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MotoGP, Suppo: "Miller stava bruciando il suo talento, feci il papà multandolo"

"Jack è un pilota vecchio stile, lo portai in MotoGP dalla Moto3 e lo rifarei. In comune con Stoner ha solo il passaporto. Petrucci? Forse Ducati non ha creduto in lui fino in fondo"

MotoGP: Suppo: "Miller stava bruciando il suo talento, feci il papà multandolo"

Livio Suppo può essere considerato il ‘padrino’ di Jack Miller. Fu lui, insieme a Shuhei Nakamoto, a volerlo in MotoGP nel 2015. Una scelta criticata da molte parti, perché l’australiano arrivava dalla Moto3 e debuttò in classe regina senza passare dalla Moto2. Con il senno di poi, si può affermare che il manager torinese ci aveva visto giusto.

Fu una di quelle scelte rischiose che sono state una caratteristica della mia carriera in MotoGP - racconto Suppo l’indomani dell’ingaggio di Miller nel team ufficiale Ducati per il 2021 - Era stata criticata perché nella storia non c’erano stati precedenti, se non con Gary McCoy. La gente pensava fosse una pazzia, invece secondo me quando un pilota ha talento lo si vede subito, già dalle classi inferiori”.

Cosa avevi visto in Miller?

“Io e Nakamoto avevamo visto in Jack un’interessante alternativa in un anno in cui nessun pilota della Moto2 ci aveva fatto scattare la scintilla. Quando gli proponemmo di passare direttamente in MotoGP, Jack ne fu entusiasta e fu importante che lui non vedesse questa operazione come un rischio di bruciarsi la carriera ma come un'opportunità di saltare un classe intermedia e di fare direttamente esperienza in Moto2”.

“Miller faticò il primo anno in MotoGP, ma non aveva una moto all’altezza”

Però quel salto non fu facile, soprattutto nel primo anno faticò moltissimo.

È vero ma corse con la Production Racer di Honda (una MotoGP ‘semplificata’ e meno costosa, a cui mancavano cambio seamless e distrubuzione a valvole pneumatiche ndr) che, mi dispiace dirlo, era meno competitiva di quello che si sperava. Quella moto aveva un ottimo potenziale, ma ebbe molti problemi ad adattarsi all’elettronica Magneti Marelli. I tecnici giapponesi presero un po’ sottogamba quel problema, infatti, quando lo stesso software arrivò sulle moto ufficiali, Honda fece una grande fatica, finché non li convinsi a prendere un tecnico italiano che aveva lavorato con Magneti Marelli”.

Scarsa competitività della moto a parte, in quel primo anno si vide il talento di Miller?

Sul bagnato, dove la moto conta meno e più il talento del pilota, Jack faceva ottime cose e l’anno successivo, nel 2016, vinse la gara di Assen in condizioni difficili. Miller ha un grandissimo talento a gestire il gas ed è una delle qualità più importanti in MotoGP, è una sensibilità che hanno in pochi”.

“Fu l’unico pilota a cui diedi una multa. Alzava il gomito, lo feci come un papà e servì”

Ad Assen, sul podio, bevve dallo stivale per festeggiare. Poco fa Miller ha rivelato che era stato un gesto indirizzato ai vertici Honda dopo essere stato multato per avere alzato un po’ troppo il gomito una sera.

Confermo che Jack si prese una multa per avere esagerato con l’alcool ed è l’unico pilota a cui abbia mai fatto pagare una multa in tutto la mia carriera, in 22 anni non lo avevo mai fatto. Jack era recidivo, ne aveva combinate una più del diavolo. Gli diedi questa multa, che era di una cifra importante, e gli dissi: ‘mi auguro, parlandoti come fossi tuo papà, che la prossima volta che alzi il gomito ti venga in mente quanto ti è costato l’ultima volta’. Lo feci per lui, per il suo futuro, aveva un talento da sfruttare ma era una testa calda. La domenica sera alle feste ne combinava di tutti i colori, lo stesso il venerdì nel paddock, aveva bisogno di capire che stava rischiando di bruciare il suo talento. Sono contento di avergli fatto quella multa perché, probabilmente, senza quel tipo di punizione non sarebbe cambiato”.

In un certo momento era stato fatto intervenire anche Puig per seguirlo fuori dalle gare.

Alberto era un consulente della HRC e l’avevamo coinvolte in veste di allenatore, ma se ricordo bene si stufò in fretta. Il merito del cambiamento fatto da Jack va a lui ed Aki Ajo, il suo manager, che è stato in grado di far maturare un ragazzo che forse era arrivato un po’ troppo in fretta in MotoGP, dove ci sono guadagni importanti che possono farti perdere la testa a quell’età”.

“Feci di tutto per convicere HRC a tenerlo, ma lo lasciarono andare via”

Non ti sei mai pentito di quella scelta di farlo saltare direttamente dalla Moto3 alla MotoGP?

No, io la rifarei. Perché non vedo una grande differenza tra fare esperienza in Moto2 o in MotoGP per un pilota giovane, l’unica cosa che può mancare è l’abitudine di lottare per le posizioni che contano, ma Jack si era già giocato il Mondiale in Moto3, conosceva quella pressione. L’unica cosa che non puoi fare è fare esperienza in MotoGP giocandoti delle gare, a meno che tu non sia un fenomeno come Marquez o Valentino, o anche Lorenzo e Pedrosa. Io credo che se Jack avesse avuto una moto più competitiva avrebbe patito meno il primo anno, ma non penso che il fatto di avere saltato in Moto2 non lo abbia fatto crescere abbastanza. Prova ne è l’ottimo campionato dello scorso anno e infatti si è meritato la fiducia della Ducati”.

Ti è dispiaciuto che il rapporto con Honda sia terminato prima di raccoglierne i frutti?

Molto, feci di tutto per convincere la HRC a tenerlo, anche la squadra lo voleva. Jack era disposto a non avere più un  contratto diretto con HRC ma voleva tenere il suo capotecnico, che era Ramon Aurin. Takeo Yokohama invece lo riteneva necessario per Nakagami, alla fine convinsi Kuwata a lasciare a Jack Aurin, ma lui aveva già deciso di andarsene. Aveva sentito venire meno la fiducia e la stima nei suoi confronti, che è una cosa fondamentale per un pilota, mentre Ducati gliene aveva mostrata. Avevamo investito molto su di lui, si capiva che aveva del potenziale e sapevamo che tecnicamente non era stato sempre nelle migliori condizioni, era il momento di continuare a crederci. Mi arrabiai. Era come vendere delle azioni che stanno risalendo perdendoci dei soldi”.

Vederlo ora nel team ufficiale Ducati è una rivincita per te?

No, mi fa semplicemente piacere per lui che abbia coronato un suo sogno. È nel posto giusto per potere vincere delle gare”.

“Stoner e Miller hanno in comune solo il passaporto. Jack è un pilota vecchio stile”

Un giovanissimo Jack Miller con  Casey Stoner e Anthony West

Quando un australiano arriva in Ducati inizia ad aleggiare il fantasma di Stoner….

O di Bayliss. Storicamente il rapporto tra Ducati e gli australiani ha sempre funzionato. Chissà se questo loro essere un po’ selvaggi li aiuta a entrare in sintonia con una moto che è molto competitiva ma ha delle caratteristiche particolari. Mi auguro che la storia fra Jack e Ducati sia ricca di successi”.

Hanno qualcosa in comune Stoner e Miller?

Solo il passaporto, sono diametralmente opposti. Jack è un casinista nato, gli piace fare festa e divertirsi, da questo punto di vista è un pilota vecchio stile, ha fatto fatica a capire che doveva allenarsi e non solo fare affidamento sul suo talento. Casey invece è più introverso, meno festaiolo, vive più stressato mentre Miller si gode la vita. Come talento, a oggi, non c’è dubbio che Stoner ne avesse una quantità mostruosa, mentre Jack ha ora l’opportunità di dimostrare quello che vale”.

"Forse Ducati non ha mai creduto in Petrucci fino in fondo"

Secondo te Miller è pronto per una squadra ufficiale?

“Faccio fatica a dirlo non vivendo più le gare dall’interno. Direi che i risultati parlano da sé, dal punto di vista di Ducati è una scelta che ci sta. Petrucci, a cui sono molto affezionato, è rimasto incastrato da una seconda parte di stagione meno brillante della prima, all’opposto di quanto fatto da Jack. Come dicevamo sempre quando ero in Ducati, non bisogna fare valutazioni  facendosi influenzare dall’ultima gara, ma allo stesso tempo è impossibile non farlo perché il ricordo più recente è quello che ti influenza di più. Jack è salito 3 volte sul podio nelle ultime 6 gare, significa quindi meritarsi un posto nel team ufficiale, anche se Danilo in campionato gli è arrivato davanti. Non è una decisione facile da fare, probabilmente Ducati non ha mai creduto in Petrucci fino in fondo, ma non vinci una gara in MotoGP senza talento, forse dovrebbe crederci lui per primo un po’ di più. Mi dispiace, ma prima di dire che è fuori da Ducati bisognerà capire cosa farà Dovizioso”.

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