Il risultato finale di Spagna-Resto del Mondo, quello che normalmente viene chiamato motomondiale, è di 49-5. Un risultato più che da partita di calcio, da match di rugby. Comunque disastroso. I marcatori di lingua non iberica, in quella che dovrebbe essere una competizione globale, sono stati Valentino Rossi (MotoGP, Olanda), Scott Redding (Moto2, Francia, Italia, Inghilterra) e Mika Kallio (Moto2, Rep. Ceca).
Un italiano, un inglese, un finlandese.
Sembra l'inizio di una barzelletta. Peccato che non faccia ridere.
Quando su 52 gare in totale la quasi totalità è vinta da una sola Nazione chi è in cabina di regia dovrebbe porsi qualche domanda, perché è vero che ormai viviamo in un mondo globale dove il luogo di nascita non dovrebbe avere alcuna importanza, ma la realtà è ben diversa.

Peccato però che in cabina di regia da tempo non ci sia più nessuno visto che la Federazione Motociclistica Internazionale presieduta da Vito Ippolito è ormai solo un nome, con un logo che peraltro sembra quello della Mini, senza alcun tipo di potere.
Il fatto che la FIM abbia presumibilmente pagato per sostituire la sua vecchia immagine con una clonata dal marchio di una automobile è ancora qualcosa che mi lascia interdetto. Ma questo è un altro discorso.
Tornando a quello iniziale, cioè alla dominazione di una singola nazione per l'intero campionato, essa non è mai accaduta. Negli anni '80 ed all'inizio dei '90 la 500 infatti vincevano sì gli americani, ma 250 e 125 vedevano contendersi il gradino più alto del podio piloti con una babele di lingue. Francesi, italiani, spagnoli, giapponesi, sudafricani, tedeschi, svedesi, finlandesi, solo per citarne alcuni.
Detto questo non possiamo metterci a piangere perché ci sono così tanti piloti spagnoli veloci: la Dorna ha creato per loro un ambiente ideale in cui crescere e loro lo hanno fatto.
Piuttosto c'è (ancora) da domandarsi perché la FIM non abbia esercitato un controllo sul modo in cui il suo strumento più potente di diffusione del motociclismo - il Campionato del Mondo di Velocità - veniva utilizzato. Ma questa è una domanda che fa il paio del perché chi doveva non si è reso conto di quanto il marchio della Mini fosse simile a quello 'venduto' alla FIM.
Tanto per spargere sale sulla ferita a Valencia il nostro Romano Fenati, colui che si dice essere la 'speranza bianca' del motociclismo italiano, il migliore del vivaio tricolore in Moto3,
a Valencia è finito 11°, ben dietro alla graziosa Ana Carrasco, ottava.
Non è che il nostro motociclismo stia facendo la fine della boxe? Sparita ormai dall'orizzonte degli sport 'vari', di tutto ciò che non è calcio?
Non è una esagerazione. Così come è quasi impossibile leggere della 'noble art' sui quotidiani, è altrettanto difficile trovare informazione sulle due ruote.
Dunque, cosa?
Solo una considerazione.
Come spesso accade nel nostro amato paese non siamo riusciti a metterci d'accordo neanche sul modo in cui uscire da questa situazione. Nel 2014 infatti gareggerà sotto la luce dei riflettori il team VR46, sponsorizzato da Sky - l'emittente satellitare che ha preso i diritti per la MotoGP il prossimo anno - mentre nel contempo proseguirà nell'ombra il suo cammino il team Italia della Federazione Motociclistica Italiana.
Se per entrambi l'obiettivo è proprio quello di far crescere i giovani piloti italiani avremmo preferito una azione comune: alla VR 46 il compito tecnico di organizzare il team, alla FMI quello di creare un sistema meritocratico per accedervi.
Così infatti ci saranno incomprensioni e rivalità, anche perché Rossi ha scelto come ' incubatrice' il CEV spagnolo e non il CIV italiano. Per non parlare del fatto che sarà in partnership con manager spagnolo Jorge Martinez.
La mossa forte operata da Viale Tiziano è stata quella di tirare a bordo Carlo Pernat. Speriamo che serva di stimolo.
Ancora una volta, dunque, sull'italico suolo siamo riusciti a dividere le forze. United we stand, divided we fall.