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Le Case motociclistiche guardano a oriente: quale la sfida del futuro?

I mercati emergenti del Sud Est attirano tutte le grandi case, quale sarà il segreto per avere successo?

Moto - News: Le Case motociclistiche guardano a oriente: quale la sfida del futuro?

India e Thailandia sono sicuramente i mercati motociclistici in maggior espansione in questi anni. I motivi possono facilmente essere ricondotti alla crescita economica che queste aree stanno attraversando, con tassi di benessere per le cittadinanze che sono in crescita costante. Di conseguenza è cambiato il modo in cui le popolazioni di queste aree spendono i propri soldi e, con il benessere in crescita, si stanno rapidamente evolvendo anche i gusti motociclistici in queste aree, dove fino ad oggi una motocicletta o uno scooter sono stati essenzialmente dei mezzi di trasporto quotidiano e non degli oggetti legati al divertimento e alla passione.

BOOM ECONOMICO E MERCATI IN RECESSIONE

Facendo un salto all’indietro di una cinquantina d’anni si potrebbe fare un parallelo con l’Europa degli anni sessanta, di quando il boom economico fece velocemente evolvere i gusti degli italiani che iniziarono a scendere da Vespe e Lambrette per salire su motociclette che nel giro di una decina d’anni diventarono delle vere e proprie maximoto.
Ma torniamo ai giorni nostri ponendo l’attenzione sul fatto che in concomitanza con la crescita economica dei paesi del Sud Est asiatico si sta verificando una drammatica crisi del settore moto sui mercati europei. Di conseguenza tutti i costruttori di moto stanno dedicando sempre più attenzione proprio ai paesi asiatici in via di espansione, ai quali si aggiunge anche il Sud America. Questa è una scelta ovvia, perché i cali dei mercati europei non sono riconducibili alle scelte commerciali delle aziende, ma a fattori contingenti, e quindi le aziende sono state pressoché costrette a cercare nuovi mercati da presidiare con i propri prodotti.

LA SFIDA: NON "ROVINARE" IL BRAND
E adesso viene il bello: se sui mercati emergenti la richiesta di modelli fosse la stessa di quelli consolidati sarebbe tutto facile, perché basterebbe aprire delle filiali e vendere le proprie moto, ma così non è, perché le linee di prodotto necessarie sono ancora molto distanti tra loro. In Europa il mercato è cresciuto fino al 2008/2009 al punto che una entry level aveva raggiunto cilindrate di oltre 600 cc, mentre in India una Royal Enfield 500 può essere ancora oggi considerata una maxi moto. E allora come si fa? Diventa necessario o cercare di conciliare diverse esigenze, o pensare e sviluppare prodotti ad hoc per le richieste di questi mercati. Ed è proprio qui che le grandi case corrono i rischi maggiori, perché costruire motociclette di piccola cilindrata, economiche nella costruzione e nella gestione è pericoloso per la reputazione del brand, conquistata faticosamente nel corso degli anni. E allora, quale è la strategia migliore per fare business senza rischiare di buttare alle ortiche marchi famosi?

LE GIAPPONESI: COSTRUIRE PRODOTTI GLOBALI
Le quattro sorelle giapponesi, Honda, Yamaha, Kawasaki e Suzuki sono state favorite nell’azione di espansione verso i mercati emergenti dalla vicinanza geografica, ma soprattutto dal fatto che già da molti anni erano presenti su questi mercati con ciclomotori, scooter e moto di piccola cilindrata. Per le giapponesi, quindi, è stato più facile progettare delle line-up di prodotto volte a soddisfare i desideri di clienti il cui reddito è in crescita, perché conoscevano già il mercato e quindi la strategia è diventata esattamente opposta a ciò che ci si aspetterebbe: quindi modelli fatti per i mercati emergenti che sono stati resi appetibili anche sui mercati consolidati, dove vengono venduti come entry level.
Gli esempi del mercato sono ben noti: giusto per citarne alcuni, la prima è sicuramente stata la Kawasaki Ninja 250, poi cresciuta nella cilindrata a 300 cc, ma anche la Honda CBR300R, nata in cilindrata 250, è un valido esempio di moto pensata per i mercati asiatici e importata anche da noi.
Questo approccio ha fatto diventare le nuove moto dei prodotti globali pensati per essere distribuiti in tutto il mondo e l’esempio principe arriva ancora una volta dalle Honda CB 500 F, X e R, costruite in Thailandia ed esportate anche in Europa.

EUROPEE E AMERICANE: SI RISCHIA LA FACCIA
Diverso e molto più complesso è l’approccio delle case costruttrici europee, normalmente posizionate in fasce premium del mercato, che quindi rischiano molto di più nell’espandersi su mercati emergenti. In primis perché non conoscono il mercato bene come le giapponesi, e questo è banale, ma soprattutto perché devono fare i conti con la reputazione del proprio brand.
Insomma, se la Ducati costruisse un Monster monocilindrico da 250 cc da vendere in Thailandia a 4000 euro, gli appassionati di Borgo Panigale che hanno appena sborsato oltre trentamila euro per una Panigale R non sarebbero per niente felici di saperlo. E allora come si fa? Andiamo quindi a vedere come si stanno muovendo le case europee e statunitensi.

DUCATI E BMW

Proprio la Ducati è una di quelle che batte la strada più conservativa, visto che ha deciso di entrare sui mercati asiatici con una gamma prodotto quasi invariata. La scelta di Ducati è stata di aprire una fabbrica in Thailandia dove assemblare le moto destinate ai mercati asiatici, decisione presa per aggirare gli altissimi dazi doganali cui sarebbero andati incontro importando le moto già costruite dall’Italia. L’unica concessione che Ducati ha fatto sul prodotto, poi, è stata la realizzazione del Monster 795, versione semplificata dell’europea 796. E' notizia di questi giorni, poi, che Ducati molto presto aprirà una filiale in India.

Approccio simile è quello affrontato da BMW che ha appena dichiarato l’inaugurazione del proprio terzo polo produttivo in Thailandia a Rayong. In questo stabilimento, voluto per i medesimi motivi doganali di Ducati, la casa dell’Elica produrrà non solo moto, ma anche automobili con i brand BMW e Mini. La prima BMW a essere costruita in Thailandia per i mercati locali sarà la F 800 R, anche in questo caso una moto che in Europa è considerata una entry level.

HARLEY-DAVIDSON E TRIUMPH
E arriviamo ai marchi che invece hanno optato per il concepimento di modelli studiati appositamente per i mercati emergenti. Quella che ha rischiato di più è sicuramente l’Harley-Davidson che ha appena lanciato le Street 750 e 500 progettate per il mercato indiano e costruite nello stabilimento di Bawal. Proprio per l’Harley il rischio è elevato perché il divario sia economico che costruttivo tra queste moto e quelle top di gamma è enorme e non siamo affatto sicuri che il pubblico europeo e statunitense sia pronto per accettare una Harley di fattura così economica.

Un’altra casa che sta gettando il cuore oltre l’ostacolo è la Triumph che a EICMA 2013 ha dichiarato l’arrivo di una sportiva monocilindrica 250 cc, costruita in India e destinata al mercato locale e indonesiano. Le foto spia sono già in circolazione e mostrano una naked sulla falsariga della Street Triple, che teoricamente potrebbe arrivare anche in Europa. Nel caso della Triumph il rischio è legato alle prestazioni che dovranno essere giocoforza elevate se non si vuole infangare la reputazione che negli anni si sono costruite la Street Triple e la sorella maggiore Speed.

KTM

E chiudiamo con chi, a nostro avviso, sta affrontando il problema dell’espansione sui mercati asiatici nel modo più consono: la KTM. La Casa austriaca ha dalla sua parte la crescita esponenziale che il brand sta ottenendo in Europa da un paio di lustri ad oggi, e il fatto di non essere legata a posizionamenti di mercato molto elevati.
A favore della KTM ha giocato poi la presenza dell’indiana Bajaj che è diventata principale azionista di Mattighofen e che in India a Chakan aveva già gli stabilimenti dove oggi vengono costruite le Duke 125 e 200 e presto anche le nuove RC 125, 200 e 390. La presenza di Bajaj, però, consente a KTM di produrre moto diverse con gli stessi motori e di puntare ai mercati locali con le Bajaj, offerte a prezzi più concorrenziali e su quelli europei con le KTM meglio rifinite e prestazionali.

Insomma: la sfida che i costruttori di moto devono affrontare per i prossimi anni è sicuramente quella di guardare a oriente con intelligenza per cercare nuovi clienti. E diventerà interessante vedere chi saprà farlo al meglio senza rischiare di rovinare il proprio brand.


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