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Occhio non vede, cuore non duole. Sono maschi, ma lasciamoli toccarsi

Senza gli occhi onniscenti delle telecamere molti contatti passavano inosservati o affioravano dai rullini da 36 pose quando gli scazzi erano sedati da un paio di birre. Freddie Spencer, che beveva solo Dr Pepper lo ricorda bene

Occhio non vede, cuore non duole. Sono maschi, ma lasciamoli toccarsi

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Maledetta TV, è tutta colpa tua! O meglio è colpa delle telecamere che, ormai piazzate dappertutto, sono come tanti occhi di voyeur, affamati di immagini scabrose trasmesse live.

Ormai non ci sfugge nulla: una toccatina carena contro carena, un gesto della mano, un vaffanculo gridato di cuore dentro il casco. Non siamo in sella col loro, ma li spiamo in ogni mossa. La maggior parte di noi dal divano, ma alcuni, guardoni di professione, con molti schermi davanti ed il potere di giudicare, si affannano a spaccare il capello in quattro.

Sono gli onanisti dello Steward panel che a colpi di doppio giro lungo o restituzione della posizione pensano di regolare i bollenti ardori di giovani con livello di testosterone oltre i limiti di guardia.

Inutile dire che è un esercizio futile. Il motociclismo non è uno sport di contatto come il pugilato o la lotta ma si corre separati da pochi centimetri e chiunque abbia un minimo di dimestichezza con le due ruote e abbia avuto accesso ai box può raccontare di piloti rientrati con le carenature o addirittura le tute segnate.

Certo, c’è un limite al limite: se ti tocco e provoco la tua caduta devo essere sanzionato, se ti sfioro e ti sposto non sempre è il caso di intervenire. Anche perché spesso c’è concorso di colpa: se chi sta per essere superato perché ha lasciato un varco non cede, il contatto è inevitabile.

Freddie Spencer, che presiede il Panel, lo sa bene: nel 1983, in Svezia, ad Anderstorp*, portò largo all’esterno un certo Kenny Roberts e poiché i due erano in lotta per il mondiale, il Marziano allargò finendo sull’erba, che notoriamente offre poco grip in accelerazione. Kenny arrivò secondo e quella posizione gli costò poi il mondiale ad Imola perché la vittoria non gli bastò per recuperare. Perse il titolo per due soli punti. Quella vittoria strappata con un sorpasso poco ortodosso.

Ma era veramente oltre il limite? Fast Freddie la sua manovra se la ricorda bene, e così Kenny. Ne abbiamo parlato assieme anni fa. Durante il giro di rallentamento il californiano fu verbale a gesti con Fast Freddie e quando si tolse il casco era nero.

Mi disse, allora: “ho capito che questo ragazzo è disposto a rischiare la vita per un sorpasso”. Già, la vita. Erano altri tempi. Curve con poche vie di fuga, balle di paglia, tute e a volte, ahimè, caschi di carta velina. Ogni caduta ti segnava e per questo si cadeva molto poco ed i piloti fra di loro avevano uno stretto codice di comportamento. Naturalmente anche allora capitava di sbagliare.

Il fatto era che queste ‘incomprensioni’ rimanevano fra di loro. Nel migliore dei casi qualche giorno dopo arrivava un immagine di un fotografo che si trovava al posto giusto nel momento giusto, ma poiché c’erano i rullini da 36 pose da sviluppare, la foto arrivava quando i bollenti spiriti si erano spenti e i duellanti, davanti a due belle birrozze, si erano già spiegati.

*L'immagine che vedete in copertina, sfuocata ed in bianco e nero, galleggia su Internet da tempo. Freddie e Kenny, entrambi 'lunghi' e sull'erba parlano di un sorpasso senza #tracklimits. Autore sconosciuto

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