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Suzuki Katana Jindachi | Perché comprarla… E perché no

Si ispira alla prima indimenticabile Katana del 1981 e, sotto il vestito, rappresenta quanto di meglio attendersi oggi da una naked

Moto - Test: Suzuki Katana Jindachi | Perché comprarla… E perché no

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Una moto iconica sin dal primo sguardo, che promette emozioni vere grazie al motore 4 cilindri da 150 cv di derivazione GSXR K5 ben supportato da un telaio doppio trave in alluminio, sospensioni Kayaba regolabili ed una posizione di guida votata al massimo controllo

Pregi e difetti

E’ stata la felice matita di Rodolfo Frascoli a reinterpretare le linee iconiche del modello disegnato da Hans Muth trent’anni fa. Sovrastrutture limitate e dal carattere evidente oggi come allora, con l’anteriore immediatamente riconoscibile grazie al faro quadrato, qui full led, che funge da base per il plexi fumé. Nella vista laterale la sella snella e ben distanziata dalla ruota suggerisce le forme del manico della mitica spada dei Samurai, mentre i volumi integrati e spigolosi di serbatoio e semicarenatura sembrano rappresentare al meglio la tagliente lama. Nonostante meccanica e ciclistica, verniciate in nero, facciano di tutto per mimetizzarsi ed esaltare le sovrastrutture, rappresentano un richiamo irresistibile per qualsiasi appassionato col telaio doppio trave in alluminio a fasciare sapientemente il 4 cilindri, mentre la coppia di pinze Brembo ad attacco radiale ed il forcellone con capriata di rinforzo, preso in prestito dalla GSXR 2016, mettono in chiaro l’attitudine sportiva del modello. Ulteriormente evidenziata dalla qualità delle sospensioni. Davanti una forcella KYB a steli rovesciati da 43 mm e 120 mm di escursione, completamente regolabile, e dietro un mono parzialmente regolabile dotato di cinematismo progressivo. Ad impreziosire la versione Jindachi concorrono scarico Akrapovic in titanio con cover in carbonio, sella con inserti rossi, cupolino maggiorato, protezioni serbatoio carbon look e set di adesivi alle ruote.

Il display LCD risulta piuttosto completo. Peccato solo che la leggibilità in presenza di luce solare diretta risulti migliorabile.
La posizione di guida sembra davvero perfetta per offrire il massimo controllo senza affaticare. Protagonista assoluto è il largo manubrio, discretamente rialzato, che si lascia impugnare quasi in stile motard con i gomiti ben larghi ed il busto piuttosto eretto. La sella è ideale per dare sostegno nella guida sportiva agevolando anche l’inserimento delle gambe grazie alla parte anteriore stretta. Le pedane arretrate senza eccessi e discretamente distanziate dal piano di seduta sono semplicemente perfette.
Il 999 cc, bialbero, 16 valvole, raffreddato a liquido, corpi farfallati da 44 mm, capace di 150 cv a 10.000 giri e 108 Nm a 9.500 giri è una delle icone del motociclismo sportivo, derivando dall’indimenticata GSXR K5. Generoso sin dai bassi, permette riprese senza incertezze e rifiuti dai 1.500 giri in sesta,  palesando da subito una schiena importante che innalza il piacere di guida  consentendo di divertirsi tra le curve anche con uno o due rapporti in più. Intorno agli 8.000 cambia la musica, in tutti i sensi. Il sound allo scarico diventa acuto, pieno, impetuoso, mentre la spinta risulta maschia, decisa, in una parola sportiva. L’elettronica è limitata al TC che si dimostra molto progressivo ed efficace su fondo asciutto (livello 1) e bagnato (livello 3). Nonostante la cavalleria a disposizione non si avverte la mancanza dei ride mode. Mentre un comando dell’acceleratore ride by wire probabilmente renderebbe più dolce la risposta ai primi gradi di rotazione della manetta. Vibrazioni di altra frequenza medio-bassa intensità avvertibili intorno ai 7.000 giri. Reparto trasmissione assolutamente convincente. Il cambio è veloce e preciso negli innesti, mentre la frizione, multidisco in bagno d’olio con comando a cavo e sistema antisaltellamento risulta morbida ma un po’ decisa all’attacco, a testimoniare che si tratta di una moto per piloti esperti.

La prima rassicurante sensazione una volta in movimento è data dalla leggerezza dell’avantreno, inaspettata su una moto così nerboruta e prestazionale, che porta in dote tanta agilità alle basse velocità, al punto da chiedersi che fine abbiano fatto i 215 Kg di peso in ordine di marcia. Questo si traduce in una guida piacevole anche in città dove l’unico limite al confort può essere individuato nella taratura sportiveggiante delle sospensioni, che per inciso risultano comunque scorrevoli e progressive. Ma è tra le curve che questa Katana si esalta e dimostra tutto il suo potenziale, capace di seguire la traiettoria impostata a qualsiasi velocità ed angolo di piega, consentendo di agire anche con una certa disinvoltura sull’acceleratore, sicuri di poter contare sempre su reazioni omogenee e controllabili. Grazie all’affondamento limitato della forcella rimane alto il feeling con l’anteriore anche nelle decelerazioni più intense, permettendo di proseguire la frenata fino in inserimento. A proposito, i freni si dimostrano sempre all’altezza per potenza e modulabilità ma su una moto tanto emblematica e curata crediamo che piattaforma inerziale e cornering ABS non avrebbero stonato affatto.

Quanto costa

Per poterla ammirarla nel proprio box occorre staccare un assegno di 13.690 euro per la versione base che diventano 14.290 per l’allestimento Jindachi. Un prezzo, quest’ultimo, che rappresenta un vantaggio cliente di oltre 900 euro rispetto agli accessori installati.

Abbigliamento

Casco Arai Renegade-V
Giacca Alpinestars Black Shadow
Guanti Alpinestars Crosser Air
Pantaloni Alpinestars Ramjet Air
Stivali Alpinestars Web Goretex

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