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MotoGP, Tre ritiri e sette Mondiali: la storia di Suzuki nella classe regina

I primi successi con Sheeene, gli anni '80 di Lucchinelli e Uncini, il mito Schwantz, la sorpresta Roberts jr, fino a Mir, ultimo campione in azzurro

MotoGP: Tre ritiri e sette Mondiali: la storia di Suzuki nella classe regina

di Mattia Caimi

La storia di Suzuki nel motomondiale è costellata di successi e ritiri. La casa di Hamamatsu ha cominciato a competere in classe regina nel 1974, con la RG 500, una quattro cilindri in quadrato con la quale già l’anno seguente è stata in grado di raggiungere la prima vittoria con Barry Sheene.

Nel 1976 arriva il primo iride in top class con il campione inglese, che con la casa giapponese aveva già ottenuto un secondo posto nel mondiale 125 nel 1971. In quello stesso anno in 500 ci sono sei Suzuki ai primi sei posti. Negli anni 70 le RG sono le moto preferite dai piliot privati, economiche e veloci. L’anno seguente Sheene si riconferma e la Suzuki ottiene il suo secondo titolo in classe regina.

Da lì passa qualche anno, fino al 1981 quando vincerà due mondiali di fila con due italiani, Lucchinelli prima e Uncini poi. L’anno dopo, come un fulmine a ciel sereno, la Suzuki si ritira da campione in carica, continuando comunque ad essere presente attraverso alcuni team privati. Passeranno quattro anni prima che ad Hamamatsu decidano di ritornare ufficialmente nel motomondiale.

Nel 1987 l’impegno della casa nel mondiale prototipi si rinnova, il miglior pilota a fine stagione è Kemmy Irons in 14° posizione. Nell’89 arriva un quarto posto con Schwantz, secondo l'anno successivo e terzo nel 91. Per l’iride la casa di Hamamatsu dovrà aspettare fino al 1993 quando lo stesso Schwantz le regalerà l’iride dopo un digiuno lungo 10 anni.

Tornerà a vincere il mondiale piloti nel 2000 con Kenny Roberts Junior, finita l’epoca di Doohan e della Honda. Poi dal 2002 l’impegno in MotoGP, la nuova categoria. Ad Hamamatsu schierano la GSV-R, una 4 cilindri a V di 65° e 990 cc 4 tempi, ancora molto simile nella ciclistica alla vecchia 500 due tempi. Nel 2007 la moto passò a una cilindrata di 800 cm, come imposto da regolamento. Raggiunse il suo unico successo con Chris Vermeulen a Le Mans, poi nel 2011 di nuovo il ritiro.

Nel 2015 un nuovo ritorno, con un progetto molto diverso dal precedente. Il propulsore questa volta è un quattro cilindri  in linea, come sulle Suzuki sportive di serie, e già nella prima stagione i risultati sono incoraggianti. Nel 2016 Vinales chiude la stagione con tre terzi posti e una vittoria a Silverstone, confermando il buon lavoro dei tecnici di Hamamatsu.

Poi l’ultimo iride nel 2020 con Joan Mir, in una stagione in cui la GSX-RR si aggiudica due vittorie, una con il campione del mondo e l'altra con Rins. L’anno seguente per Suzuki è una stagione difficile, in cui la moto fatica rispetto alle migliori  rivali e, complice l'uscita improvvisa di Davide Brivio, la squadra non sembra girare allo stesso modo dell’anno precedente. A inizio 2022 il team, ora guidato da Livio Suppo, e i piloti sono entusiasti delle migliorie portate nei test e la moto è data tra le migliori del lotto da stampa e piloti, in inverno hanno lavorato sodo.

Un mondiale vinto due anni prima, due piloti in lotta per il mondiale, uno dei quali in testa fino al GP precedente: il sogno di tutte le Case. Sogno che si infrange a Jerez, nei test dopo il gran premio sullo stesso circuito, il 2 maggio, quando il team Ecstar raccoglie i suoi uomini per dare la cattiva notizia: la fine dell’impegno nel motomondiale del costruttore giapponese.

Da un lato sembra veramente una decisione difficie da capite, considerato che la Suzuki è sempre in gioco per le posizioni che contano, con due piloti competitivi e una moto in continua evoluzione. Dall’altro bisogna considerare che il periodo non è dei migliori con l’economia messa a dura prova dalla pandemia prima e il conflitto russo-ucraino poi.

 Queste sono solo alcune ipotesi dei motivi per cui questa scelta è stata fatta, ma per una vera risposta dovremo quantomeno aspettare un comunicato ufficiale, atteso per queste ore. Per ora di sicuro sembra esserci solo che nel 2023 non ci saranno moto azzurre in pista e che probabilmente non se ne vedranno per un po’. Almeno fino al prossimo ritorno.

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