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SBK, Rea: “Non sono nella stessa situazione di Marc Marquez, ma lo capisco”

“L’avvio con Yamaha è stato difficile, ma non so se avere al mio fianco il mio vecchio capotecnico sarebbe stato un vantaggio. Forse in termini di comunicazione, ma non di comprensione della moto”

SBK: Rea: “Non sono nella stessa situazione di Marc Marquez, ma lo capisco”

L’avventura in Yamaha non è cominciata nel migliore dei modi per Jonathan Rea, che dopo le prime sei manche di campionato vanta un risicato bottino di appena otto punti. A risollevare il morale e le sorti della stagione del Cannibale potrebbe però essere la “Cattedrale della Velocità” di Assen, sede del terzo appuntamento stagionale del Mondiale Superbike. Il luogo perfetto per Rea per dare una scossa al suo 2024, considerando che il sei volte iridato è già riuscito ad apporre per 17 volte il suo sigillo sullo storico tracciato olandese. Le cui caratteristiche dovrebbero esaltare la fluidità di guida della R1.

“Mi sento esattamente come vi aspettereste: quello di Assen è un tracciato che mi è familiare, dove ho buone sensazioni e dove so cosa serve per essere veloci, ma dovrò ovviamente capire la Yamaha R1 e il suo potenziale qui. Anche se tutto indica che dovremmo avere un solido weekend ha osservato il nordirlandese alla vigilia del Round olandese. 

Un fine settimana che potrebbe essere provvidenziale, alla luce delle difficoltà incontrate a inizio anno.“Se analizziamo l’avvio di campionato, siamo stati molto sfortunati con i ritmi del calendario, perché ci sono delle ampie pause tra una gara e l’altra e sembra di essere a metà stagione, ma abbiamo affrontato soltanto due weekend di gare, in cui gli pneumatici hanno giocato un ruolo molto importante - ha affermato il pilota Yamaha - A Phillip Island, avevamo una scelta di gomme obbligata e il pit stop nelle gare flag-to-flag, mentre Barcellona è un tracciato dove non abbiamo potuto sfruttare tutto il potenziale della R1, dovendo preservare le gomme. Assen è una pista più convenzionale e mi sarebbe di grande beneficio poter girare sull’asciutto domani, perché è sempre molto complesso girare su un circuito con una nuova moto, facendolo per la prima volta sul bagnato. Le previsioni meteo non sono molto favorevoli, ma la situazione è uguale per tutti. Domani sarà una giornata chiave per trovare il giusto feeling e costruire la fiducia”. 

Pur quanto non avendo dato l’esito sperato, i Round in Australia e in Catalunya sono stati comunque una buona palestra per l’apprendimento e l’adattamento di Rea con la Yamaha.

“È difficile dire esattamente cosa ho imparato perché ci sono diverse cose, comunque si è trattato di familiarizzare con una squadra diversa e di capire come lavorano. Ci vuole tempo e credo davvero che in Yamaha ci siano delle persone ottime e intelligenti, ma per loro è molto difficile capire il modo in cui lavoro e nelle gare precedenti ho trascorso diverso tempo all’interno del box per cercare di spiegare chiaramente loro le mie sensazioni. È qualcosa di nuovo anche per me - ha confessato Rea - Si tratta di un processo graduale e ritengo che questa situazione faccia il paio con alcuni problemi e alcune sfide che abbiamo dovuto fronteggiare, come le cadute a Phillip Island, che hanno reso difficile riuscire a mettere tutto insieme, ma credo che ci arriveremo”.

Dopo tanti anni con Pere Riba, lavorare con Andrew Pitt è stato un grosso cambiamento per il 37enne, che non vede però grandissime differenze tra i due capotecnici.

“Sinceramente, sono molto più simili di quanto si potrebbe immaginare - ha affermato - Sono entrambi estremamente perspicaci ed è difficile fare i complimenti a uno solo dei due, ma direi che Andrew ha un’etica lavorativa incredibile. È sempre indaffarato, è molto competitivo e spinge tutta la squadra a fare del suo meglio e a migliorare. Ma anche Pere faceva lo stesso. La grande differenza è che ho lavorato con quest’ultimo per nove anni quindi, a volte, non serviva nemmeno che parlassi. Se guardiamo al mercato piloti, Toprak ad esempio, ha cambiato squadra con il suo capotecnico e il suo capomeccanico, ma così si trovano tutti a dover conoscere una nuova moto. Quindi, non so se avere Pere al mio fianco sarebbe stato un vantaggio. Forse lo sarebbe stato da un punto di vista comunicativo, ma non nella comprensione della R1. Ogni cosa ha i suoi pro e i suoi contro e ho un buon rapporto con Andrew, mi fido di lui, e anche della Yamaha. È stato solo un inizio difficile. Dobbiamo avere fede, tenere la testa alta, e sperare di tornare alla normalità qui”.

Una situazione che ricorda quella che sta vivendo Marc Marquez in Gresini, dove ha iniziato a lavorare con Frankie Carchedi dopo numerose stagioni sotto la guida di Santi Hernandez.

Sono situazioni molto diverse, perché Marc ha lasciato la Honda per una Ducati, ma posso capirlo dal punto di vista personale - ha commentato Jonathan - Ci sono momenti in cui spero di aver soltanto bisogno di un buon risultato, ma so che anche la mia squadra ne ha bisogno, perché sono stati due Round davvero duri”.

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