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Chronicles of Phillip island, Day #1 si montano i box, con una confidenza sulla furbizia di Rossi


Philli_island_Cowes_8Mercoledì sull'isola è giorno di riposo, per i reduci di Motegi. Dopo due trasferimenti, dal Giappone a Bangkok o Singapore, a seconda degli scali, con il balzo finale verso Melbourne è roba comunque da quattordici ore di volo. E una volta lì ci sono altri duecento chilometri per Phillip island. Non c'è fretta, comunque. In Australia le squadre arrivano prima delle casse, così prima di fare i box bisogna attendere. Una cosa che regala mezza giornata di ozio prima di andare in circuito. Ma per fare cosa? Philli_island_Cowes_6 Cowes sono due file di case basse dopo quattro rotonde, che finiscono sul lungomare, con villette sparse a macchia di leopardo all'interno. Non ci sono grandi alberghi e ci si sparpaglia in residence e case private. Così i punti fermi per la moderna versione di quel che una volta era il Continental Circus sono l'Isola di Capri, il ristorante della famiglia Fumagalli, con annessa gelateria e pizzeria ed il ristorante Pino's, gestito da Rosa Scarlato. Entrambi sono arredati con memorabilia dei due mondiali, MotoGP e Superbike. Tute, caschi, fotografie. Ci si può perdere all'interno dei due locali a leggere tutte le dediche, molte delle quali risalgono indietro nel tempo. Si può rivivere il primo mondiale di Capirossi, datato 1990, festeggiato in pizzeria, o quelli di Biaggi in 250. Bayliss, Doohan, Corser, Stoner, Rossi: ci sono tutti. E durante l'anno c'è persino una sfida per il miglior allestimento alla quale partecipa l'intera Cowes, quest'anno vinto dai Fumagalli con un manichino in tuta, casco e stivali intento a farsi un gelato. Philli_island_Cowes_2 Ci si ferma a bere un espresso e a scambiare quattro chiacchiere con il primo che passa perché c'è molta passione per il motociclismo in questa piccola cittadina di mare, improvvisamente animata in quella che è la primavera australiana dal motomondiale. Ovviamente dopo aver fatto un salto all'ufficio postale ed aver comperato - alla modica cifra di 25 dollari - un routerino wireless con due Giga di traffico dati per rimanere connessi. Lingua ufficiale? L'italiano, o meglio un punto d'incontro fra uno dei nostri dialetti e lo slang locale, intercalato da un serie di 'you know' masticati. Philli_island_Cowes_1 Ed è un piacere ascoltare le storie dei nostri emigrati, come quella di Michele, proprietario di diversi negozi sull'isola, originario della Calabria, arrivato in Australia bambino e tornato in Italia per la prima volta uomo fatto. "Ho raggiunto mio padre che si era trasferito qui nel 1939 per sfuggire alla guerra, nel '49. Ci eravamo quasi persi di vista. Poi fortunosamente ritrovati. Avevo undici anni. Lui lavorava nelle miniere di carbone. Era stata durissima, mi raccontava, così mi sono rimboccato le maniche anch'io ed ho trovato il tempo di ritornare in Italia solo dopo cinquanta anni. Ormai laggiù non ho più nessuno. You know". Philli_island_Cowes_5 Certo, capiamo. Ed in confronto le nostre storie sul mondiale ci sembrano veramente poca cosa. Se non fosse che questo trittico di gare regala, oltre ad un perenne jet-lag per chi come noi per mantenere i contatti con l'Italia non va mai a dormire prima delle tre di notte, delle belle confidenze mentre si aspetta davanti ad un Gate o in un autonoleggio la consegna delle chiavi della macchina. "E' andato tutto in modo molto clandestino - ha confessato Alex Briggs, meccanico di Valentino Rossi al collega Mat Oxley - all'inizio delle qualifiche entrambi i piloti, Rossi e Lorenzo, erano nei box, entrambi intenti a guardarsi aspettando che l'altro facesse la prima mossa". Poi sappiamo com'è andata: Jorge ha rotto gli indugi ed è entrato in pista e Vale l'ha seguito. Che abbia tratto o meno vantaggio da quel giro dietro al maiorchino poco conta: è stato un atto di guerra psicologica.

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