Costa: dobbiamo accettare la fatalità

"McIntyre, come Simoncelli, continua a vivere nel cuore di chi lo ama"


Claudio Costa in 40 anni di carriera come medico e angelo custode dei piloti nel Montomondiale e nella Superbike si è trovato molte volte di fronte alla tragedia della morte di un pilota. Momenti in cui questo sport rivela il suo lato peggiore e si cerca di dare una risposta a domande che non ne hanno. A quattro mesi dalla scomparsa di Marco Simoncelli, venerdì notte è stato Oscar McIntyre a perdere la vita mentre stava facendo quello che più amava, correre e cercare di vincere in moto.

Quando un ragazzo così giovane muore si sente un estremo dolore – sono le parole commosse di chi ha dedicato la vita alle corse – è una cosa che ci fa riflettere, che spezza quell’illusione che le gare possano non essere pericolose. In questi momenti dobbiamo accettare qualcosa che di solito cerchiamo di evitare. La prima reazione è di cercare un causa, incolpare qualcuno e qualcosa, per riuscire a sconfiggere la paura nella fatalità. E’ un comportamento normale per chi è mortale come noi. La famiglia di Simoncelli ci ha dimostrato come invece si possa accettare anche la fatalità”.

E’ difficile trovare una forma di conforto quando una giovane vita si spezza e il dottor Costa non lo nasconde: “ci aggrappiamo al fatto che questi ragazzi sono morti facendo quello che più piaceva loro, ma questo pensiero non può consolarci del tutto. Se c’è una consolazione è di natura metafisica, come Marco, Oscar si è spento inseguendo un sogno e questa passione è il pane degli dei. Penso che ci sia qualcosa, oltre la morte e il paradiso, una sorta di luogo che loro adesso hanno raggiunto. Simoncelli vive ancora nel cuore di tante persone e così sarà anche per McIntyre,  chi muore inseguendo un sogno conquista la sua vittoria più grande, quella che mostra tutta l’autenticità della vita”.

Anche se con due dinamiche completamente diverse, i due piloti, come era già successo a Shoya Tomizawa, sono morti a causa dell’impatto con le moto di altri concorrenti: “per la sicurezza dei circuiti si è fatto e si sta facendo ancora molto – sottolinea il creatore della clinica mobile -  ma quando un pilota viene investito purtroppo spesso la gravità delle ferite è tale da essergli fatale. E’ quasi impossibile migliorare questo aspetto della sicurezza, a quelle velocità con i piloti uno in scia all’altro il pericolo ci sarà sempre, anche se si può ancora cercare di ridurlo. Incidenti del genere potranno sempre capitare, possiamo solo sperare che succedano il meno possibile”.

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