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La FIA vara una norma liberticida in F.1: Viegas si dissocia, MotoGP stanne lontana!

Nel passato gli sportivi avevano solo due possibilità di comunicare: giornali e TV. Oggi possono liberamente esprimere le proprie opinioni attraverso i social. La FIA, per quanto riguarda la Formula Uno, però ha introdotto una norma che lo vieta

La FIA vara una norma liberticida in F.1: Viegas si dissocia, MotoGP stanne lontana!

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Carmelo Ezpeleta ha detto recentemente che copia tutto ciò che può dalla F.1. E’ indubbio, infatti, che dopo un periodo di crisi la massima formula dell’automobilismo stia riscontrando un (forse) inatteso successo trainato dall’inaspettata popolarità raggiunta in America, un paese che non la ha mai accolta con grande entusiasmo.

Bisogna però stare attenti, perché non è tutto oro ciò che riluce. Recentemente infatti la FIA, la Federazione Internazionale dell’Auto guidata da Mohammed Ben Sulayem, ha inserito nel Regolamento Sportivo 2023 una nuova norma per cui non si potranno lanciare messaggi sociali senza un’autorizzazione federale.

Ciò significa, in parole povere, la fine della libertà di esprimere le proprie opinioni attraverso una nuova forma di diffusione delle notizie: i social, Facebook, Instagram, Twitter e via discorrendo.

Già perché nel passato gli sportivi avevano solo due possibilità di comunicare: giornali e TV. Oggi, al contrario, sono queste ultime a dover rincorrere l’autopromozione, ma anche, spesso, il dissenso che i protagonisti del nostro sport pubblicano autonomamente.

In pratica è stato aggiunta una nuova norma nel codice FIA, l’articolo 12.2.1 (vale anche per i rally ed il mondiale Endurance) che vieta la pratica di diffondere la propria opinione, su fatti anche non riguardanti lo sport, attraverso i social media.

La decisione giunge sull’onda dell’irritazione del Qatar di fronte ai messaggi veicolati nei Mondiali di calcio in tema di libertà sessuale, diritti umani e dei lavoratori migranti. E guarda caso proprio nel momento in cui il Qatar si appresta a tornare stabilmente in Formula 1 (l’8 ottobre prossimo) dopo l’edizione emergenziale del 2021.  

La FIA ha deciso dunque di censurare alla nascita la libertà di espressione. Ciò che i piloti - che da oggi dovranno pensare a guidare a basta - possono dire o non dire.

Bisogna subito dire una cosa: la FIA ha un potere sull’automobilismo e sulla F.1 che la FIM non ha. O meglio: tutto il potere, o quasi, oggi è nelle mani della Dorna, che in realtà fino a ieri è stata abbastanza protettiva, anche se negli ultimi tempi ha mostrato cenni di apertura.

Carmelo Ezpeleta, però, non ci sembra manager da censure. O almeno, non a censure dirette. Invece quest’ultima politica della FIA sembra mirata espressamente a proibire “la diffusione e l’esibizione di dichiarazioni o commenti politici, religiosi e personali, in particolare in violazione del principio generale di neutralità promosso dalla FIA nel quadro dei suoi statuti”.  

Lo Statuto Federale, del resto, come molti istituti sportivi, abbraccia i valori olimpici di neutralità, ma sappiamo che questi sono solo buone intenzioni, e ce lo hanno confermato i recenti mondiali di calcio in Qatar.

Quanto siano state importanti, al contrario, certe dichiarazioni tutt’altro che apolitiche nell’automobilismo, ce lo ha ricordato Lewis Hamilton: per sostenere le sue azioni la Mercedes ha abbandonato la tradizionale livrea argentea per abbracciare il nero del movimento Black Lives Matter.

I tempi sono cambiati, molto, dalla protesta del 16 ottobre 1968, nello stadio Olimpico di Città del Messico. Lì  infatti i velocisti statunitensi Tommie Smith e John Carlos arrivarono primo e terzo nella finale dei 200 metri piani alle Olimpiadi. Dopo essere saliti sul podio per la premiazione Smith e Carlos ricevettero le medaglie, si girarono verso l’enorme bandiera statunitense appesa sopra gli spalti e aspettarono l’inizio dell’inno. Quando le note di The Star-Spangled Banner risuonarono nello stadio, Smith e Carlos abbassarono la testa e alzarono un pugno chiuso, indossando dei guanti neri. Alla loro protesta si unì discretamente anche l’atleta che arrivò secondo, Norman.

Non c’erano i social, allora. Si poteva solo protestare così. Inutile dire che il terzetto fu ostracizzato, ma rimase unito per tutta la vita tanto che alla morte di Peter Norman, Tommy Smith e John Carlos nel portarono a spalla la bara.

Speriamo che nel prossimo futuro i piloti di F.1, ma anche quelli di motociclismo, siano egualmente compatti nel difendere il diritto ad esprimere liberamente le proprie opinioni. Perché copiare le buone idee è sacrosanto, ma tenersi lontano da quelle cattive è imperativo.

Una rassicurazione in proposito è subito arrivata dal Presidente FIM, recentementew rieletto, il portoghese Jorge Viegas: "Non abbiamo mai pensato di limitare il diritto di espressione da parte di nessuno e di sicuro non lo faremo finché sarò presidente della FIM". Una bella presa di posizione, che contiamo di ascoltare anche da Carmelo Ezpeleta, anche se giustamente potrebbe dire che decisioni del genere non sono affar suo.

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