La Design Week di Milano è stata occasione anche per diversi costruttori di auto e moto di mostrare le proprie novità. Una di queste è stata disegnata ad hoc per un pubblico selezionato ed esclusivo dalla magica combo Ducati-Lamborghini. In occasione della presentazione ufficiale, noi di GPOne, abbiamo avuto modo di fare quattro chiacchiere con l'amministratore delegato della Casa di Borgo Panigale Claudio Domenicali che ci ha parlato del nuovo gioiello, di corse e delle criticità che il momento storico attuale sta proponendo, a partire dai dazi e dalle crisi del mercato globale.
“La nostra presenza qui sarebbe stata importante anche senza certe problematiche, ma a maggior ragione adesso lo è ancora di più, a dimostrazione che qualunque sia la situazione macroeconomica, le aziende che creano prodotti belli, attraenti, sofisticati e di qualità, possono comunque ricavarsi un loro spazio. Per quanto riguarda Ducati è la prova che non solo sa fare belle moto, ma che è capace di alzare in continuazione il livello e di creare pezzi unici”.
A chi si rivolge la Ducati V4 Panigale Lamborghini?
“Il nostro cliente tipo è abbastanza chiaro avendo già collaborato con Lamborghini, prima per una Diavel e poi per una Streetfighter, come pure con Bentley. Sono tutti appassionati e competenti, di conseguenza capaci di apprezzare differenze e qualità come la leggerezza. In questo caso specifico il target è alto, quindi si parla di collezionisti e multiproprietari, con un garage da cinque/dieci moto, italiani come stranieri. Abbiamo infatti inglesi, tedeschi, francesi, americani, australiani. Diciamo che oggi il marchio ha una riconoscibilità straordinaria come mai prima. Sicuramente le corse ci hanno dato un boost pazzesco, ma anche collaborazioni come queste. Chi acquista sa che entrare in possesso di un pezzo del genere significa fare un investimento, in quanto c’è una rivalutazione importante nel tempo essendo molto limitate nel numero e dunque piuttosto richieste”.
Dopo momenti di difficoltà adesso Ducati domina nelle competizioni, qual è stata la ricetta che ha portato alla rinascita?
“Nelle gare ci sono dei cicli. Non c’è un elemento unico a fare la differenza, ma una ricetta che però è segreta e che teniamo in cassaforte come quella di una nota bevanda rossa con la scritta bianca. Va detto che sì, effettivamente, abbiamo avuto momenti meno buoni, ma nel complesso Ducati si è sempre distinta. Negli anni '90 in SBK ha inanellato vittorie straordinarie, in MotoGP al debutto in gara è andata a podio, è giunta prima nel sesto appuntamento stagionale e si è affermata vincitrice del titolo nel 2007 quando erano trascorsi appena quattro anni dal debutto. Successivamente ci sono state delle criticità, ma è normale. Poi c’erano piloti molto forti in altre marche e forse il ciclo tecnico non è stato particolarmente azzeccato. Da lì siamo ripartiti, abbiamo rifondato la struttura e dato fiducia alle nuove persone, anche se molte di quelle che stanno facendo la differenza erano già presenti dieci anni fa. Probabilmente ha aiutato una guida molto chiara dettata da Gigi dall’Igna, il quale ha saputo valorizzare nel modo migliore gli elementi interni all’azienda e fare suo l’approccio scientifico del costruttore, meno basato sull’intuito e l’approssimazione, ma molto sul calcolo e l’analisi. Un atteggiamento che consente di capire le ragioni per cui le moto hanno certe prestazioni e di riprodurle sul prodotto di serie che per noi è cruciale”.
Cosa replica a chi sostiene che la MotoGP di adesso è un monomarca Ducati?
“Lo ascolto, ma credo che le regole siano uguali per tutti. Noi forniamo moto dalle elevate prestazioni a team diversi ed è anche per questo che si assiste a corse combattute e interessanti per lo spettatore. Aggiungo che per un decennio abbiamo vissuto la supremazia dei marchi giapponesi, quindi, qualora si presentasse un decennio buono per un costruttore europeo credo non ci sarebbe nulla di male".
La preoccupa la convivenza Bagnaia–Marquez?
“Più che mi preoccupa, ritengo debba essere osservata con attenzione che, è poi quello che il team sta facendo. Personalmente sono molto contento di come la squadra ha lavorato in sinergia nei primi tre round. Per Pecco non è stato certamente facile, perché Marc, appena arrivato, è riuscito subito ad entrare in sintonia con la GP25 e in più ha avuto una fase finale di test invernali meno travagliata della sua. Non è riuscito a trovare immediatamente la fiducia sperata, ma è un grande campione e abbiamo visto che quando si presenta l’occasione come ad Austin, lui si fa trovare pronto per dare la zampata. Dopotutto è l’unico che è riuscito a battere lo spagnolo in questo campionato, per cui bene. Credo ci sia un buon equilibro. Detto ciò stiamo parlando di due piloti top che vogliono vincere e di conseguenza saranno da tenere d’occhio”.
In Qatar rientrerà Martin, che in molti danno già fuori dai giochi per il titolo. Lei, invece, cosa pensa sarà in grado di fare?
“A mio avviso Jorge potrà vincere delle gare e anche molte quest’anno perché oltre ad essere il campione del mondo, è uno dei piloti più forti in griglia e vanta una determinazione straordinaria. Sicuramente però, saltare tutte le prove invernali oltre ai GP, è un handicap di peso, senza considerare le difficoltà legate ai postumi di due incidenti ravvicinati non semplici da affrontare su moto tanto stressanti dal punto di vista fisico come quelle attuali. Ritengo dunque che per qualche corsa dovrà recuperare, ma poi, da metà campionato in avanti sarà tra i costanti pretendenti alla vittoria”.
Quanto brucia averlo perso da campione in carica?
“Brucia no, perché è stata una nostra scelta, però dispiace non tanto per il titolo conquistato, quanto per il rapporto buono che abbiamo avuto con lui e che tutt’ora abbiamo. Jorge è estremamente veloce ed era un grandissimo ducatista essendo cresciuto con noi, di conseguenza la decisione è stata complessa anche sotto il profilo emotivo. Come marchio amiamo affezionarci e legarci ai piloti, però è importante far prevalere la razionalità. In questo caso abbiamo optato per Marquez da affiancare a Bagnaia, che siamo ben contenti di aver confermato, in quanto convinti potesse avere un extra potenziale e le prime gare ci hanno dato ragione”.
In SBK Bulega ha fatto un deciso passo avanti rispetto al 2024, pensa dunque che potrà giocarsi effettivamente il Mondiale o l’esperienza di Toprak avrà la meglio?
"Nicolò è al suo secondo campionato tra le derivate di serie, per cui non sarà esperto come Razgatlioglu, però non è nemmeno più un debuttante. Ha fatto due gare straordinarie, in particolare in Australia ha dominato dall’inizio alla fine, mentre a Portimao se l’è giocata con la BMW sul filo dei millesimi, quindi credo che sia in possesso di tutte le carte utili per dire la sua fino alla fine”.
Sicuramente il Nicolò di oggi è più combattivo di quello visto la scorsa stagione. E’ dovuto solo al fatto che ora conoscere maggiormente la moto e la serie?
“Come sempre è un mix di cose. Ha sicuramente più fiducia nella sua V4 R, ma anche lui si sente meglio ed è più maturo. Ha capito che questa potrebbe essere la sua occasione e se la sta giocando al meglio”.
Un’ultima parola su Bautista. E’ un campione sulla via del tramonto o presto lo rivedremo competitivo?
“Di certo non è l’Alvaro che conoscevamo, tuttavia è presto per dire che sia sul viale del tramonto. Per età anagrafica è innegabile che sia nella parte finale della carriera, allo stesso tempo, però, è ancora molto in forma dal punto di vista sportivo. Agli atleti ogni tanto manca un po’ di fiducia e lui ha proprio bisogno di quel mezzo clic in più che potrebbe concretizzarsi già dalla prossima gara”.
Il nervosismo per un regolamento penalizzante, può avergli fatto perdere un po’ la concentrazione necessaria?
“Sicuramente è stata una discontinuità che non ha aiutato trattandosi di una penalizzazione specifica nei suoi confronti. Detto ciò penso che quello che manchi sia proprio quel mezzo clic da parte sua che ritengo possa compensare”.





