In MotoGP, dal punto di vista finanziario, il piatto piange, come dimostra il GP d’Austria al Red Bull Ring che ad onta del nome del tracciato non ha un title sponsor.
E’ vero: un circuito che si chiama Red Bull Ring è abbastanza difficile da sponsorizzare, come sa bene NEROGIARDINI che è stato title sponsor nel biennio 2016-2017, ma anche in seguito i nomi apparsi non erano conosciutissimi.
EYETIME (2018), My World (2019), breve apparizione di BMW M (2020), che è presente nel campionato dal 1999, di nuovo My WORLD (2020) nel secondo GP nell’anno del Covid, quindi BITCI (2021) e nello stesso anno nel secondo GP MICHELIN, fino alla discussa CryptoDATA (2022-2023).
Vedere un Gran Premio senza un nome di appoggio finanziario non è normale, ma un chiaro segno probabilmente della difficoltà di vendere la MotoGP in questo momento.
Lo spettacolo c’è, e su questo non ci sono dubbi, sui protagonisti bisogna lavorare dopo l’uscita di Valentino Rossi. Nel periodo d’oro del numero 46 a tirare era il dualismo: Rossi contro Biaggi, Rossi contro Stoner, Rossi contro Lorenzo, Rossi contro Marquez. E qui ci fermiamo, perché dopo i fatti del 2015, su cui ancora si ricama e, l’incidente di Marc nel 2020 a cui si aggiunse il dramma del Covid, abbiamo assistito alla crescita di tanti giovani piloti, ma pochi hanno sfondato dal punto di vista mediatico. E se lo spettacolo è sempre stato altamente soddisfacente, non si può dire altrettanto della penetrazione del brand massima espressione della competizione motociclistica.
Per questo il ritorno di Marc Marquez per la Dorna è stato una manna: nessuno come il pilota di Cervera è stato capace di dividere le folle, fra chi lo ama e chi semplicemente lo odia.
Per rivitalizzare la sua carriera Marquez ha fatto un enorme sacrificio, dal punto di vista finanziario, e non solo perché ha dovuto rinunciare all’ultimo, lucrosissimo, contratto con la Honda (si parla di 20 milioni a stagione). Il passaggio in Ducati Lenovo ha infatti significato per lui dire addio anche a molti dei suoi storici sponsor.
RED BULL è il primo (Ducati ha Monster), ma anche Oakley (occhiali), Samsung (elettronica), Alliance (assicurazioni) per conflitto con attuali finanziatori della casa di Borgo Panigale che - per inciso - è l’unica che esprime un team che ha un problema di sponsor…al contrario: non sa dove metterli.
A Zeltweg è infatti affiorata alla superficie del paddock che Estrella Galicia, fondata nel 1906 da Jose Maria Riveira, sta parlando con Ducati proprio per una sponsorizzazione.
Radio paddock ha diffuso una voce, risultata poi, ad oggi, infondata, che la birra Galiziana avrebbe sostituito sulla Desmosedici lo sponsor Monster, lasciando liberi i due piloti di ‘vestire’, rispettivamente, il logo verde e quello giallo blu, sui caschi. La quadratura del cerchio.
In realtà Monster ha in essere un contratto pluriennale con Ducati ed è la rivale diretta di Red Bull fra i cosiddetti energy drink. E se la seconda è da 18 anni con Marquez, la bevanda americana ha fra i suoi testimonial Lewis Hamilton.
Monster è partecipata al 17% da Coca-Cola e fra le due società c’è stato uno scambio di marchi: le bevande energetiche di Coca-Cola (NOS, Full Throttle, Burn, Mother and Play) sono passate al gruppo Hansen, proprietario del marchio, che a sua volta, ha trasferito a Coca-Cola le proprie bibite Peace tea and Hubert's lemonade. In pratica si sono divisi i mercati.
Il marchio dei tre artigli, che raffigura la lettera Monster, è praticamente un graffio creato da un mostro ed il nome della bevanda è creato con un lettering luciferino, il Bank Gothic. Una roba da far impallidire il toro rampante della Red Bull, tanto che negli USA si era parlato che i tre graffi raffigurerebbero tre ‘vav’, ovvero il numero 6 in ebraico. Insomma, il classico 666: il numero di Satana. E tanto è bastato per tacciare la bevanda di essere demoniaca.
Detto questo sembra più che probabile che Monster rimarrà dov’è, ma al momento Ducati sta analizzando a fondo i marchi presenti sulla carena per vedere se esiste lo spazio per Estrella Galicia, visto che le due ditte non sono concorrenti, anche se pare difficile trovare i centimetri necessari per la birra Galiziana abituata a posizionamenti leader.