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MotoGP, 63+19=1: Bagnaia e Bautista rendono omaggio alla Ducati bicampione del mondo

Cosa hanno in comune Nicky Hayden, Casey Stoner e Jorge Lorenzo? Semplice, il fatto che dopo il titolo mondiale abbandonarono per la stagione iridata il loro iconico, rispettivamente, 69, 27 e 99 per il numero 1: non è il numero che fa il campione, ma il campione che fa il numero

MotoGP: 63+19=1: Bagnaia e Bautista rendono omaggio alla Ducati bicampione del mondo

Cosa hanno in comune Nicky Hayden, Casey Stoner e Jorge Lorenzo? Semplice, il fatto che dopo il titolo mondiale abbandonarono per la stagione iridata il loro iconico, rispettivamente, 69, 27 e 99 per il numero 1.

 

Per i piloti moderni, una scelta non da poco perché il numero, col passare degli anni e delle mode, è diventato un elemento distintivo e di merchandising: serve per vendere.

C’è da dire che da un bel po’ d’anni l’elemento ‘numero di gara’ è fin troppo sfruttato: il 99% dei piloti non merita certo questo onore, la cui sublimazione, a carriera conclusa, è appunto il ritiro del numero.

E’ vero anche che un altro degli elementi distintivi di un pilota, il suo casco, è anch’esso stato mercificato fin troppo.

Se Barry Sheene, infatti, ha corso praticamente l’intera carriera con il numero 7 e il casco con l’effige di Paperino, anche Valentino Rossi, che non ha mai cambiato il suo iconico 46, ha modificato disegno all’elmo, anche se mantenendo spesso gli emblematici sole e luna.

Per noi l’elemento identificativo del pilota è sempre stato il casco: Giacomo Agostini - numero 1 forever - lo ricordiamo più per il casco tricolore, ma è vero che nel passato i numeri, tranne il rarissimo caso di Sheene, venivano assegnati in base al piazzamento della classifica dell’anno precedente.

Dunque i numeri, a parte che per la vendita di cappellini e magliette non contano più? No, non è vero: per le case fregiarsi del numero 1 sulla carenatura (ormai solo davanti, ahimè, per offrire una immagine più pulita) è ancora motivo di vanto. Ed è per questo che durante questo inverno, forte del duplice trionfo in MotoGP e Superbike la Ducati ha fatto una gentile pressione su Pecco Bagnaia e Alvaro Bautista, affinché lo adottassero.

Ufficialmente entrambi hanno giocato sui social e nelle interviste rimandando la decisione a lunedì, quando sulle nevi di Madonna di Campiglio ci sarà la presentazione ufficiale.

Nel frattempo sul sito della Ducati è ’sfuggita’ - apparsa e scompararsa rapidamente - una foto di Bagnaia con accanto il numero 1 e, in piccolo, inserito il suo 63. Così come Bautista sui social si è mostrato con entrambi i numeri in mano, l’1 ed il 19, che peraltro ricordiamo sulle carenature del primo Freddie Spencer.

Fast Freddie corse con il 4, con l’1 e con il 19 vinse il titolo della 250 nel 1985. Insomma, non è il numero che fa il campione, ma il campione che fa il numero. Ma è vero però che per la Ducati presentarsi con due numeri 1 graficamente rappresentati sulle carenature dei due campionati più importanti, prototipi e derivate di serie, ha una valenza di marchio impressionante.

Ah, non credete troppo agli errori, alle foto ‘pubblicate’ per caso. Ormai, ahinoi, il marketing è dappertutto ed i piloti sono pagati abbastanza, fra ingaggio, premi di arrivo e bonus in caso di titolo mondiale, per abbandonare momentaneamente il proprio iconico numero personale. Anche perché segretamente vorrebbero essere rappresentati proprio da quel’1 che sembra facciano così tanta fatica ad accettare.

 

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