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Ducati 899 Panigale – “Don’t call me baby” – TEST

La nuova supermedia bolognese è perfetta per la pista. Già pronta in concessionaria a 15.918 euro

Moto - Test: Ducati 899 Panigale – “Don’t call me baby” – TEST

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La storia tende a ripetersi, e questo lo sosteneva già svariati secoli fa Giambattista Vico nella sua conosciuta teoria dei Corsi e Ricorsi Storici. Probabilmente il noto filosofo napoletano aveva ragione, e la sua teoria era valida un po’ in tutti i campi della cultura e potrebbe essere riproposta anche oggi nel mondo del motociclismo. Sì perché con il passare degli anni e l’arrivo sul mercato di nuovi modelli, è facile notare congruenze con le linee di prodotto di 10 o anche 20 anni prima, e riconoscere delle logiche di marketing che si ripetono. Tutto evolve affinché nulla cambi allora? Fortunatamente no, e infatti dove la teoria vichiana sbagliava era nel pensare che tutto si ripeta ciclicamente, mentre in realtà il progresso porta sempre con sé delle novità importanti.

Fatto questo doveroso preambolo, facciamo un salto all’indietro di circa 19 anni, a quando, per la prima volta Ducati lanciò una media cilindrata che condivideva la stessa ciclistica con il suo modello di punta. Era il 1994 e Borgo Panigale mise in commercio la 748, copia in carta carbone dell’ormai mitica 916. Oggi, ottobre 2013, la storia si ripete con la 899 Panigale, sorella più piccola della 1199 Panigale e, se radunassimo al bar un gruppo di Ducatisti siamo più che certi che si accenderebbe una disputa accorata su differenze e punti in comune tra le due storie. Volendo dare un saggio colpo al cerchio e uno alla botte potremmo riassumere in sintesi estrema che: è vero che la 748 di un tempo era esattamente uguale alla 916 base e quindi le differenze erano limitate all’annosa questione dei "buchi piccoli e dei buchi grossi", che costringeva Ducati a marginare molto meno sulla 748 che sulla 916. Quindi guardando la questione dal punto di vista degli appassionati si potrebbe dire che tra 748 e 899 la prima vinceva sul piano squisitamente costruttivo. Inquadrando invece l’operazione all’interno del mercato, è facile notare che quando uscì la 748, con i suoi scarsi 98 cavalli faticava un po’ a tenere il passo delle seicento quattro cilindri, mentre la 899 Panigale oggi si posiziona su un gradino decisamente più alto in termini di potenza pura rispetto alle rivali del mercato, visto che con 148 cavalli il vantaggio a favore della bicilindrica è nettissimo. E in più, in confronto alle medie supersportive del mercato, qui ci troviamo davanti a una dotazione elettronica di gran lunga superiore, grazie a Traction Control , ABS regolabile, cambio rapido, mappature motore ed Engine Braking Sistem, tutte caratteristiche che nessuna delle concorrenti più vantare.
Detto ciò, la Ducati 899 Panigale è già pronta per arrivare nelle concessionarie al prezzo di 15.918 euro chiavi in mano.

TECNICA IN BREVE

Scrivere della tecnica di una Ducati e farlo in poco spazio è davvero difficile, ma proviamo lo stesso a riassumere le caratteristiche della nuova super media Ducati, concentrandoci sugli aspetti che la differenziano dalla 1199.
Partiamo dal cuore pulsante, il bicilindrico Superquadro che arriva quasi inalterato dalla sorella maggiore: cambiano, come è ovvio che sia, alesaggio e corsa che sono di 100,0 x 57,2 mm con un rapporto alesaggio/corsa di 1,75, quindi leggermente meno estremo del 1,84 della 1199. Il rapporto di compressione è di 12,5:1 e il diametro equivalente dei corpi farfallati ovali è passato a 62 mm (+ 2 mm rispetto alla 848 Evo). I diametri valvole sono di 41,8 mm all’aspirazione e 34,0 mm allo scarico e i condotti delle teste sono stati rivisti di conseguenza, così come gli alberi a camme sono specifici per questo motore. Per rendere meno costosa la produzione del motore, tutti i coperchi che sul 1199 sono in magnesio sono stati sostituiti con altri in alluminio e non è prevista la frizione antisaltellamento. Confrontando la curva di erogazione del motore 899 con quella del 848 Evo si nota che la disponibilità di coppia è sempre superiore ad ogni regime, ma soprattutto che il picco di erogazione viene raggiunto circa 1.000 giri prima e mantenuto costante dagli 8.700 ai 10.700 giri/min. La potenza massima è di 148 CV a 10.750 giri/min e la coppia massima è di 10,1 kgm a 9.000 giri/min. Citate le differenze con il motore 1199, passiamo a ricordare le caratteristiche comuni che riguardano la dotazione elettronica che è la medesima e offre: sistema full ride by wire con tre mappature motore, controllo di trazione regolabile a otto livelli, Engine Brake System a tre posizioni, dispositivo di cambiata rapida e impianto ABS Bosch escludibile e regolabile su tre livelli. Il tutto viene gestito e integrato dai Riding Mode Race, Sport e Wet. Nel più sportivo il setting del RbW è diretto, il DTC è impostato su 2 e l’ABS è settato in modo da escludersi sull’asse posteriore. Su Sport la potenza è la stessa ma il RbW è settato più dolcemente, il DTC è a livello 5 e l’ABS sul 2 con antibloccaggio attivo anche al posteriore. Su Wet, la potenza viene limitata a 100 cavalli, il Traction va a 8 e l’ABS si tara per la massima sicurezza su asfalto bagnato. In tutti e tre i casi è possibile spostare l’intervento dell’Engine Braking Control su tre posizioni.

CICLISTICA PIU’ SEMPLICE MA SEMPRE AL TOP
La ciclistica deriva da quella della 1199 ma con delle modifiche notevoli. Rimangono invariati praticamente solo il telaio monoscocca e il telaietto anteriore, tutto il resto è stato ripensato per "tagliare" la ciclistica sulle esigenze di una media cilindrata. Il particolare che più salta all’occhio è il nuovo forcellone a due bracci in lega leggera, costruito per ridurre leggermente l’interasse che passa da 1.437 mm a 1.426 mm. E’ diversa anche l’avancorsa, che deriva da un angolo di inclinazione del cannotto che passa da 24,5° a 24° e quindi cala da 100 a 96 mm. L’avantreno è tutto nuovo e propone ora una sofisticata forcella Showa BPF da 43 mm completamente regolabile che supporta un cerchio in lega leggera fusa a 10 razze e dischi semiflottanti Brembo da 320 mm. Le pinze scelte per la 899 sono le ottime Brembo M4.32, leggermente meno sofisticate di quelle della 1199 ma sempre di altissimo livello. Tornando al retrotreno, il leveraggio della sospensione non è regolabile ed ha la stessa geometria di quello della 1199 quando è montato in posizione "Progression". L’ammortizzatore è un Sachs pluriregolabile, che forse non appaga tantissimo la vista. Anche qui troviamo un cerchio in lega a 10 razze con disco Brembo da 245 mm. I pneumatici di primo equipaggiamento sono gli ottimi Pirelli Diablo Rosso Corsa nelle misure di 120/70 all’anteriore e 180/60 al posteriore.
Le altre differenze rispetto alla 1199 sono: serbatoio da 17 litri in lamiera d’acciaio anziché alluminio che, grazie a uno spessore di soli 0,8 mm riesce a pesare solo 800 grammi in più, e il telaietto reggisella in traliccio d’acciaio anziché in pressofusione di alluminio. La diversa conformazione del telaietto ha portato con sé anche una nuova sella più alta e imbottita rispetto alla 1199, fattore che sarà apprezzato da chi userà la moto non solo in pista. L’ultimo particolare che differenzia nettamente le due moto è il cruscotto che in questo caso è un pannello LCD completissimo, mentre sulla 1199 è un TFT a matrice attiva. Tutte queste modifiche si ripercuotono sul peso della 899 Panigale che è di 169 kg a secco che diventano 182 in ordine di marcia, quindi solo 5 kg più della 1199.

IN PISTA: MEDIA SUPERIORE
Finalmente abbracciamo i manubri della 899 Panigale in una giornata Imolese che non promette niente di buono. La pista è ancora bagnata dalla pioggia caduta nella notte ma trovare le gomme rain già montate ci tranquillizza. Partiamo per il primo giro tutti in colonna con davanti a noi un battistrada d’eccezione: quel Dindo Capello che dall’alto delle sue tre vittorie con Audi alla 24 Ore di Le Mans ci fa strada con una bella RS5 Cabriolet. Nel frattempo apprezziamo la posizione di guida della baby Panigale che si mostra appena più confortevole della 1199 grazie alla sella più imbottita. Tutto il resto è identico, quindi ritroviamo i bei manubri ampi e alla giusta distanza dal corpo e il cupolino che protegge bene in pista.
Sul bagnato proviamo subito il Riding Mode Wet con l’erogazione limitata a 100 cavalli. Tutto è ovattato, facile, prevedibile: il motore sale di giri ma ovviamente è fiacco e il traction control lavora di continuo. Abbiamo le Rain, quindi tanto vale passare subito in modalità Sport. Il piccolo Superquadro cambia ottava e inizia a farsi sentire con un sound degno del suo blasone. Erogazione e allungo cambiano del tutto e il feeling con il Ride by Wire è sempre delicato e consente di gestire il motore in curva con molta facilità. Fortunatamente a metà mattina esce un po’ di sole che asciuga a metà il tracciato di Imola, abbastanza per far sì che le rain mostrino i propri limiti nei tratti asciutti. Meglio fermarsi e montare le Diablo Rosso Corsa, in attesa che asciughi.

Dopo pranzo la pista è quasi tutta asciutta, eccezion fatta per i soliti tratti alle Acque Minerali e alla discesa della Rivazza, notoriamente restii a drenare il bagnato. Poco male, la 899 Panigale va alla grande e il traction gestisce bene il passaggio sulle chiazze bagnate. Sull’asciutto si ritrova la consueta precisione delle ciclistiche Ducati: la maneggevolezza della 899 è probabilmente ancora superiore rispetto alla 1199 grazie a interasse ridotto e gommatura più svelta che sopperiscono facilmente ai chili in più. La forcella BPF si conferma una scelta azzeccatissima, con scorrevolezza elevata e una precisione nel trasmettere il contatto con l’asfalto ai manubri davvero esemplare. In inserimento di curva la 899 è veloce come una seicento e in percorrenza resta stabilissima. In uscita di curva la minor coppia rispetto alla 1199 la rende molto più facile da gestire e il comportamento dell’ammortizzatore Sachs è ottimo. Sì, il componente montato sulla 899 avrà pure un aspetto poco blasonato, ma un funzionamento che ci ha soddisfatto appieno in ogni frangente.

Sull’asciutto e con la mappa Race impostata la 899 Panigale tira fuori la stoffa di cui è fatta: il motore non mostra mai cali di erogazione e chiede solo di essere tenuto sopra i 7.000 giri/min per dare il massimo. Da lì a 11.000 giri/min l’erogazione è perfetta e solo in salita è necessario cambiare al limitatore, mentre in pianura si può anticipare la cambiata anche a 10.000 giri. Buona la rapportatura che è di ben 5 denti più corta rispetto alla 848 Evo e quindi ottima per la pista. I freni sono davvero esemplari per potenza e facilità d’uso: leggermente meno violenti nell’attacco rispetto a quelli della 1199, garantiscono sempre un’ottima riserva grazie alla modulabilità eccellente. Perfetto l’intervento dell’ABS: sul bagnato lo abbiamo sentito lavorare in pochissime situazioni, ma sull’asciutto con la mappa Race non siamo mai riusciti a farlo intervenire. L’unica sbavatura di un lavoro di gran cesello, a nostro avviso, è la mancanza della frizione antisaltellamento, e quindi nelle scalate da terza a seconda nelle staccate più forti bisogna rilasciare la frizione con dolcezza per non innescare saltellamenti della gomma dietro. Bisogna dire, comunque, che i tecnici Ducati sostengono che settando l’Engine Braking Control sul livello 3, il problema dovrebbe sparire, solo che sfortunatamente quando siamo arrivati a decidere di fare questa modifica era ormai tempo di chiudere la pista e rientrare a casa. Ci riserviamo di tornare sull’argomento non appena Ducati ci consentirà di provare di nuovo la 899 Panigale.

IN THE END: "I LOVE YOU BABY"
Abbiamo aperto questo articolo con Don’t Call me Baby titolo del noto singolo delle Madison Avenue, ma per tutto il viaggio di ritorno a casa da Imola il reef che continuava a girarci per la testa era inequivocabilmente quello di I love you baby di Diana Ross. Insomma: una moto destinata a piacere e a conquistare chi la sceglierà grazie a prestazioni davvero coinvolgenti, forse posizionata ad una cifra un po’ alta per le tasche degli italiani. Ok l’elettronica, ok il blasone, ma a questo prezzo si mette in competizione diretta con le 1000 giapponesi. Cara Ducati, ma uno sconticino di mille euro non ce lo fate?

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