Tu sei qui

Ducati 959 Panigale - TEST

Crescono cilindrata, potenza e coppia, non diminuiscono equilibrio e feeling di guida. L’allestimento si conferma da vera Superbike

Moto - Test: Ducati 959 Panigale - TEST

Share


Valencia - Gli uomini in rosso la definiscono “Super Media”, anche se in realtà sulla carta di medio è rimasto poco: la nuova Ducati 959 Panigale è la nuova super sportiva made in Bologna nata per rilanciare il progetto della Superbike “a portata d’uomo” intrapreso con la 899 Panigale e, prima ancora, con la 848. Perché, da quando la Casa si è chiamata fuori dalla lotta diretta nel segmento delle Supersport, abbandonando il propulsore 750cc quattro valvole, la strategia si è focalizzata sull’offrire all’utente sportivo dei modelli che ricalcassero fedelmente le scelte tecniche delle maxi ma conservando, al contempo, quella fruibilità (anche su strada) che le Superbike hanno tralasciato in favore dell’estremizzazione prestazionale. Con la nuova 959 Panigale, Ducati è riuscita in un sol colpo ad incrementare le prestazioni assolute senza tralasciare neppure un briciolo dell’equilibrio generale della versione 899, arrivando a proporre una moto che, per l’appassionato comune, può davvero rappresentare la chiave di volta nell’ottica dell’impiego stradale o domenicale tra i cordoli. Pensare alla 959 Panigale come ad una semplice chiave d’accesso al mondo delle sportive Ducati è decisamente fuorviante.


Com’è fatta: Superquadro meno “quadro”


Il nuovo bicilindrico Superquadro è stato oggetto di diversi aggiornamenti: cresce di cilindrata (da 898cc a 955cc) ritoccando verso l’alto la potenza, ora pari a 157 cv a 10.500 giri, contro i 148 cv a 10.750 giri. La curva di coppia è stata irrobustita lungo l’arco di erogazione a partire da 5.000 giri, arrivando al valore massimo di 107,4 Nm a 9.000 giri. L’incremento di cubatura è stato ottenuto tramite l’aumento della corsa con l’impiego di nuove bielle ed albero motore, definendo così le caratteristiche di un propulsore superquadro meno estremo. L’alimentazione vanta ora un iniettore aggiuntivo posizionato sopra la farfalla, che entra in funzione ai regimi più elevati. Sono nuovi anche i carter e la distribuzione, rivista in alcuni elementi in funzione del contenimento della rumorosità meccanica. Per rispettare le restrittive norme Euro 4, la nuova 959 Panigale adotta un inedito scarico con due silenziatori sovrapposti, elemento che, di sicuro, spicca tra le principali differenze rispetto al modello precedente: i soli silenziatori (senza i collettori) pesano circa 4 kg, anche se tra gli accessori optional sono già disponibili due sistemi Akrapovic completi in titanio, omologato e non, che portano a vantaggi sensibili in questo senso (da 1,2 a 6 kg il sistema completo racing). La tara complessiva della moto risulta leggermente superiore a quanto dichiarato per la 899, passando da 169 a 176 kg a secco.


Design: è sempre lei


Dal punto di vista estetico, i designer di Borgo Panigale si sono guardati bene dal mettere mano pesantemente alla loro creatura, confermando in toto le linee conosciute. Gli unici interventi, già visti sulla 1299 Panigale, riguardano le prese d’aria anteriori di maggior diametro, la sezione frontale del cupolino leggermente più ampia nella zona inferiore, gli specchi retrovisori dagli steli più corti ed un plexiglass maggiormente protettivo. Poche modifiche anche sullo striminzito codino, con interventi di dettaglio che lasciano inalterato il feeling classico della serie Panigale.


Ciclistica ed elettronica: come la Superbike


Come per la 1299, anche la 959 Panigale si avvantaggia di un piccolo step per quanto riguarda la ciclistica: nel dettaglio, l’unico intervento riguarda lo spostamento del pivot del forcellone (altrimenti detto “fulcro”) ora più basso di 4 mm. Questa soluzione, assieme all’impiego di una corona più piccola, ha portato ad un lieve aumento dell’interasse, da 1.426 a 1.431 mm con l’inclinazione del cannotto di sterzo e la misura dell’avancorsa invariati.
Confermato il reparto sospensioni, con una forcella Showa BPF (Big Piston Fork) da 43 mm di diametro e monoammortizzatore Sachs montato lateralmente. Nessun intervento è stato segnalato per quanto riguarda la completa dotazione elettronica, con tre Riding Mode disponibili (Race, Sport e Wet con potenza limitata a 110 cv) che variano anche l’intervento del sistema ABS sportivo, Traction Control su otto livelli, Quick Shift e regolazione elettronica del freno motore impostabile su tre livelli.


Ancora facile, sempre più veloce


Una Superbike vera, che però non ti distrugge. Nel fisico e nel morale. Per andare forte con una maxi moderna è indispensabile avere tanta esperienza e braccia forti: in caso contrario, risulterà difficile girare il gas in uscita di curva e, soprattutto nelle prime marce, la spinta del motore sarà così rabbiosa da costringere il pilota ad aggrapparsi ai manubri a peso morto col solo obiettivo di non volare via. Con la 959 Panigale, invece, è tutto maledettamente facile, così come lo era con la 899. O quasi. Non avvertiamo significative differenze di risposta ai bassi o medi regimi, ma è inutile dire che una comparazione credibile andrebbe fatta avendo le due moto a disposizione: il motore, in compenso, conferma totalmente la fluidità di erogazione che ricordavamo, prendendo giri con rapidità e manifestando una spiccata propensione a girare alto. Così come tutti i bicilindrici della serie Superquadro, manca la spinta brutale ai medi che caratterizzava i “vecchi” motori Ducati, ma in compenso ci si può spingere allegramente fino ad accarezzare il limitatore oltre quota 11.000 giri senza vistosi cali di potenza. Si tratta di riparametrare la guida, basta farci l’abitudine. Sul rettilineo di Valencia arriviamo a mettere la sesta e ci presentiamo alla prima staccata a velocità stratosferica: con la mappa sport, la prima pinzata sul freno anteriore non ci restituisce il giusto feeling (l’Abs entra in funzione con troppa invadenza per un impiego davvero al limite), mentre nella taratura Race la percezione di totale precisione della forza decelerante è un incentivo a spingere ogni frenata sempre un po’ più in là. La 959 Panigale scende in piega davvero col pensiero, e basta fissare con lo sguardo il punto di uscita della svolta per ritrovarsi in un istante alla massima inclinazione, ginocchio sul cordolo e gas spalancato. Sotto i 7.000 giri, il motore non impressiona, questo è giusto dirlo, mentre sopra questa soglia la spinta è notevole e, soprattutto, ben sfruttabile. Mantenendolo nel range ideale, ad ogni sollecitazione del comando del gas corrisponde una dose di kgm elevata ma mai eccessiva, cosicché la guida più estrema appare quasi facile. La perfetta sintonia tra l’acceleratore e le reazioni del motore ti mette in una condizione psicologica di assoluta tranquillità, invitandoti (anche qui) ad aprire sempre un attimo prima. Nella mappa Sport la connessione è buona ma non eccellente (la potenza sembra un filo in ritardo) mentre a nostro avviso la mappa Race è l’ideale, così come la taratura livello 1 del sistema Engine Braking Control (la più invasiva) che, grazie all’elevato freno motore, consente di “richiamare” la moto in traiettoria quando si finisce un po’ larghi, semplicemente chiudendo un istante il gas. Questione di gusti personali. La gestione elettronica svolge il suo lavoro alla perfezione, davvero difficile chiedere di più. La 959 non si impenna, non la senti scivolare nemmeno violentando il gas in uscita dai tornanti con le marce basse, dove l’intervento del cervellone elettronico si fa provvidenziale e, al contempo, così discreto da non sembrare neppure attivo. L’insieme di questi fattori ha una controindicazione, ovvero il senso di onnipotenza che questa moto può regalare: infatti, non percependo “aiuti” da parte di sensori e centraline, l’autostima cresce a livelli esponenziali, anche se ci guardiamo bene dal disinserire il sistema per la più classica delle “prove del nove”. Una leggera, quanto ininfluente differenza rispetto alla 899 la si avverte solo nei cambi di traiettoria più rapidi: il lieve aumento di peso, o forse il posizionamento del nuovo impianto di scarico, fa sì che si avverta una lieve inerzia direzionale, che però richiede solo un minimo di pressione in più sulle pedane.
Il cambio non poteva che confermare l’ottimo feeling già espresso dalla 899: molto rumoroso in fase di innesto della prima marcia da fermi, i passaggi al rapporto superiore risultano poi rapidissimi e precisi, l’ideale per sfruttare alla perfezione l’arco di erogazione ottimale del motore. Peccato solo che la scalata non sia assistita elettronicamente, altrimenti sfioreremmo la perfezione. Ci è piaciuto molto a questo riguardo il sistema antisaltellamento, non presente sulla 899, che previene con efficacia e precisione ogni movimento anomalo del posteriore in staccata: in alcune occasioni siamo arrivati a scalare violentemente una o due marce senza neppure usare la (peraltro incredibilmente morbida) frizione, anche a moto inclinata.


Una Superbike a misura d’uomo


Appena scesi dalla 959 Panigale, la sensazione di affaticamento è minima. Del resto, con questa moto non ci litighi in uscita di curva per tenere a terra l’anteriore e non sei costretto a spostare di continuo il peso del corpo per contrastare reazioni nervose della ciclistica: la "Ducatina" fila come su un binario, si beve rapidamente i cambi di traiettoria e, in sostanza, mette il pilota nella situazione ideale per sentirsi appagato e soddisfatto. Sbirciando i tempi sul giro ci rendiamo conto inoltre che parliamo di riferimenti assolutamente allineati a quelli di una maxi, e questo accresce la voglia di tornare dentro e spingersi ancora oltre.


E se la famiglia Panigale si allargasse ancora?


La nuova 959 Panigale costa 16.490 euro nella colorazione rossa, che diventano 16.790 per la versione Artic White con cerchi rossi. L’esclusività della moto a giudizio di chi scrive giustifica importi non propriamente alla portata di tutte le tasche e ci si potrebbe spingere fino ad una ipotesi: e se la famiglia Panigale di Ducati fosse destinata ad ampliarsi? Vista la cilindrata raggiunta, ormai quasi da maxi, ed i prezzi di acquisto, potrebbe essersi creato lo spazio per una nuova Panigale, magari proprio una 750 cc che da qualche anno manca nei listini della Casa bolognese.
In sostanza, se l’addio di Ducati alle medie “tradizionali” - ovvero le 600 cc quattro cilindri e le 750 a due cilindri - in realtà fosse stato semplicemente un arrivederci?

__

Articoli che potrebbero interessarti