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Pernat: Marquez e Rossi, due facce della stessa medaglia

Marquez avrà il match ball a Motegi, come Stoner nel 2007. Casey, Marc e Vale: due generazioni di piloti diverse, una goliardica l'altra pragmatica: è questa la ragione dell'odio

Pernat: Marquez e Rossi, due facce della stessa medaglia

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Mi sembra di tornare indietro nel tempo quando nel 2007 la Ducati vinse il suo primo ed unico mondiale nella storia della MotoGP con il fuoriclasse australiano Casey Stoner. Lo conquistò sulla pista giapponese di Motegi a quattro gran premi della fine del campionato mondiale.

E’ quello che probabilmente succederà con Marc Marquez fra meno di due settimane quando si tornerà nella stessa pista giapponese e mancheranno sempre quattro Gran Premi alla conclusione.
Due straordinari piloti l'Australiano e lo spagnolo, molto simili nel modo di far volare le motociclette, ma sopratutto molto simili per la forza mentale e per la voglia di voler sempre migliorare e di non accontentarsi mai di ciò che si è raggiunto.

Marc Marquez è uguale e contrario al Valentino Rossi di 13 anni fa,  quando l'italiano, oltre ad essere un talento, usava la testa per trapanare quella degli avversari conoscendo perfettamente i punti deboli dove intervenire e poi ti sorrideva in modo strafottente come se niente fosse successo. A parte vincere campionati mondiali in serie.

Sono due generazioni di piloti completamente differenti l’una dall’altra: quella di Valentino più umana, forse più goliardica, quella di Marquez sicuramente più tecnologica, più pragmatica e con poco spazio per le gag  che tanto facevano divertire il pubblico del mondo intero.

Questa è la ragione vera per cui i due fenomeni generazionali si odiano non troppo cordialmente. Sopratutto da parte di Valentino che non sopporta le prese in giro fatte in un modo a lui sconosciuto, penso alla Malesia 2015 quando gli fece perdere il decimo titolo come se niente fosse successo.

Marc ti sorride sempre e comunque  anche quando sa di averla fatta grossa e mai e poi mai ti dirà di avere sbagliato nel farlo.

Se dovessi scegliere una pellicola cinematografica per questi due fenomeni rivedrei “l'uomo che uccise Liberty Valance“ che racchiude la demolizione di un mito sino all'uccisione, in questa occasione per fortuna solo sportiva. Ma il problema vero è che Valentino non si sente ancora vittima designata e se la sua amata Yamaha  si metterà a posto per la prossima stagione ne vedremo delle belle.

Giù il cappello nei confronti di Andrea Dovizioso che una buona parte della gente non considera ancora un grande campione. Non capisco come non si possa dire che Andrea è un quasi fenomeno quando ogni Gran Premio lotta sino all'ultima curva e per ben tre volte ha battuto il fenomeno spagnolo restando l'unico suo vero  avversario per il titolo mondiale.
La scorsa stagione Andrea se lo è giocato sino all'ultima gara di Valencia e ditemi se questo non basta per dargli la patente di fenomeno.

Tutti parlano di una Ducati super competitiva nei confronti delle concorrenti, ed in parte è vero, ma non crediate che la superiorità sia così imbarazzante come si pensi, Andrea ci mette del suo ed è tanta tanta roba.

Che dire di Valentino? quando la moto è sufficientemente a posto, il cuore ed il talento sono sempre quelli di sempre. Speriamo per lui che Yamaha ritorni ad essere la moto che tutti quanti conosciamo e che la Thailandia, con la nuova carcassa Michelin della gomma anteriore abbia aggiustato le cose. Il vero obbiettivo comunque è la prossima stagione perché Valentino a perdere non si è ancora abituato.

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