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SBK, Lo strano caso di Nicolò Bulega con Ducati in SuperSport

L’INTERVISTA – Parla Martinelli, manager di Tony Cairoli e Sofia Goggia, che ha rilanciato Nicolò: “Dopo l’uscita dalla VR46 era a pezzi, nel Motomondiale era diventato un personaggio da palcoscenico. MV Agusta l’aveva cercato, poi ho chiamato Serafino Foti, ma l’idea non era farlo correre in SuperSport”

SBK: Lo strano caso di Nicolò Bulega con Ducati in SuperSport

Alberto Martinelli è certamente uno dei manager di spicco in Italia nel mondo dello sport per quanto riguarda il management. Nel mondo del cross ha seguito e segue ancora oggi un certo Tony Cairoli, mentre nello sci cura gli interessi di Sofia Goggia.

A questi aggiungiamo i nomi della campionessa olimpica di curling, Stefania Costantini, così come i piloti Tatsu Suzuki, Mattia Guadagnini, Ruben Fernandez, Lupino e Holgado. A proprio di piloti c’è poi Nicolò Bulega. Dopo l’uscita dalla VR46 l’attuale portacolori Aruba ha chiesto a Martinelli di assisterlo e insieme hanno tracciato una strada che li ha portati coronare gli sforzi profusi in questi anni con la vittoria in Australia.

Sempre disponibile e aperto al confronto, Alberto ci ha voluto raccontare qualche retroscena di questi anni con Bulega.   

“Quella con Nicolò è una storia che mi riempie di orgoglio e soddisfazione – ci ha detto – più che al risultato ottenuto in Australia mi riferisco al recupero a livello umano che c’è stato dietro al ragazzo. Dopo la conclusione dell’avventura con la VR46 Nicolò era un ragazzo perso, distrutto, di conseguenza abbiamo dovuto tracciare una nuova strada da percorrere insieme e ci è voluto tempo”.

L’hai portato tu da Gresini.
“Esatto! Però le cose non erano poi andate come speravamo in termini di prestazione. Nell’estate 2021 mi sono quindi messo alla ricerca di un Piano B. In Moto2 tutte le porte erano chiuse anche se ci aveva cercato MV Agusta. Il mio obiettivo era però quello di un progetto solido, così ho iniziato a guardare al paddock delle derivate. Decisi di chiamare Serafino Foti (team manager), domandandogli quale fosse la situazione della categoria, dato che io volevo metterlo in SBK nonostante i risultati poco incoraggianti ottenuti nel Motomondiale”.

Poi cosa è successo?
“Un mese dopo quella telefonata mi richiamò Serafino per domandarmi se avessi trovato o meno una sella per Bulega. Io gli dissi di no e lui mi accennò alla proposta della Ducati in SuperSport, dato che l’interesse di Aruba era quello di sbarcare nella categoria intermedia con un pilota. L’idea mi colpì immediatamente perché di meglio non poteva esserci. Ne parlai quindi con Nicolò e dopo un po’ di telefonate e alcuni incontri la trattativa andò in porto”.

Eri quindi riuscito a fare centro.
“Sì, ma dissi a Nicolò: “questa è la tua grande occasione, non sprecarla perché non ci saranno altre chance come questa”.

Domenica siete arrivati al successo. Quanto è stato difficile questo percorso condiviso assieme?
“Molto! Gli anni della Moto2 sono stati difficilissimi sia fuori che dentro la pista. In pista perché non arrivavano i risultati, mentre fuori perché Bulega si portava dietro l’immagine di un personaggio da palcoscenico che detto francamente non meritava. Agli occhi della gente lui poteva sembrare uno che se la tirava, un ragazzo presuntuoso, invece chi lo conosce bene sa che è una persona semplice a cui piace scherzare e a tratti anche timida. La mia paura dopo l’addio con Gresini è che lui si bruciasse come tanti altri giovani, dato che come ben sappiamo il Motorsport per certi versi è spietato. Siamo però riusciti a ripartire e penso che non essere andati in SBK sia stato un bene. Partire con un progetto biennale come la SSP con una struttura come Aruba era la cosa migliore. Ci tengo infatti a ringraziare Cecconi e Foti per la fiducia e tutto l’impegno profuso al massimo in questi anni”.

Magari potrebbe andare in SBK il prossimo anno.
“Sarebbe bellissimo, ci piacerebbe, ma tutti dipende da lui. Bulega sa bene cosa deve fare e in Australia ha disputato una gara fantastica, che lo ha ripagato di tutte le sofferenze di questi anni. Sono davvero felice e spero che questo successo sia da slancio per i prossimi round a partire da Mandalika”.

Alberto, possiamo dire che questa vittoria è un segno del destino?
“Direi di sì, perché l’ultima volta che Ducati vinse in SSP fu con Nannelli e in quegli anni ero io a seguire da vicino Gianluca. Diciamo quindi che è un segno del destino, ma adesso non bisogna fermarsi, bensì focalizzarsi subito sulla prossima gara”.

Segui tanti atleti: Bulega, Cairoli, Costantini, Goggia, Suzuki e tanti altri. Cosa hanno in comune questi ragazzi?
“Ognuno di loro è un ragazzo di talento, ma la cosa che li accomuna tutta è l’umiltà. Nel nostro gruppo di lavoro non vogliamo personaggi, vogliamo solo ragazzi e ragazze semplici e umili, che credono in ciò che fanno e ci mettono dedizione e impegno”.       

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