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Motociclista investito? La Cassazione: “Automobilista, condotta criminale”

I giudici condannano con fermezza il comportamento del guidatore della vettura

Moto - News: Motociclista investito? La Cassazione: “Automobilista, condotta criminale”

Ci sono voluti anni di battaglia legale, ma alla fine il motociclista ha stravinto contro l’automobilista che l’aveva investito. Sta tutto scritto nella sacrosanta sentenza della Cassazione (quarta sezione penale) del 28 marzo 2018, resa nota il 27 aprile, numero 18410. La vicenda ha origine con la sentenza del Tribunale di Firenze, del 2016, che confermava la condanna pronunciata dal Giudice di Pace nei confronti del conducente di un’auto, quale responsabile del reato di lesioni colpose gravi ai danni di un centauro, fatto aggravato dalla violazione delle norme in materia di circolazione stradale. Ma la questione finiva addirittura in Cassazione.


L’automobilista contesta


La descrizione della scena è da brividi. Secondo l'ipotesi accusatoria, fatta propria dai giudici di merito, l’automobilista aveva effettuato una manovra di inversione di marcia vietata, all'altezza di un dosso, rendendo inevitabile l'urto da parte del conducente della moto che sopraggiungeva sulla medesima corsia. A seguito dell'impatto, il centauro cadeva rovinosamente a terra, riportando lesioni con postumi invalidanti permanenti in misura del 50%. Non il solito incidente da constatazione amichevole, ma danni pesanti che non spariscono più. L’automobilista non ci stava: secondo lui, non era stata verificata la velocità tenuta dalla moto condotta dalla persona offesa e sarebbe stata necessaria una consulenza tecnica per appurare se il motociclista, a una velocità inferiore, avrebbe evitato di impattare contro l'auto dell'imputato.


Parola alla Cassazione


Per la Cassazione come per i giudici di primo e secondo grado, le testimonianze rese in dibattimento e i rilievi fotografici e metrici eseguiti immediatamente dopo l'incidente sono del tutto sufficienti a escludere che il centauro avrebbe potuto, marciando a una velocità inferiore rispetto a quella tenuta, contenere, o, addirittura, evitare le conseguenze dannose subite. Ma sentiamo il passaggio chiave: l’automobilista aveva messo in atto una condotta spericolata (definita testualmente "criminale"), procedendo a una manovra di inversione a "U" dalla rampa di accelerazione verso la carreggiata centrale e aveva assunto così una posizione "di traverso" rispetto alla direzione di marcia del motociclista. Pazzesco.


Dosso da paura


Il motociclista stava affrontando un tratto di strada caratterizzato da un dosso o ponte, e dunque non aveva la visuale libera per avvistare la manovra dell'automobilista in tempo utile da consentirgli una qualunque reazione di emergenza. Nello spazio di poche decine di metri, solo procedendo a una velocità ridottissima e del tutto impropria rispetto all'andamento della strada percorsa, avrebbe potuto contenere i gravissimi danni conseguiti alla manovra oltremodo pericolosa del conducente della vettura.


Una tripla batosta


La Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di 2.000 euro in favore della cassa delle ammende, nonché alla rifusione delle spese sostenute dalla costituita parte civile che liquida in complessivi 2.500 euro oltre accessori come per legge.

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