Panigale V4 a tenere alti i colori della Ducati. Ai tuoi tempi però c’era prima la Bimota e in seguito la 888 quando ti sei unito ai colori di Borgo Panigale.
“Non possiamo assolutamente confrontare queste due ere, perché sono due mondi imparagonabili. Ricordo che la YB4 motorizzata Yamaha fu una moto avanti anni luce. Il progetto dell’ingegnere Martini era un qualcosa di veramente incredibile e non nego che quel Mondiale lo persi io e Merkel lo vinse meritatamente”

Quanto è stato grande il salto sulla Ducati 888?
“Molti non lo pensano, ma quella moto era davvero molto facile. Aveva due aspetti che la caratterizzavano a mio avviso, ovvero una progressione e una copia impressionante che facilitava la guida”.

Davide Tardozzi possiamo definirlo un manager vero, diretto, schietto, senza troppi giri di parole?
“Io sono fatto così, poi magari a volte sbaglio. Nel paddock c’è chi mi considera stronzo, ma non penso di esserlo”.

Davide, circa due anni fa è mancata tua moglie. Quanto è cambiata la tua vita?
“Non è stato facile, perché è tosta e dura, anche se poi la vita va avanti. Io ringrazio di avere mio figlio Andrea al fianco. Nonostante io torni dal deserto con la coca cola fredda in mano, lui mi ha trasmesso una forza incredibile per andare avanti. Poi al tempo stesso ci sono gli amici e le amiche. E ovviamente la Ducati, che mi dà quella spinta motivazionale a cui non posso rinunciare”.

Chi sarà il prossimo Davide Tardozzi in Ducati?
“Non lo dico, ma nella mia mente ho il nome da proporre quando sarà il momento. Di sicuro deve essere una persona che ha la Ducati nel DNA come me”. 

Domani mattina la seconda parte dell’intervista a Davide Tardozzi.  

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