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Moto2, Vietti: “Un abbraccio di Rossi il ricordo più bello, la VR46 fa la differenza”

INTERVISTA - “Senza il loro aiuto sarebbe stato difficile arrivare nel Mondiale. Il team Ajo? Mi sarebbe piaciuto continuare. Magari è stata una fortuna, ma una realtà come KTM non finirà adesso”

Moto2: Vietti: “Un abbraccio di Rossi il ricordo più bello, la VR46 fa la differenza”

Il 2025 sarà un anno importante per Celestino Vietti, pronto a tornare alla carica con la Boscoscuro del team SpeedUp, dopo un’annata pesantemente condizionata dagli infortuni. Tre sono state infatti le fratture alla clavicola rimediate dal piemontese in questa breve avventura sulla Kalex del team Red Bull KTM Ajo. Terminata proprio con un incidente nell’ultimo appuntamento della stagione.

Credo che l’incidente a Barcellona abbia un po’ scombussolato il tuo inverno. Come lo stai vivendo e come va la clavicola?
“Sì, è stata la terza frattura dell’anno alla stessa clavicola, quindi mi sono dovuto fermare un attimo per far guarire tutto per bene. Adesso sto recuperando. Sto iniziando a rifare tutta la riabilitazione e ci vorrà un po’, però va meglio”.

Questa volta dovrai anche fare da spettatore alla 100 km dei Campioni.
“Sì, purtroppo non posso partecipare e questo mi dispiace perché sarebbe stato bello continuare con la progressione degli ultimi anni, visto che anche lì andavo bene. Per chi tiferò? Ancora non lo so. Vedrò quando sarò lì chi mi comprerà meglio! (ride)”. 

Sei entrato nella VR46 Riders Academy quando eri giovanissimo. Che cosa rappresenta per te?
“È stata sicuramente una possibilità e un’opportunità enorme, che mi ha fatto fare la differenza nel mio percorso, perché mi hanno dato la possibilità di arrivare dal CIV fino al Mondiale. Senza il loro aiuto, non solo a livello di struttura, ma anche di consigli per migliorare nella guida, nell’approccio alle gare e in tutto quanto, sarebbe stato molto difficile”.

C’è un momento, o un ricordo, di tutti questi anni a cui sei particolarmente legato?
“Uno dei più belli che ho è sicuramente il mio primo podio in Moto3. La prima volta che Valentino, felice, mi ha abbracciato per un risultato che avevo fatto. È stata una cosa bellissima per me. Un sogno”.

Com’è poter contare sull’aiuto di Rossi?
“Per noi, soprattutto in questo ambiente, è una cosa un po’ ‘fantascientifica’. Nel senso che pensare di poter fare delle domande a Vale e potergli parlare a tu per tu delle moto e di ciò che faccio è una sensazione inspiegabile, perché è il mio idolo da quando ero piccolo. Questo negli anni si sta un po’ normalizzando, perché ci sto facendo l’abitudine. Però è sempre un’emozione fortissima e un privilegio poter parlare con lui di moto e non solo”.

Questo è il periodo in cui per tradizione si riflette sull’anno appena concluso e su quello che stiamo iniziando. Com’è il bilancio del tuo 2024 e quali sono i buoni propositi per la prossima stagione?
“Dal punto di vista della velocità sono contento di questo 2024, perché quando abbiamo sistemato un po’ i piccoli intoppi di inizio anno, siamo riusciti a essere competitivi. Purtroppo però mi è mancata un po’ di presenza, perché mi sono fatto male moltissime volte e ho saltato tante gare. Diciamo che sono molto contento per quanto riguarda la velocità e le prestazioni, ma avrei dovuto cercare di essere un po’ più sulla moto. La prima volta che mi sono infortunato a Jerez è stato un errore. Ci sta, può capitare. Poi però c’è stata anche una serie di sfortune, che non mi ha certo dato una mano. Quest’anno sarà importante essere ancora più precisi e non lasciare niente al caso, per non trovarsi in situazioni scomode”.

Cambierai team per la terza volta in altrettanti anni. Oltre agli infortuni, quanto pensi abbia inciso il fatto di non avere continuità sulle tue possibilità di lottare per il titolo?
“Mah. Quest’anno mi sono forse dovuto adattare un po’ all’inizio, ma in realtà mi sono trovato molto bene nel team Ajo, e penso e spero sarà lo stesso anche con SpeedUp. Non sempre è un punto a sfavore, perché ci vuole un pochino per adattarsi, ma nei test abbiamo tempo per farlo. E in alcuni casi può essere che nella nuova squadra ti trovi ugualmente bene, o anche meglio. Quindi, non penso mi abbia influenzato più di tanto”.

Come sarà tornare in una squadra italiana dopo un anno nel team Ajo?
“Sarà bello. Comunque quest’anno ho capito che ci si può trovare bene davvero dappertutto. All’inizio ero un po’ preoccupato per le culture diverse e per il fatto di dover sempre parlare in inglese. Però, in realtà è solo questione di abitudine e mi è anche piaciuto tanto il fatto di cambiare modo di lavorare. Tornare in un team italiano sarà sicuramente un po’ più facile e conosco già alcune persone. Quindi, sarà divertente vedere com’è”.

L’obiettivo sarà puntare al titolo e allo sbarco in MotoGP?
“Diciamo che è da almeno un anno che ci provo, per non dire da sempre. Però questo è sicuramente un anno in cui vorrei fare bene e concretizzare il più possibile”.

A Misano hai detto che quello del 2024 era il miglior Vietti dal tuo ingresso in Moto2. Quanto e in cosa sei cresciuto rispetto ad allora?
“Penso di aver migliorato la mia versatilità su tutti i circuiti: mi adatto di più alle situazioni e riesco ad essere più competitivo in generale. E poi mi è sembrato di avere un po’ più consapevolezza. Sono un po’ più sicuro e questo mi fa ottenere qualcosa in più anche a livello di risultati, perché tendo a essere più tranquillo, anche mentalmente, e a gestire meglio le situazioni”.

Aki Ajo è stata una figura fondamentale nel percorso di Acosta. Tu come ti sei trovato con lui? Ti ha ha insegnato qualcosa quest’anno?
“Assolutamente. Sinceramente, prima di entrare in squadra pensavo che fosse tutt’altro: un po’ più bruto, cupo, e sempre un po’ arrabbiato. In realtà è veramente una bella persona e ti sprona in un modo tale da riuscire a farti tirare fuori il massimo. Riesce a motivarti e a dirti la cosa giusta al momento giusto, per farti dare quel qualcosa in più quando entri in pista. È molto bravo a porsi: non tutti sono capaci di spiegare a parole ciò che pensano o di prenderti nel modo giusto, mentre lui cerca di parlarti nel modo in cui ti può arrivare meglio. Ti mantiene sereno e quando c’è da darti una strigliata te la dà, ma sempre in maniera positiva. Perché comunque lui crede in te. È molto bello”.

Ti resta un po’ di rammarico per aver interrotto il vostro percorso insieme dopo un solo anno?
“Sicuramente, ma in questo mondo purtroppo è così: è una ruota che gira sempre e molte volte non va come speravi o come pensavi. Sono molto contento perché qualcosa comunque me l’ha dato, però un po’ mi dispiace perché è un team super competitivo, con cui mi avrebbe fatto piacere continuare”.

Visto ciò che sta succedendo in KTM, forse alla fine è stata una fortuna per te. 
“Forse sì. Alla fine, non sai mai come va. Magari lo è stata, però penso che una realtà come quella di KTM non finirà adesso”.

C’è mai stata qualche avvisaglia nel box? 
“No, no. Nessuna”. 

Che rapporto hai invece con tuo fratello Doriano? Quanto è stato importante per il tuo percorso?
“Quando ho iniziato, lui era quello grande che andava in moto, quindi ho sempre cercato di copiare quello che faceva e di farlo meglio. È sempre stato un po’ il mio primo avversario, il mio primo spunto e la mia prima motivazione a fare qualcosa in più. Che si trattasse di moto, di bici, o con gli sci, siamo sempre stati un po’ in gara tra noi, ma ognuno ha sempre elogiato quello che faceva l’altro. Siamo sempre andati d’accordo come due fratelli normali, quindi pochissimo (ride). Quando stava crescendo si è infortunato e si è dovuto fermare per un po’, mentre io sono andato avanti. Poi lui ha ripreso e adesso sta facendo un bel percorso, secondo me. Se sarò a casa, quest’anno andrò volentieri a seguirlo al CIV”. 

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