Miguel Oliveira negli ultimi tempi ha dovuto affrontare molti infortuni. Quest’anno, in Argentina, aveva rimediato una dislocazione sterno-clavicolare che lo ha tenuto in panchina per tre Gran Premi, fino al ritorno a Le Mans. Il pilota del team Pramac ha parlato del momento difficile in un’intervista organizzata dal suo sponsor Estrella Galicia 0,0. Potete vedere il video qui sopra e leggere di seguito.
A Le Mans hai raggiunto l'obiettivo di completare la gara Sprint, il tuo primo vero contatto con la competizione dopo l'infortunio. Come ti sei sentito fisicamente? Quali sono stati i fattori chiave per rimanere motivato e ispirato in uno sport così impegnativo e duro come il motociclismo?
"Ho notato alcuni punti deboli, soprattutto quando si trattava di girare la moto nelle curve a sinistra, che era la parte del corpo a cui mi ero infortunato. Ma, onestamente, il solo fatto di essere tornato in moto e di aver corso in quel fine settimana mi è sembrato già una vittoria dopo tanto tempo di assenza. È stata un'enorme spinta psicologica, un'incredibile ondata di energia per tornare a fare ciò che amo: correre. Durante il periodo trascorso a casa, ci sono stati momenti in cui il recupero è rallentato un po'. Non è che si perde la motivazione, perché non succede mai, ma l'energia cala. Si tende a pensare in modo più negativo e questi sono i momenti più difficili. Fortunatamente ci si riprende in fretta e anche le persone a me più vicine hanno giocato un ruolo importante in questo senso".
Hai pensato di tornare prima, a Jerez? L'incidente di Martín in Qatar ti ha fatto ripensare alla tua decisione?
"Avevo pensato di rientrare prima, ma non l'ho fatto per limiti fisici, non perché Martín fosse rientrato troppo presto. Detto questo, quello che è successo a Martín mi ha fatto adottare un approccio più cauto al ritorno a Le Mans, facendo sempre dei solidi progressi. Non ho cercato di fare più di quanto il mio corpo mi permettesse, per evitare che la frustrazione mi ostacolasse. Vedere dall'esterno quello che Martín ha passato mi ha aiutato, senza dubbio".
Anche Marc Márquez ti ha mandato un messaggio dicendo di prenderyi il tempo necessario per recuperare...
"Sì, è facile dirlo dall'esterno, ma non riesco proprio a immaginarlo, perché non mi sono mai trovato nella sua posizione, essere il campione del mondo con il numero uno sulla moto, il pilota di riferimento. Essere in quella posizione ti fa naturalmente desiderare di accelerare le cose, ma non puoi saltare i passaggi. Se ci si prova, c'è la possibilità di incontrare delle difficoltà lungo il percorso. Dalla mia esperienza, ho imparato che non si può saltare nessuna parte del processo".
Cosa ti è passato per la testa quando ti sei trovato al secondo posto a Le Mans? Cosa ha significato essere di nuovo davanti?
“È stata una sorpresa perché non stavo controllando la mia posizione, ma ho capito che ero secondo quando Marc mi ha superato. A quel punto è scattata la molla: ho capito che ero secondo. Ho iniziato a fare i conti e ho pensato: forse ho una buona possibilità di fare punti. Ma in condizioni così difficili, con così poca aderenza, è stato difficile arrivare al traguardo".
Quest'anno hai cambiato squadra e sei passato alla Yamaha. Com'è stato finora il processo di adattamento? Hai notato grandi differenze e cosa ti colpisce di più di questo nuovo capitolo?
"Sono molto, molto motivato. Onestamente, fin dal primo test dell'anno scorso a Barcellona, ho capito che stavo entrando a far parte di una squadra davvero fantastica a livello umano. Il modo in cui tutto è organizzato è semplicemente incredibile e si capisce subito perché sono stati campioni del mondo. Hanno costruito una squadra di altissimo livello, le persone fanno davvero la differenzam ed è per questo che hanno ottenuto risultati così grandi negli ultimi anni. Quello che stanno cercando di costruire con la Yamaha è un progetto solido e molto ambizioso. Si vede anche che la Yamaha si impegna a fondo e questo dà a un pilota un enorme motivazione ed eccitazione per ciò che lo aspetta. In questo momento, sappiamo che la moto non è ancora pronta a fornire i risultati a cui puntiamo, ma siamo sulla buona strada. Siamo molto motivati e davvero entusiasti di questo progetto".
Il prossimo appuntamento è a Silverstone. Quali sono le tue aspettative per quella gara?
"La cosa che mi entusiasma di più in questo momento è poter correre di nuovo e riprendere da dove avevo lasciato in termini di progressi con la moto e la squadra. Tornare dopo l'infortunio è un po' come ricominciare da zero, quindi andare a Silverstone è un ulteriore passo nella giusta direzione: mi sento fisicamente forte e sono sempre più in sintonia con la squadra. Arrivare tra i primi dieci sarebbe un ottimo risultato in questo momento, soprattutto per la gara di domenica. Penso che arriverò a Portimão nella migliore forma possibile, visto che si tratta del penultimo Gran Premio della stagione. Per allora dovrei essere molto più in sintonia con la moto. Arrivare a questo punto del campionato e avere un Gran Premio in casa è una grande gioia. Come sempre, spero di fare una buona prestazione davanti ai miei tifosi e di regalare un grande spettacolo".
A proposito di Portimão, cosa significa correre in casa?
"Onestamente, mi sento molto fortunato ad essere portoghese. Dall'esterno potrebbe sembrare uno svantaggio non provenire da una forte cultura motociclistica, avere un percorso più difficile per arrivare qui, e così via. Ma in questo momento, essere quel pilota portoghese che la gente vede correre la domenica, a casa, al ristorante, in spiaggiam avere questo sostegno dietro di me è incredibilmente motivante. A volte è difficile rendersi conto di quanto le persone ti sostengano, perché sei sempre in giro per il mondo, impegnato con la squadra, con la famiglia, con gli allenamenti... Sei costantemente in movimento e non hai spesso la possibilità di fermarti e notare chi ti sta accanto. Ma durante la pausa per l'infortunio mi sono reso conto di quanto sostegno ho e questo mi ha dato una spinta enorme, non solo per fare bene per me stesso, ma anche per loro. Se lo meritano".
Come vede il futuro dei giovani talenti in Portogallo? Sente un particolare senso di responsabilità come modello?
"Mi piacerebbe dire che abbiamo un forte bacino di giovani talenti e che c'è una reale possibilità per un pilota portoghese di arrivare in un campionato internazionale, ma la verità è che siamo ancora un po' indietro. Mi considero un punto di riferimento, ma i tempi stanno cambiando e ciò di cui hanno bisogno i giovani piloti oggi è molto diverso da quello di cui avevo bisogno io quando ero in quella stessa fase. Sono passati 15 anni da quando sono arrivato al Campionato del Mondo. Al giorno d'oggi, i ragazzi sono alla ricerca di nuove strade per raggiungere il palcoscenico mondiale. Vedo un grande potenziale, ma al momento stiamo ancora lottando per trovare il prossimo pilota portoghese".





