Burgess: "In Qatar potremmo vincere"

AUDIO ESCLUSIVO Jeremy al microfono di GPone confessa il suo sogno

Burgess: "In Qatar potremmo vincere"

Aveva una impressione soddisfatta Jeremy Burgess alla fine dei test di Sepang. Stanca ma contenta, perché come ci aveva fatto sapere uno dei suoi meccanici, Alex Briggs via twitter “abbiamo lavorato tantissimo, ma l'atmosfera è come quella del 2004. Molto eccitante”.

Lui, “Geremia”, invece eccitato non lo è mai. E' sempre tranquillo, rilassato, un vero Aussie.

“Ogni mattina Valentino stava meglio del giorno precedente e questo è positivo – ha spiegato alla fine del terzo giorno - Abbiamo lavorato bene anche sulla moto e trovato un assetto a metà fra i due che avevamo scelto. Abbiamo cercato di creare una moto che andasse d'accordo con lo stile di Rossi. A Valencia infatti abbiamo utilizzato quello degli altri piloti, molto diverso da quello al quale Vale era abituato in Yamaha, ma ora sono passati due mesi e siamo stati capaci di avere qualcosa di più normale per noi e ci siamo mossi piuttosto velocemente in avanti. In realtà dopo abbiamo fatto solo piccole modifiche alle sospensioni”.

Nessuna rivoluzione, dunque. I ducatisti possono stare tranquilli. La D16 GP11 non verrà stravolta.

“Abbiamo cercato di avere un quadro chiaro di cosa accadeva lavorando sulla moto – ha spiegato ancora il tecnico - perché alcune sono molto sensibili ed altre meno. Non è vero che la Ducati non ha un telaio. In realtà alla fine ne ha due!  ma questo non è assolutamente un problema. Alla fine i cerchi, le gomme e le sospensioni, cioè tutto ciò che lavora con il telaio, sono componenti standard che conosciamo bene da molti anni. Il tecnico delle sospensioni della Ohnlins è lo stesso con cui lavoravamo alla Yamaha e così quello della Bridgestone. L'unica differenza è il motore”.

Non è stato solo Briggs a dire che l'atmosfera in squadra è piacevolmente eccitata. La realtà è che si tratta della seconda grande sfida nella carriera di Rossi, dopo quella vinta con la Yamaha all'inizio del 2004.

“Rispetto al 2004 siamo allo stesso punto. Stiamo facendo diversi tentativi per dargli la moto che vuole e cercare più informazioni possibili. Abbiamo adottato un assetto studiato da Vitto, che è molto diverso da quelli utilizzati precedentemente dalla Ducati”.

Nonostante si sia parlato di un “pacchetto flessibilità”, per rendere la Desmosedici più sincera nel comportamento, non tutti i suoi componenti sono stati utilizzanti.

“Non abbiamo provato la forcella da 42 perché conosciamo bene quella da 48 – ha rivelato Jeremy -  non ci ha mai dato problemi. Sappiamo che se ci sono problemi non vengono da quella forcella”.

On alle spalle il primo test è ovvio che la mente di tutti sia già a quello successivo.

“Torneremo fra tre settimane con Valentino più in forma e siamo sicuri di poter migliorare ancora. Questo test fondamentalmente è stato un test per lui per rendersi conto dei suoi progressi fisici. Al mattino stava bene, poi dopo lo stop di pranzo, dopo il massaggio, tornava in pista ma le sue prestazioni fisiche erano in calo dopo una quarantina di giri. Ma questa è solo adrenalina. Ora sa di potersi allenare perché la spalla tiene”.

Normale amministrazione, dunque.

“Mi aspettavo questo tipo di prestazioni. Dovete chiedere a lui cosa si aspettava. Ma ha girato a 2.02.2 alla fine della giornata, con la Yamaha ha fatto anche 2.01, ma è meglio di quanto mi aspettassi”.

Nel 2004, a Welkom, alla vigilia del Gran Premio del Sud Africa, Burgess profetizzò la vittoria. Era l'unico che ci credeva tanto da dichiararlo. E questa volta?

“Mi piacerebbe avere quel sogno – ammette - ma in realtà dal punto di vista medico Rossi non sarà al cento per cento in Qatar. Però lo abbiamo visto vincere qui l'anno passato anche quando non era al massimo...”.

Il sogno dunque vive perché Sepang non ha evidenziato problemi insormontabili. Ed il leggero chattering lamentato da Valentino ha origini note.

“Dipende dall'asfalto che è vecchio e sconnesso in certi punti, sempre gli stessi, lo abbiamo avuto anche con la Yamaha”.

Tutto tranquillo, dunque. Il test in Malesia, la prima vera prova dopo l'esordio di Valencia, è stato un rito di iniziazione.

“Ogni tanto qualcuno mi chiede in cosa differiscono nel modo di lavorare Ducati e  Yamaha? La mia risposta è che non ci sono differenze rispetto ad una fabbrica giapponese, l'unica differenza è che ci sono italiani negli uffici, tutto qui”.


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