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MotoAmerica, Il pianeta di Rainey che piace a Melandri

Show, dollari ed una moto ufficiale allettano Marco, tuttora a piedi e senza una sella in Superbike per il 2019

MotoAmerica: Il pianeta di Rainey che piace a Melandri

Ha solo tre anni e mezzo ma cresce a vista d’occhio MotoAmerica, tanto da interessare anche a Marco Melandri, dopo il benservito da Ducati Aruba ufficiale. Il manager del pilota è in contatto con il team Suzuki Yoshimura che, dopo l’addio annunciato da Roger Lee Hayden, deve affiancare un pilota di spessore all'attuale numero 1 del campionato, lo spagnolo Toni Elias.

Voluto fortemente da Wayne Rainey, il campionato MotoAmerica riassume benissimo le caratteristiche del suo promotore numero uno: professionale, veloce, spettacolare. E vincente.

In pochi anni dalla sua creazione, dal 2015 MotoAmerica ha preso - di fatto - in mano tutto il motociclismo sportivo statunitense, ereditando ciò che era rimasto di buono dallo storico ma ormai compassato AMA, evolvendosi come gli standard europei e mondiali richiedono.

Una scelta scrupolosa di uomini e risorse, una cernita dai tantissimi circuiti presenti nel territorio americano, soldi ben spesi in pubblicità e tv, valorizzazione di ogni singola risorsa, con il solito spirito USA; chi viene in circuito deve poter assistere all’evento senza muri o barriere, vivendo il weekend di gara da protagonista.

Rainey e la società KRAVE Group hanno e stanno pensando a tutto: ogni singolo aspetto della serie è ponderato, dedicato e voluto da soci che, prima di tutto, sono grandi appassionati di moto.

CIRCUITI 'NO FEAR' - Dieci gli appuntamenti 2018 in calendario, in una marcia irresistibile da Est ad Ovest, tagliando il centro e toccando il Sud del continente; tralasciato il vecchio impianto di Daytona - dove si corre ancora la 200 Miglia, seppur in veste ridimensionata - le piste scelte offrono ciò che ogni pilota vorrebbe, tentando di mantenere standard di sicurezza allineati a quelli europei.

Rainey & Soci stanno lavorando per adeguare le infrastrutture e la mentalità: rimangono le grandi velocità da esprimere, le difficoltà tecniche, la possibilità di fare la differenza nei punti più delicati, crescono la preparazione dei marshall e le vie di fuga, vanno però spostati alcuni muretti, tallone d’Achille di impianti che di banale non hanno proprio nulla. In ogni round la gara Superbike è doppia, 20 le corse totali.

Si parte da Road Atlanta, in Georgia, su un tracciato dove “l’uomo si distingue dal bambino”, si passa poi al COTA di Austin, facendo compagnia agli assi del Motomondiale.

Anche al Virginia Raceway non si scherza: diversi sono i cambi di piega in quinta marcia, scollinando, senza sapere dove si andrà a finire.

Road America - un’altra pista tosta - precede Laguna Seca, che non ha bisogno di presentazioni: il Cavatappi è il più celebre delle tante curve difficili presenti, nelle quali si alternano i piloti MotoAmerica con quelli del Mondiale, nello stesso weekend.

Caratteristica di Miller è quella di sorgere di fianco all’enorme lago salato nello Utah e, il colore di fondo, è sempre il bianco.

A Sonoma bisogna stare attenti: alcuni punti sono marcati coi coni removibili e in un paio di staccate il muretto viene lambito dalle moto.

In Pennsylvania è nato l’impianto di Pittsburgh, appena fuori città, ed è già candidato ad ospitare una tappa Mondiale: tecnico, tecnologico e sicuro, questo tracciato offre punti veloci e lenti ben combinati.

Nello stato del New Jersey si corre la penultima data, si chiude in bellezza nei cieli blu dell’Alabama, in una pista immersa nel verde che ricorda un pò Greenbow, dove viveva lo straordinario personaggio di Forrest Gump.

REGOLAMENTO TECNICO E CLASSI - Anche in questo caso, Rainey si è dato da fare. Partendo dalla Superbike, Wayne ha preteso che le possibilità di elaborare i mezzi derivati dalla serie fossero simili - se non uguali - a quelle concesse nel regolamento FIM del Mondiale, con qualche piccola variante nella gestione elettronica. Il braccio di ferro con lo zoccolo duro degli organizzatori AMA pende ora a favore del californiano, che vuole allineare le fiche di omologazione a quelle europee.

Stesso discorso parlando di Supersport, Superstock Liqui Moly Cup: come nel Mondiale, le cilindrate sono 1000, 600 e 300 e la preparazione tecnica prevede limiti e prezzi predefiniti dall’organizzatore. Nel MotoAmerica ogni motocicletta è equipaggiata con gomme Dunlop: la casa anglo/giapponese è padrona incontrastata ormai da lustri.

TUTTE LE CASE DI WAYNE - Quelle per ora davvero presenti in forma ufficiale sono due, anzi due e mezzo: Yamaha, Suzuki ed Honda.

Il management di Iwata tiene molto al mercato americano, nel quale vende ogni sorta di veicolo, e le gare rappresentano la vetrina tuttora più in luce: il team Monster/Yamalube è una vera e propria struttura factory, da lì escono le R1M di Beaubier e Gerloff che, a detta di molti, non avrebbero nulla da invidiare a quelle di Van Der Mark e Lowes.

Non impegnata nel Mondiale, la Suzuki ha nella storica sede di Chino, in California, la base del team Yoshimura, preparatore giapponese che negli USA si è distinto per successi e prodotti ad alte prestazioni. Le GSX-R di Elias e Roger Hayden godono del supporto di ingegneri inviati da Hamamatsu direttamente in America e la tabella numero 1 sfoggiata da Toni è più che meritata.

La Honda non ha - per ora - il supporto HRC che vantava ai tempi di Merkel, Bostrom e Duhamel ma il collegamento tra il team Broadster Chicken e Tokio è diretto: un top rider è l’obiettivo della squadra che desidera diventare ufficiale al 100%.

Ben assistite ma indipendenti, BMW e Kawasaki fanno, per ora, da comprimarie ma da Akashi stanno agendo per tornare a vincere anche oltreoceano con la ZX10-RR, imbattibile praticamente ovunque. La moto bavarese, invece, è per ora una presenza esotica nel paddock.

Si attendono nuove entrate: da Bologna dovranno omologare la nuova Panigale V4 da 1000cc, ed un ritorno nella serie a stelle e strisce arricchirebbe il campionato come espanderebbe il messaggio: anche negli Stati Uniti la Rossa vuole essere protagonista.

APRILIA NON C'E' PIU' - La Aprilia non è mai stata veramente coinvolta dalle gare americane, la uscita di scena del team texano di Claudio Corti ha tolto l’unica RSV4 sulla griglia. Tuttavia, come dicono da quelle parti, ’mai dire mai’ ed un ritorno potrebbe essere auspicabile con l’entrata di uno sponsor valido.

I PILOTI, ALLA RICERCA DI CAPITAN AMERICA - Ogni volto, un carattere. Ogni carattere, un personaggio. Nello sport, gli americani mettono - a volte - da parte il politically correct, per un motivo ben preciso: bocche cucite, parole gestite con il contagocce e frasi tenute a bada dalle briglie degli sponsor non piacciono al pubblico pagante né a quello televisivo. Il taciturno Beaubier - due volte campione - è una jena in pista quanto schietto quando dichiara ciò che realmente pensa. Toni Elias, educato ma focosissimo, ha recentemente inveito contro qualche burlone che lo dava per sopravvalutato, Josh Herrin, a volte sorridente, altre molto serio,  non si è fatto problemi per manifestare stizzito il proprio disappunto dopo la gara di Sonoma. Ricordiamo che da quelle parti sono nati personaggi come Scott Russell, John Kocinski e John Hopkins che erano tutto fuorché noiosi o poco amati dai fans.

LO SHOW E' SU YOUTUBE - Numeri 1 indiscussi, gli americani sanno fare spettacolo. La copertura televisiva è cresciuta e gli appassionati possono seguire ogni round in diretta, comodamente seduti sul divano di casa; il canale Youtube dedicato consente anche a chi non vive negli States di poter ammirare le gesta dei piloti in pista.

PADDOCK APERTO E MERCATINO - In pista, appunto, ci si diverte: il paddock è aperto, il pubblico può assistere al lavoro dei meccanici attorno alla R1 di Scholtz, come sulla R6 di JD Beach. Vengono allestiti grandi mercati di pezzi nuovi ed usati, dove si può trovare di tutto, da motori a guanti, da caschi a carene. Il pubblico pagante è in crescita e sono tante la famiglie al gran completo che si dirigono in autodromo, come si vede fare nel football, nel baseball e nel basket. La differenza è che in circuito vengono organizzati mega barbeque sui quali si griglia praticamente di tutto: agli americani piace ancora dormire in tenda dal venerdì alla domenica, e non si contano i grossi van presenti sulle colline.

DOLLARI SUL TAVOLO - Gli americani non si sono mai fatti troppi problemi quando parlano di denaro: ricorderete i grossi (e pesanti) assegni esibiti sul podio dai piloti Supercross, con tanto di cifra vinta da ognuno di loro. Stessa cosa nel MotoAmerica, dove il montepremi finale è stato raccolto da vari sponsor, dall’organizzazione e dai team: tutto è reso pubblico, nessuna ipocrisia o segreto.

Gli ingaggi dei top rider sono notevoli: i vari Beaubier ed Elias guadagnano come e più un top rider MotoGP ed i privati percepiscono “stipendi” superiori a quelli di Petrucci e Sykes. Negli Stati Uniti le moto si vendono ed il merchandising relativo alle due ruote attira, muovendo un fiume di denaro che alimenta un indotto che gode del segno più.

Un occhio di riguardo va sempre al fattore beneficenza: tante le istituzioni associate al campionato che ha riservato un fondo ai più bisognosi.

 

 

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