17 anni e 166 giorni: per un solo giorno, Pedro Acosta non è riuscito ad eguagliare il record di Loris Capirossi di più giovane pilota a vincere un titolo iridato nella storia del Motomondiale, ma il Tiburón di Mazarrón è stato il primo, proprio da Capirossi, a vincere un Mondiale da rookie. Lo ha fatto sfoderando un atteggiamento da campione, rimontando dalla 14^ posizione della griglia e vincendo una gara pazza, come sempre accade in Moto3. Solo dopo la bandiera a scacchi Acosta ha svelato il suo lato più nascosto, lasciando andare le lacrime per un successo sofferto nelle ultime settimane ma ampiamente meritato come dimostrano le sei vittorie ottenute nel corso di questa annata indimenticabile per il pilota classe 2004, da oggi anche Campione del Mondo.
“Mi sento veramente bene, alla fine, ieri avevamo il ritmo ma ci siamo ritrovati in 14° posizione. Abbiamo cercato di risalire il più velocemente possibile per poi vedere cosa sarebbe potuto succedere. Oggi eravamo tutti aggressivi, io ho provato a restare nelle prime 3-4 posizioni per potermela giocare alla fine. Non so cosa sia successo dietro di me, io ho solo cercato di spingere. Ieri Martin mi ha detto di provare a vincere il titolo comportandomi da campione. L’unica strategia oggi è stata quella di spingere – ha detto Acosta in conferenza stampa parlando della gara di oggi - Ho cercato di restare un po’ nell’ombra per non pensare troppo al campionato e per giocarmela poi all’ultimo giro. Ho iniziato a vedere molte Honda attorno a me e mi sono detto di spingere per andare là davanti. Questa gara non è stata pericolosa ma tutti sono stati un po’ sopra le righe sin dal primo giro, è stata difficile da gestire proprio per questo motivo, ma ne eravamo consapevoli sin dal venerdì mattina. In squadra non avevamo elaborato una strategia, Jaume lotta per il terzo posto in campionato, io mi stavo giocando il titolo. Ognuno ha il proprio obiettivo, l’unica strategia era quella di rispettarsi a vicenda e penso che ci siamo riusciti”.
È stata una stagione incredibile nella quale ci sono state tante grandi gare e sei riuscito a fare una cosa che nessuno era riuscito a ottenere dal 1990 con Loris Capirossi campione del Mondo da rookie. Come ti senti?
“Mi sento alla grande. Ho pianto per tutto l’ultimo giro e al backdrop, pensavo a cosa ho passato nell’ultimo anno. Meno di un anno fa sono rimasto senza squadra e avevo perso la possibilità di venire qua. Aki e la Red Bull KTM Ajo non mi hanno messo a disposizione una squadra, mi hanno regalato una famiglia, non ho vinto da solo questo Mondiale, senza la squadra non sono nessuno. Questi ragazzi hanno sempre creduto in me, come quando sono caduto 4 volte a Le Mans o quando mi sono ritrovato 25° a Silverstone, lo hanno sempre fatto. Non hanno mai perso il sorriso. Ecco perché dico di non aver vinto questo titolo da solo, lo abbiamo vinto insieme”.
Hai avuto una grande partenza e altri ottimi risultati, la vittoria in Stiria e poi una serie di gare complicate tra cui lo zero di Aragón. Come hai mantenuto questa forza mentale che nelle ultime gare ti ha permesso di contrattaccare ottenendo un podio e poi, oggi, la vittoria?
“Ho dovuto credere in me stesso, altrimenti chi lo avrebbe fatto? A metà stagione ho sentito molte voci su di me, alcuni dicevano che stavo iniziando a perdere punti. Da fuori non si può vedere o capire quello che succede all’interno, ricordo gare come Silverstone o Aragón nelle quali terminavo con dolori alla schiena. Non è stato semplice continuare a lottare come abbiamo fatto all’inizio, per questo per fare punti abbiamo dovuto iniziare a prenderci meno rischi. Da Misano-2 a Portimao abbiamo cambiato qualcosa e abbiamo ricominciato ad essere competitivi, dovevamo solamente continuare a lavorare e a fare così”.
“Del record non mi importa nulla, alla fine sono comunque campione del Mondo. Questo l’anno dove ho imparato di più”
Sei consapevole di aver perso il record di più giovane campione del Mondo per un giorno a vantaggio di Capirossi? Che significato ha per te aver ottenuto un tale traguardo? Quest’anno sei anche cresciuto di qualche centimetro, quanto questa cosa ha influito sulla tua guida e quanto è stato difficile gestire questa cosa mentalmente?
“Sul record, non penso a nulla, sono ere differenti, alla fine sono comunque campione. Sarebbe stato difficile batterlo comunque. Riguardo i centimetri in più, ho ancora qualche dolore alla schiena, quando sei lì a giocartela e nel finale inizi ad avere dei dolori, non spingi, oppure il cervello non ti dà quel 10% in più che hai quando sei al meglio delle condizioni. Questi 2-3 centimetri in più che ho rispetto all’inizio della stagione non mi hanno aiutato molto, peso ancora 58 chili alla fine, la mia corporatura è questa. Comunque, è stata una stagione difficile sotto tutti i punti di vista. Nelle occasioni in cui non ho vinto ho imparato dagli altri, penso che questo sia stato l’anno in cui ho imparato maggiormente tra gli anni in cui ho corso, questa stagione in cui ho avuto alti e bassi mi renderà più completo per il futuro”.
Secondo te qual è stata la gara più importante di questa stagione?
“Penso la prima di Portimao, perché ho vinto lottando fino all’ultimo metro senza fare troppi errori. Naturalmente la più spettacolare è stata Qatar-2, ma quella è stata un sogno. Da Portimao-1 abbiamo iniziato a mantenere un nostro metodo di lavoro per essere competitivi in ogni situazione e in ogni pista. Poi è normale non vincere ovunque o non essere competitivi al 100% su tutte le piste”.
Questa giornata è come te l’eri sognata?
“Come dicevo, con il cambio che abbiamo fatto da Misano a qua mi sono sentito più a mio agio, siamo riusciti a recuperare quel feeling in frenata che avevamo perso a un certo punto della stagione. Sapevo che se c’era un circuito dove potercela fare, era questo. So che ieri non siamo andati come ci aspettavamo, abbiamo lavorato sul passo gara e oggi è andata bene, siamo risaliti da dietro, eravamo lì, eravamo forti. Non mi sarei potuto immaginare una giornata migliore”.
“Alla fine ho solo pianto, sono un po’ sotto shock. Ajo ha avuto fiducia in me sin dal momento in cui sono salito in moto la prima volta”
Cosa ti sta passando per la testa e come è stato il giro d’onore?
“Non ho pensato a nulla, ho solo pianto. Anche in questo momento non sento niente e sono un po’ sotto shock. Nel corso dell’ultimo giro ho tirato fuori tutto e ho pensato un po’ a quello che ho passato in questo ultimo anno. Meno di un anno fa sono rimasto senza squadra, questo la gente non lo sa. Aki e la Red Bull KTM non mi hanno messo a disposizione una squadra, mi hanno dato una famiglia. Hanno avuto fiducia in me sin dal momento in cui sono salito sulla moto la prima volta. Hanno avuto fiducia in me quando vincevo e quando le cose non sono andate bene e non hanno perso il sorriso ecco perché questo campionato non l’ho vinto solo io ma l’ho vinto con la squadra, perché senza di loro non sarei stato nessuno. Sono tante le persone che hanno vinto, tutto il gruppo che mi circonda e che mi permette di dare qualcosa in più e di non perdere la concentrazione”.
A chi dedichi questo titolo?
“Lo dedico a tutta la squadra, al mio gruppo di persone, alla mia famiglia, ai miei due-tre migliori amici, al mio gruppo della Rookies Cup, al team che l’anno scorso avevo al CEV, perché alla fine tutti mi hanno aiutato ad arrivare qua, senza di loro non sarei sicuramente qui. È per loro, per tutti coloro che hanno creduto in me nei miei momenti più difficili, e non sono stati pochi. Quest’anno ha visto alti e bassi, c’è stato un momento nel quale ho avuto problemi alla spalla. Adesso dovrò riposarmi, ci sarà Valencia e poi pensiamo al 2022”.
“Quest’anno tanti bei momenti, ma anche tante difficoltà. Sono cresciuto moltissimo”.
Come hai superato i momenti difficili – come la caduta di Assen o quella di Austin - e cosa ti hanno insegnato?
“Ci sono stati molti bei momenti quest’anno, ma anche tante difficoltà. Non è stata solo una questione di cadute o di altro, quest’anno sono cresciuto e ciò mi ha dato dei problemi fisici. Ho passato la notte in ospedale ad Assen (dopo la caduta in FP3, ndr), ma ci sentivamo forti. La caduta di Austin è stata pesante, ma mi sono rialzato subito. Alla fine le cose passano talmente velocemente che non ce ne rendiamo conto. È stato l’anno da cui ho ottenuto di più, come persona sono cresciuto moltissimo, ma credo che mi abbia dato di più fare uno step a livello mentale e concentrarmi sul mio lavoro. Per questo oggi sto ringraziando la squadra così tanto, loro non hanno mai perso il sorriso, alla fine è stata tutta una serie di cose”.
“Il boom intorno a me come quello di Alonso al suo arrivo in F1. Non sono differente dagli altri, il 2021 l’anno che mi ha ripagato di tutti i sacrifici”.
Il Pedro che abbiamo visto in Qatar è diverso dal Pedro che abbiamo visto laurearsi oggi campione del Mondo: come hai assimilato questa crescita di quest’anno e cosa ti aspetti dalla Moto2?
“Non ho dovuto assimilare tanto, perché è stata talmente grossa che non ci sono riuscito. Il boom che si è generato intorno a me credo che nessuno potesse ipotizzarlo. È stato come quando Alonso è arrivato in Formula 1. È stato necessario allontanarsi da tutto ciò e fare l’unica cosa che sapevamo fare. Sono cresciuto tanto come persona, perché ho avuto la fortuna di avere attorno a me, sin da piccolo, persone che mi hanno detto le cose in maniera chiara e che mi hanno fatto notare quando le facevo male. E poi mi sono visto qui, alla mia età, a correre con persone più grandi di me e con più esperienza. Credo che, cose come stare fuori casa tutto l’inverno restando dal mio allenatore Paco (Mármol, ndr), mi abbiano aiutato a fare questo step. Dalla Moto2 non mi aspetto nulla, chiaramente ho molta voglia di fare i test”.
Cosa ti rende tanto più speciale rispetto ad altri giovani talenti? Ad aprile Márquez aveva detto che sei speciale, qual è il fattore che ti rende così differente?
“Non credo di essere differente, ognuno ha il proprio metodo di allenamento o delle determinate persone attorno a sé. Una delle cose che mi hanno aiutato a crescere quest’anno è stata la gente che mi ha tenuto con i piedi per terra. Chi doveva dirmi le cose come stavano lo ha fatto. Avere qualcuno come Paco, che mi tratta come un figlio da quando ho cinque anni, che è con me tutti i giorni e mi sprona in ogni allenamento. Le cose non sempre possono essere sempre rose e fiori. Questo è stato l’anno che mi ha dato di più dal punto di vista personale e sportivo, ma è stato anche l’anno che mi ha fatto più danni e mi ha ripagato di tutto. Sono stato ripagato per le gare di Assen e di Austin, per la fatica fatta in allenamento dove a volte finivo vomitando. Quest’anno mi ha ripagato di tutto, la chiave è stata avere qualcuno al fianco che mi ha detto le cose in maniera chiara, nel bene e nel male”.