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La Superbike debutta in Australia nell'indifferenza delle Case (e dei giornali)


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Con la prima gara del mondiale Superbike alle spalle c'è qualche considerazione da fare e la prima è che la partenza in Australia non ha certo aiutato il mondiale delle derivate di serie ad uscire dalla sua nicchia.

Ho provato (e sperato) di trovarne traccia sui quotidiani, ma al di là di qualche pezzo sullo Gazza e qualche notizia sul Corsport, è stata una ricerca inutile. Sono stato molto più fortunato per quanto riguarda Internet: il bravo Paolo Gozzi, l'unico collega italiano che della specialità è stato in grado di farne una professione, è stato prolifico sul web con diversi spunti capaci di suscitare riflessioni.

Poi, naturalmente, ho seguito il collega Carlo Baldi ed il nostro Luca Semprini di GPOne.com, entrambi sul posto. Chi altro c'era? Naturalmente Giulio Fabbri per motosprint, ma credo che la conta della nostra stampa sull'isola di Filippo si fermi qui.

Naturalmente sul web sono uscite decine di pezzi, ma i commenti dei commenti non mi interessano, anche se a volte se ne possono ricavare punti di vista interessanti. Fra questi non ci sono le solite critiche degli 'haters' di professione che se la sono presa con Mediaset perché ha mandato a Phillip Island il solo (e bravo) Alberto Porta preferendo fare la telecronaca da casa. Certo, sarebbe stato meglio avere Guido Meda e Max Biaggi sul posto, e sono sicuro che loro stessi lo avrebbero gradito, ma i tempi sono quelli che sono e soprattutto la Superbike è quella che è. Bisogna fare i conti con le risorse, senza dimenticare che Mediaset, esattamente come GPOne.com, offre il suo prodotto gratis, cercando poi di recuperare denaro, magari facendo anche degli utili, dalla pubblicità.

Si potrebbe obiettare che se noi ne abbiamo mandato uno, loro avrebbero dovuto farcela a spedirne dieci, ma non è così. I costi di una 'spedizione' di una TV non sono quelli di un sito internet. E poi, comunque, ognuno fa i conti con le proprie disponibilità ma ci sentiamo di poter affermare che, probabilmente, l'investimento non sarebbe valso la candela.

Per capirne il motivo basta rileggere le prime righe di queste considerazioni: la penetrazione della Superbike fra i media generalisti è, se si può usare un eufemismo, assai scarsa. Se è vero infatti che la TV è trainante, nel caso della SBK i quotidiani non gli forniscono alcuna cassa di risonanza. Così per assurdo ciò dimostra che ciò che tutti i direttori dei giornali hanno pedissequamente seguito fino ad oggi, cioè la TV, da sola non basta a fare audience. La voce dall'etere rimbomba in una scatola vuota.

Ci vogliono, invece, i commenti, le considerazioni, i diversi punti di vista, le interviste, sui giornali di carta. Quelli che rimangano sui tavolini dei bar, nelle sale d'aspetto dei dentisti e nelle botteghe dei barbieri. Sono loro, e le nostre chiacchiere conseguenti, a creare i personaggi di cui poi la gente parla e che, in un circolo virtuoso, fanno crescere attenzione e curiosità attorno ad uno sport. Tutte cose che al momento alla Superbike mancano.

Per fortuna, e lo ribadisco, Mediaset ci ha dato una coppia di commentatori del calibro di Guido Meda e Max Biaggi. Potranno sbagliare una data, un numero, ma vivaddio sono competenti. Certo, li si può inchiodare, da casa, comodamente seduti sul divano, per delle sciocchezze, ma che rimangono comunque tali. Loro il proprio lavoro lo sanno fare.

Il problema è un altro, questa Superbike (ma si potrebbe anche scrivere: questo motociclismo) non è capace di aiutarsi a venire fuori dal buco. Parlando di moto derivate dalla serie si potrebbe pensare che, in qualche modo, le case siano interessate in qualche modo a pubblicizzare il campionato: non è vero.

Nessuna delle case presenti, al di là di qualche comunicato, fa alcuna pressione sui media per ottenere spazi. E' vero, non ci sono grandi interessi pubblicitari per giustificare delle richieste, eppure piccoli tentativi in proposito potrebbero pure essere fatti. Macché, per le case la SBK semplicemente non esiste e ciò che le preoccupa, e vagli a dare torto, è il lancio di nuovi modelli. Per i quali, peraltro, hanno budget così striminziti da costringerli ogni volta a fare odiose scelte su chi invitare e chi no. Sempre più in difficoltà, peraltro, ad individuare, in questo mare in burrasca che è l'informazione oggi, chi fa informazione e chi, semplicemente copia.

Ma del resto di cosa stiamo parlando? A quale mercato ci riferiamo? nel 2013 (fonte Ancma) si è perso ancora un quinto del volume totale. La sportiva più venduta è stata la 1199 Panigale nelle sue varie versione per un totale di 556 esemplari. La Honda ha piazzato 216 pezzi del suo vetusto CBR 1000 RR, la BMW 208 S 1000 RR e la Kawasaki appena 137 ZX 10 R.

C'è poco da fare: non c'è trippa per gatti. Anche perché se Sparta (i manubri bassi) piange Atene non ride: il modello più venduto nel 2013 è stato la BMW R 1200 GS con 4129 pezzi, ma già al secondo posto c'è la Honda NC700C con 1692. Non propriamente moto che fanno pensare alla Superbike. Forse per far appassionare nuovamente il pubblico bisognerebbe tornare ai manubri alti, altro che Evo!

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