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La Superbike, fra futuro ed estinzione. Proteggiamo ciò che amiamo


sbk3Il cambiamento di orari del mondiale Superbike con lo spostamento di Gara1 al sabato è il segno, inequivocabile, del fatto che la Superbike stia cercando un nuovo equilibrio sotto l'ombrello della Dorna. Dopo l'acquisizione da parte della società spagnola e l'uscita da Infront e dalla gestione dei fratelli Flammini, il mondiale delle derivate di serie è infatti alla ricerca di una nuova identità. Fino a due anni fa, infatti, i due campionati erano in guerra su tutto, dalle prestazioni assolute delle moto alle categorie partecipanti, con un conflitto iniziato con il ritorno dei 4 tempi nel motomondiale - ricorderete che le prime MotoGP era di 990 cc per non parlare di 'mille' - e proseguito con l'introduzione della Moto2 prima e della sottocategoria CRT poi. Oggi tutto questo appartiene al passato, purtuttavia la Superbike non ha ancora trovato la sua ragione d'essere. Abbandonata la corsa folle alle prestazioni che aveva trasformato le SBK in prototipi di serie e generato un aumento dei costi insostenibili per i team privati, ora la categoria si appresta a ripiegarsi su sé stessa con un nuovo ordine che è già iniziato. In pratica due sole case partecipano ad alto livello dopo il ritiro (momentaneo?) di Aprilia: Kawasaki e Ducati. Quest'anno è rientrata la Yamaha, per lanciare la sua nuova R1, ma lo ha fatto attraverso due squadre. Seguendo il medesimo esempio anche BMW si è appoggiata a due team esterni, anche se direttamente assistiti. Honda dal canto suo tergiversa, cosa che del resto fa da anni, anche se sembra ormai maturo un suo rientro che coinciderà con l'arrivo della nuova supersportiva, mentre MV Agusta è su una zona di confine determinata soprattutto dalla mancanza di investimenti necessari per esserci da vincente. Un destino, schierarsi ma senza troppe possibilità, che ha convinto Suzuki ad uscire in attesa dell'arrivo della nuova GSX-R. sbk1Il problema per tutti, chi c'è, chi no e chi vorrebbe esserci, è sostanzialmente economico e di mercato. Il primo punto non ha bisogno di spiegazioni: correre costa e a meno di fare come Aprilia quest'anno che è partita per essere pagata ed ha finito per pagare, la difficoltà di trovare sponsor o semplicemente risorse interne è davanti agli occhi di tutti. Il secondo, l'opportunità di mercato, è altresì chiaro: le supersportive da 180 e più cavalli non si vendono, sono solo un fiore all'occhiello per le case e promuoverle (o in alcuni casi costruirle) al momento ha poco senso. Anche se di qui a poco il vento potrebbe cambiare. Di fronte a questa situazione la MotoGP ha guadagnato spazio: corrono ufficialmente Honda, Yamaha, Suzuki, Ducati, Aprilia e, dal 2017 KTM. Stiamo parlando di case ufficialmente presenti, ognuna delle quali, chi più e chi meno, si finanzia parzialmente con il supporto a team satelliti che pagano (salati) quando va bene i prototipi dell'anno prima. Intendiamoci, il grosso lo investe sempre la casa, diciamo fino anche al 70%, il resto arriva appunto dal leasing delle moto che altrimenti andrebbero sotto ad una pressa e da sponsor che comunque finanziano i migliori team con cifre che per le squadre ufficiali possono raggiungere e superare i 10 milioni di Euro. Denari con i quali in Superbike si è main sponsor di quattro team di punta, almeno. Le vittorie in MotoGP portano comunque solo immagine alla casa vincitrice mentre, teoricamente, quelle in Superbike dovrebbero portare clienti. Ma quali? Quelli che dopo la lite Rossi-Marquez dicono di non voler più comperare Honda, o quelli fedeli alla casa alata che si rallegrano dell'arrivo di Nicky Hayden? Così arriviamo al vero problema: la mancanza di identità. Una volta questa, per quanto riguarda la Superbike, era supportata dal boom delle supersportive e identificata dalla doppia gara e dal fatto che le moto fossero appunto quattro tempi, ma ora? Lo spostamento di una delle due manche al sabato, causa la crisi di spettatori in TV che non ha gradito la novità di Gara1 alle dieci di domenica mattina, fa comprendere la volontà della Dorna di cambiare le cose. Non c'è però ancora chiarezza sull'obiettivo da raggiungere. Pur se molto diverse per lo spettatore non tecnico SBK e MotoGP sono infatti molto simili, con la differenza di una minore concentrazione di piloti-personaggi nelle derivate. La Superbike infatti non è che oggi, in chiaro su Italia1/2, faccia poi molti meno spettatori della MotoGP sul satellite di Sky negli orari di massimo ascolto, ma non ha spettatori in circuito e, soprattutto, non va sui giornali. I media mainstream non la seguono. Questo si traduce in un gettito pubblicitario nettamente inferiore che limita la sua crescita. sbk2D'altro canto quale è il messaggio della Superbike attuale? Nessuno sa spiegarlo. Anche perché, contrariamente a quello che dovrebbe essere il suo obiettivo primario, favorire le vendite del prodotto di serie, la Superbike non è attrezzata per favorire la diffusione dei suoi marchi. Cosa logica se si pensa che quasi tutti i team cercano di promuovere sé stessi, non le case, visto che parliamo nella maggior parte di squadre private. Gli appassionati, autoconvintisi di essere lo zoccolo duro del motociclismo, puntano sul 'clima' della serie. Belle lotte, sportellate e tanta sportività, dimenticando che solo l'anno passato non è che ci fosse più armonia nel team Kawasaki fra Sykes e Baz, o in quello Aprilia fra Guintoli e Melandri, di quanto ce ne sia stata quest'anno fra Rossi e Lorenzo. Solo che di questi ultimi si è occupata anche la portinaia, mentre i risvolti umani delle lotte personali dei primi sono rimasti circoscritti ad una ristretta cerchia. E' facile, a questo punto, dire che la Superbike ha bisogno di maggiori investimenti che debbono essere fatti contemporaneamente dalla Dorna e FIM, che devono migliorare la formula, ma anche dalle Case, a cui spetta investire sulla comunicazione. Più facile a dirsi che a farsi se si pensa che anche nella più famosa MotoGP non è che si impegnino molto. Con la differenza che a trascinare il pubblico dei prototipi ci sono personaggi globali come Valentino Rossi, sul confronto con il quale crescono e si nutrono Jorge Lorenzo, Marc Marquez e tutti gli altri. Insomma la situazione è questa, e finché non si muoverà è difficile immaginare una crescita del mondiale delle derivate di serie. A meno che, ma non lo crediamo, FIM e Dorna vogliano abbandonarlo al suo destino di serie destinata alle sole squadre private. Sinceramente, anche fosse così, si potrebbe egualmente organizzare uno spettacolo più seguito di quanto non lo sia oggi.

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