Il ritorno di MV Agusta nel motomondiale nella scorsa stagione, dopo 42 anni di assenza, non aveva lasciato indifferenti. C’era curiosità ma anche qualche critica per rivedere quel marchio storico in Moto2, una classe in cui si deve usare un motore non proprio. A credere nel progetto sono stati l’azienda di Varese e il team Forward di Giovanni Cuzari e quella che sembrava una scommessa al limite della follia in pochi mesi ha dato dei risultati quasi incredibili. Tanto che Stefano Manzi, a Valencia, ha sfiorato il podio.
“Avevo scommesso 5 euro su quel podio” scherza Paolo Bianchi, direttore tecnico del progetto e a capo del CRC, il Centro Ricerche Castiglioni. È a San Marino che è nata la F2, che Manzi e Aegerter hanno portato al debutto sui circuiti di tutto il mondo.
Può sempre tornare a scommettere per la prima gara in Qatar di quest’anno….
“No, preferisco di no. L’obiettivo ora, come avevo detto a Stefano a Valencia, è quello di divertirsi”.
“Siamo partiti senza esperienza ma anche senza paura”
La F2 è cresciuta molta nella stagione, ma come ricorda gli inizi?
“Eravamo partiti con il progetto senza avere nessun riferimento. C’è chi ha scritto che avevamo già esperienza con il motore 3 cilindri e il telaio a traliccio, ma purtroppo, erano tutte balle. La differenza più grande tra una moto da strada e una da pista sono gli pneumatici che fanno sì che cambi completamente il mondo".
Neanche l’esperienza in Supersport è servita?
“Qualche riferimento l’avevamo, ma in quella classe ci sono 20 piloti in 2 secondo, in Moto2 ce ne sono 25 in 5 decimi. Significa che cambia tutto”.
Entrare in Moto2 senza esperienza non ha causato qualche preoccupazione?
“Ragionando così non si fa nulla, bisogna prendere e andare. Avevamo le esperienze in Supersport e in Superbike e quando sei del mestiere fai in fretta a capire dove lavorare, il difficile è stato farlo così velocemente e in gara. Sinceramente, quando portavo qualcosa di nuovo avevo pochi dubbi sul fatto che funzionasse. Probabilmente nel 2020 sarà più difficile migliorare la moto così tanto in così poco tempo, è adesso che c’è il rischio di sbagliare”.
Cosa l’ha stupita di questo mondo?
“Non avevo mai seguito prima da vicino le corse, quello che mi ha sorpreso e fatto anche preoccupare, ma non prima di iniziare, è quanto siano sensibili i piloti e come riescano a guidare sempre vicinissimi al limite. Il livello di competizione della Moto2 è altissimo ed essendoci poca elettronica l’unione moto-pilota fa tutto”.
Come siete partiti?
“All’inizio non eravamo pronti per iniziare, sia per quanto riguarda il tempo a disposizione che le risorse. Infatti il primo prototipo delle Moto2 non fu realizzato dalla CRC ma da un fornitore esterno, pur seguendo tutto il progetto, ma già nella prima gara in Qatar avevamo telai nostri, costruiti a San Marino”.
Come era andato il primissimo test?
“Lo avevamo fatto a luglio a Misano, con Lorenzo Lanzi. La moto era molto pensante perché non avevamo avuto tempo, solo le carene pesavano 7 Kg. Quando andammo ai test in Qatar, avevamo problemi di velocità massima e anche il distacco dagli avversari era notevole”.
“In Qatar prendevamo 15 Km/h in rettilineo, in Australia abbiamo fatto il record di velocità”
I miglioramenti però sono arrivati in tempi relativamente brevi.
“Anche se nessuno se ne è accorto, la moto è stata rifatta 3 volte durante l’anno. Il primo passo è stato ridurre il peso del telaio e poi risolvere i problemi di aerodinamica, con la nuova carena che ha debuttato al Mugello. In quella gara siamo passati da prendere 15 Km/h dai migliori a essere allineati a loro”.
A Phillip Island Stefano Manzi è riuscito a fare il record di velocità massima.
“Sì 301,6 Km/h. L’evoluzione aerodinamica fatta al Mugello è stata molto importante, ma poi abbiamo introdotto ancora altre soluzioni. Mi riferisco soprattutto al codone, perché avevamo un grossissimo problema con la scia. Quando un altro pilota si avvicinava, non solo gli offrivamo la scia ma ne venivamo quasi risucchiati e il motore perdeva circa 100 giri. Abbiamo fatto molte prove in galleria del vento e da questo lavoro è nato il record di velocità”.
Qual è stato l’altro miglioramento importante nel corso della stagione?
“Lavorare per diminuire il peso della moto, riuscendo ad alleggerire il telaio senza perdere in rigidezza. Poi, in Austria, abbiamo deciso di fare un nostro forcellone, mentre prima era un elemento che usavano anche altri costruttori. È stata un’avventura perché siamo partiti con pochi riferimenti ma in Thailandia abbiamo portato il nuovo forcellone. La moto è migliorata e da lì siamo andati avanti”.
In crescendo, fino a sfiorare il podio con Manzi a Valencia.
“Ci è mancato qualcosina: la gara è stata accorciata di 9 giri e a Stefano mancava l’abitudine a stare nelle prime posizioni”.
Avrebbe scommesso sul podio a Valencia anche alla prima gara in Qatar?
“Lo avrei fatto, perché sapevo quello che avevamo fatto e quello che dovevamo fare. L’unica cosa che ci mancava era il tempo perché noi abbiamo utilizzato le gare come un test, portando continuamente nuove soluzioni da provare. A un certo momento Stefano mi ha detto di non farcela più, aveva bisogno di stabilità. Quella che ha avuto nelle ultime 4 gare della stagione”.
“Nessuna rivoluzione alla F2 per il 2020 e Corsi ci potrà aiutare nello sviluppo”
Qual è il prossimo passo per il 2020?
“Cambiare la distribuzione dei pesi, già lo scorso anno avevamo provato a spostare il motore. Abbiamo delle idee in questo senso e stiamo ancora lavorando sull’aerodinamica, oltre a migliorare l’ergonomia. La moto non verrà stravolta, è un progetto nuovo che va ancora evoluto”.
Quest’anno insieme a Manzi ci sarà Simone Corsi, un pilota con grande esperienza in Moto2.
“L’ho conosciuto lo scorso anno a Misano, in occasione di un test sulla nostra moto, e mi è sembrata una persona con cui è facile comunicare e un pilota con un’ottima sensibilità. È molto utile, perché lo scorso anno abbiamo avuto delle difficoltà a interpretare le indicazioni di Aegerter, forse non aveva una grande sensibilità. Ho visto Simone molto motivato, credo che ci possa aiutare nello sviluppo della moto”.
In futuro pensate di fornire la vostra moto anche ad altri team oltre a Forward?
“Non è escluso, ma prima dobbiamo diventare più competitivi”.
Questa esperienza nelle corse aiuta per le moto di serie?
“Tutta l’attività di sviluppo aerodinamico non è fine a se stessa: se ora avessi bisogno di 7 Km/h in più sulla F3, saprei dove lavorare. Chiaramente le esigenze sono diverse e infatti, partendo dalla strada, in alcuni particolari eravamo stati fin troppo conservativi. Per esempio, nella parte centrale del telaio in alluminio siamo riusciti a togliere 800 grammi, un’enormità in una parte che pesa 2 Kg e mezzo. Delle idee si possono travasare”.