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'Fast' Freddie Spencer, un pilota da prima classe


sperncer-roberts2Leggo sempre l'interessante rubrica 'Sembra ieri' dell'amico e collega Stefano Saragoni perché mi riporta indietro nel tempo. Per dieci anni, infatti, ho dapprima collaborato con il settimanale di San Lazzaro e poi ne sono diventato l'inviato ai Gran Premi, prima di passare al Corriere dello Sport. Il direttore di Motosprint scrive, a proposito della partecipazione di Freddie 'Fast' Spencer alla festa dei Caschi d'Oro del 1983 - l'anno del suo primo titolo mondiale in 500 - "confesso di non ricordare nulla di chi e come lo convinse alla trasvolata oceanica". E' vero, non fu facile. Freddie si era appena aggiudicato il titolo della classe regina battendo nientemeno che Kenny Roberts. Ci riuscì grazie alla sua indiscussa classe, ma anche dopo aver corso un Gran Premio di Svezia, ad Anderstorp, decisamente arrembante. Non c'erano telecamere sul circuito, a quei tempi, così noi cronisti, appostati al centro del tracciato, vedemmo solo che nella curva successiva al rettilineo principale si era alzata un po' di polvere. Poi scorgemmo Freddie saettare all'uscita davanti a King Kenny e vincere il Gran Premio. Il Marziano, alla fine della gara era nero, Freddie come sempre imperturbabile, nemmeno una goccia di sudore o un capello fuori posto. Cos'era successo? Semplicemente Freddie aveva 'accompagnato' Kenny fuori dalla pista. E fu solo per un miracolo, aiutato dalla bravura, se Roberts rimase in piedi. Non successe niente, naturalmente, erano i tempi in cui la Direzione di Gara, probabilmente durante il Gran Premio era con i piedi sotto un tavolo e davanti ad un bel bicchiere di rosso (a volte penso succeda anche oggi). Così alla fine della stagione Spencer conquistò il titolo, se ricordo bene, con due punti di vantaggio, ad Imola, facendo incazzare nuovamente KR, questa volta con l'incolpevole Eddie Lawson reo, all'esordio, di non essere riuscito ad arrivare davanti a Freddie. Arrivò l'inverno e con esso le celebrazioni e come ogni anno l'allora Direttore del settimanale mi chiese di far venire il Campione del Mondo della 500. Nei due anni precedenti era stata una sgambata, anche se Marco Lucchinelli (1981), più che Franco Uncini (1982) era un tipo imprevedibile. Comunque era mio compito provarci e lo chiamai. Mi disse di si, ma c'era un… 'però'. "Direttore, Freddie verrà - confessai al Diretùr - però vuole portare con sé la fidanzata…". "E che sarà. Fai venire anche lei", fu la risposta. "Sì, bene. Però Freddie vorrebbe con sé anche il suo manager…". "Ah. Questi piloti. Va bene, fai fare un biglietto anche per lui". "Sì. Però c'è un'ultima questione…". "Cosa, ancora?" "Freddie vorrebbe biglietti di prima classe…". Ora, al tempo, la prima classe era la prima classe. Mica come ora che costa comunque un occhio ma si trova scontata in upgrade. Nel 1983 la First Class era uno status symbol. "Questa poi! Bisognerà chiederlo all'Editore". Editore bisogna scriverlo con la maiuscola perché si trattava del grande Luciano Conti, un appassionato vero, grande amico di Enzo Ferrari. Un uomo elegante, che quando appariva in redazione ci congelava, nonostante avesse fama di Dongiovanni e fosse anche piuttosto generoso. Lo dico a ragion veduta perché, forse proprio in quella stagione, mi fece rimborsare 500 lire di sauna che mi erano state tolte dal rimborso spese. Ero rientrato in albergo, fradicio e intirizzito, dopo un bagnatissimo GP di Spagna a Jarama e l'amministrazione non volle sentire ragioni. Il signor Conti invece mi dette ragione. Questa volta, però, di fronte alla sua scrivania mi sentii meno battagliero, così decisi di dirgli la verità tutta d'un fiato. "Sei sicuro di non riuscire a convincerlo a venire, perlomeno, in business?", mi domandò. "Signor Conti, ci ho già provato". Fu così che Fast Freddie approdò a Bologna viaggiando come un nababbo, ma una volta lì si comportò davvero bene. Ed una delle ultime sere andammo a mangiare alla Borgatella, da Stefano. Le foto sono ancora lì sul muro, a testimonianza. Spencer non si dimenticò del trattamento e successivamente invitò il sottoscritto e Gigi Soldano a casa sua, a Shreveport, in Louisiana. In archivio dovrebbe esserci ancora il servizio fotografico. Qualche mese fa, quando è venuto in Italia, ci ha chiamato ma purtroppo non eravamo in zona. Forse voleva fare il bis del tris di primi. In Emilia si mangia decisamente da dio.

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