Tu sei qui

La bilancia del tempo: fenomenologia di Marc Marquez

Alle volte mi domando come sarebbe stata la carriera di Marc Marquez, non senza il suo incidente del 2020, bensì senza il famigerato 2015. Vedremmo più spesso Valentino Rossi al suo fianco, come fa spesso Giacomo Agostini che omaggia i grandi ma dentro di sé si augura che non superino i suoi record

La bilancia del tempo: fenomenologia di Marc Marquez

Vabbè, io alle volte mi domando come sarebbe stata la carriera di Marc Marquez, non senza il suo incidente del 2020, bensì senza il famigerato 2015.

Già, perché probabilmente vedremmo più spesso Valentino Rossi al suo fianco, come fa spesso Giacomo Agostini che omaggia i grandi ma dentro di sé si augura che non superino i suoi record.

La realtà è che, mettendo il peso delle sue vittorie e dei suoi titoli sulla bilancia del tempo, da una parte questi, dall’altra tutti i suoi infortuni, le cadute, la rinascita, non è semplicemente possibile non inserirlo fra i più grandi del motociclismo. Ma non per il numero dei successi, ciò sarebbe banale, ma per quello che gli anglosassoni chiamano ‘grit’, grinta con qualcosa in più ed i napoletani, con una espressione molto più significativa ‘cazzima’.

Per gli amanti della cultura metto questo LINK QUI al termine gergale. Credo che riassuma bene l’insieme di positivo/negativo del termine. Perché Marquez è tutto questo. C’è poco da fare, i fuoriclasse non sono gente normale e li si deve prendere per quello che esprimono in ciò in cui eccellono.

Personalmente dubito molto di chi, nello sport come nella vita, eccelle in qualcosa ma non ha negli occhi e nella voce quei lampi che si riconoscono nei grandi predatori. Sono finto-buonisti. Non mi piacciono. Ma qui vado sul personale. Preferisco quei cani che ringhiano se li avvicini, per dirti di stargli lontano, piuttosto che quelli che mordono senza preavviso.

Io poi do per scontato che ci sia sincerità anche nelle leggere menzogne, nelle risate, in quel nascondersi, nel fare finta di non credere, apertamente, di essere il migliore di tutti.

Ma dove credete che prendano questi fuoriclasse, unti dagli dei, l’energia per essere quello che sono se non da sé stessi? Sono una specie di pila atomica, di sole, che come è noto brucia se stesso per creare calore e luce. Un miracolo della natura, perché tutti gli altri esseri viventi hanno bisogno di nutrimento dall’esterno, per vivere.

Questo per dire che probabilmente Marquez non mentiva quando affermava che Lusail non doveva essere la sua pista.

In Qatar infatti abbiamo assistito ad un'altra gara tattica del Marcziano che, come gli era già successo con il fratello Alex quando a Buriram decise di seguirlo per il problema di temperatura delle gomme, è partito piano per non rovinarle.

Una tattica che ha permesso la momentanea fuga di Morbidelli ed il rapido ricongiungimento di Bagnaia.

Due fattori che non hanno minimamente influenzato la strategia dell'otto volte campione del mondo che ha tenuto gli avversari sotto tiro, per poi attaccare quando è venuto il momento giusto. Formidabile, sia che si sia suoi tifosi che no.

Ecco, questo è il punto: Marquez non è solo talento, abilità di guida. Ha anche una gran testa, la stessa che aveva Valentino Rossi. Ed è stato per questo che certe tattiche con lui non hanno avuto effetto. Talento e testa sono una combinazione formidabile. Ed è raro anche per un fuoriclasse avere entrambe.

Giacomo Agostini, oltre a Rossi, era uno così. Eddie Lawson, con un pizzico di talento in meno.

Poi ci sono, in tutti gli sport, non solo nel motociclismo, quei campioni, fuoriclasse, talento, istinto, aggressività. Piacciono da pazzi, esaltano. Non lo sanno neanche loro perché eccellono. E sono i più simpatici perché quelli a noi più vicini. Ce ne sono di umili e di arroganti, ma non importa, il ceppo è quello.

Beh, ho poco altro da dire del Gran Premio del Qatar. E non importa poi come andrà a finire, ma questo andava scritto perché poi chiarisce, in un certo senso, perché Gigi Dall’Igna - non Claudio Domenicali, Gigi - abbia deciso bruciando tutti i ponti di prendere Marquez. Sapeva, aveva capito, che Marc su una Ducati ufficiale, in un’altra squadra, magari quella di Gresini, avrebbe rischiato di fargli perdere un altro mondiale. Rischiato eh, non significa che avrebbe vinto sicuramente, come non è certo neanche quest’anno. E dopo averlo già perso l’anno passato, contro Martin e la Pramac, sarebbe stato troppo. Errare è umano, perseverare, diabolico!

 

Articoli che potrebbero interessarti

 
 
Privacy Policy