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Quo vadis Superbike? Nel futuro 'streetfighter' o '100 miglia'


superbike_gridIl calo di pubblico negli autodromi nel mondiale Superbike è un dato di fatto, e così quello degli appassionati dietro al piccolo schermo della TV. Sarà anche vero, come si legge nei social, che gli aficionados della SBK sono i veri amanti delle due ruote, puri e duri, ma è altrettanto innegabile che da soli non bastano. Semplicemente sono troppo pochi per fare massa critica. Così oltre ai due segnali di calo di interesse nei circuiti e dietro al piccolo schermo per la Superbike ce ne è un terzo: quello sui giornali. Non nascondiamoci dietro ad un dito, se la Superbike è praticamente uno sport sconosciuto nei media mainstream - quotidiani e periodici politici - lo spazio va restringendosi di gara in gara anche sugli sportivi. Il motivo? Sono tanti. La mancanza di personaggi è quello più citato, ma è evidente che puntando il dito sui piloti si può confondere la causa con l'effetto. I personaggi, infatti, crescono con il crescere dell'interesse attorno a loro. E se nessuno scrive, è evidente che poi in pochi parlano. C'è dell'altro, probabilmente. Sul banco degli imputati c'è anche la formula delle due gare. Dal ritorno dei quattro tempi in MotoGP non c'è più vera differenziazione fra le due categorie. Entrambe 1000, entrambe 4T, entrambe carenate, entrambe su competizioni di circa 100 Km. Questo senza parlare del fatto che nelle ultime tre stagioni la MotoGP ha aperto ai 'prototipi di serie', all'inizio delle vere e proprie Superbike travestite da MotoGP a cui fu dato il nome di CRT! Un obbrobrio che non doveva essere permesso dalla FIM. E' anche vero che nel passaggio da Infront a Dorna le Superbike hanno perso molto della loro competitività a causa di regolamenti più restrittivi, ma siamo certi che gli appassionati stiano lì a puntare il dito sulla differenza di tempi sul giro? Secondo noi per il grande pubblico 30 o 40 cv in più non fanno la differenza quando tutto il resto è (quasi) uguale. L'unica diversità fra le due categorie, in fondo, è che nelle derivate di serie si corre su due manche, che però assegnano risultato pieno. Un format che se nel passato era difficile da gestire a livello mediatico - chi ha vinto? chi mettiamo nel titolo? il trionfatore di Gara 1 o quello di Gara2? - oggi con le due gare spostate in orari non da prime-time, è diventato difficile da seguire anche per gli appassionati. Urge, dunque, reinventare la formula e le possibilità sono due. Un ritorno alle origini, dunque far scendere in pista delle streetfighter con manubrio dritto e senza carenatura, come ai tempi di Eddie Lawson, Freddie Spencer e Wayne Rainey negli USA, oppure trasformare le due gare-sprint in una competizione più lunga, diciamo 160 Km, con pit stop obbligatorio per cambio gomme e rifornimento. Tutti e due i nuovi formati porterebbero dei benefici. Il primo punterebbe sulla promozione delle moto che oggi si vendono di più; il secondo su qualità diverse da quelle dei Gran Premi. La formula delle '100 miglia' infatti metterebbe in risalto l'organizzazione delle squadre, introdurrebbe l'elemento spettacolo nella pitlane al momento dei cambi, senza l'elemento noia dovuto alla eccessiva lunghezza delle gare di durata. Insomma tutte e due le soluzioni avrebbero secondo noi dei punti di forza interessanti. Ogni cambiamento comporta resistenze, ma solo superandole si va avanti.

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