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MotoGP, La scelta più 'folle' di Dovizioso: quanto è difficile cambiare

Andrea vuole dimostrare a se stesso prima che agli altri di essere competitivo su una moto diversa, ma i precedenti (da Lorenzo a Vinales) dicono quanto sarà difficile

MotoGP: La scelta più 'folle' di Dovizioso: quanto è difficile cambiare

Andrea Dovizioso ha la fama - del tutto meritata - di pilota analitico, razionale, intelligente, eppure la sua decisione di tornare a correre con la Yamaha è forse la più folle di tutta la sua carriera. Finito il rapporto con Ducati, il Dovi poteva godersi il meritato riposo. Aveva scelto di dedicarsi al motocross, sua vecchia e mai sopita passione, poi Aprilia lo aveva convinto a fare il collaudatore. Sembra la posizione perfetta: poco o niente stress, qualche wild card se ce ne fosse stata la voglia e la soddisfazione di fare crescere la RS-GP.

Invece Andrea, alla soglia dei 36 anni, ha deciso di rimettersi in gioco. In fondo la Yamaha era sempre stato un suo tarlo. L’aveva guidata un solo anno, nel 2012, aveva i colori di Tech3 e in quella stagione, era salito con lei sul podio 6 volte, arrivando 4° in campionato. Pensava che quei risultati gli avrebbero aperto la porta della squadra ufficiale, ma tornò Valentino e lui si ritrovò in Ducati.

Indietro non si torna, così Dovizioso ha voluto guardare avanti e imbarcarsi in un’impresa per nulla semplice. “Quando hai la possibilità di fare una cosa che ti piace devi sfruttarla” ha detto ieri alla presentazione del team WithU RNF. Anche se in questo caso sembra che possa avere tutto da perdere e nulla da guadagnare. In fondo, se fosse competitivo, non farebbe altro che confermare il suo talento, se non ci riuscisse verrebbe massacrato.

I piloti, però, vivono di sfide e in questa il Dovi trova quel fascino che gli ha fatto mettere da parte un briciolo della sua razionalità. Ha vinto il cavallo nero, come direbbe lui. Ciò non toglie che passare dalla Ducati alla Yamaha non è un’operazione indolore e se ne è accorto lui stesso nelle 5 gare del 2021 corse con la M1. Vero che ci salì sopra senza nemmeno provarla prima e che era una moto vecchia di due anni, ma le sue prestazioni non furono molto confortanti (un 12° posto a Valencia il suo migliore piazzamento).

Del resto, in MotoGP cambiare non è facile. Nell’era delle 4 tempi, iniziata nel 2002, solo due piloti sono riusciti a vincere il titolo con due marche diverse: Valentino Rossi (Honda e Yamaha) e Casey Stoner (Ducati e Honda). I fallimenti, invece, sono stati tanti e diversi. A partire da quello del Dottore con la Ducati. Ma se in quel caso c’era l’attenuante della scarsa competitività del mezzo (a meno che a guidarlo non fosse Stoner), per molti altri piloti non c’è neanche stata quella consolazione.

Un campione come Lorenzo ha dovuto sudare le proverbiali sette camicie per venire a capo della Desmosedici. Gli è rimasta la soddisfazione di riuscirci, ma fuori tempo massimo, e quando poi passò alla Honda le cose andarono perfino peggio. E cosa dire di Petrucci? Arrivato lo scorso anno alla KTM sotto i migliori auspici si vide mettere alla porta senza tanti complimenti a metà stagione, soffrendo per tutto l’anno.

La RC16 non fu gentile neanche con Zarco, che lo costrinse a gettare la spugna, passando in una manciata di gare da promessa della MotoGP a pilota finito. Il francese, però, ha saputo ritrovarsi sulla Ducati, salendo più volte sul podio come fatto con la Yamaha e dimostrando che il passaggio da 4 in linea a V4, seppur complicato, può essere gestito al meglio.

Come aveva fatto prima di lui Crutchlow. Anche la storia di Cal, però, non è stata semplice. Con la Yamaha si era messo in mostra, con la Ducati rinuncio dopo un solo anno, e con la Honda ebbe molti alti e bassi.

Fra i casi più recenti, c’è quello di Vinales. Per lui il passaggio da Suzuki a Yamaha (moto che condividono l’architettura del motore) avvenne senza grossi traumi, tanto che vinse all’esordio sulla M1, quello sull’Aprilia, invece, non è ancora stato digerito.

Pure Pol Espargarò ha capito quanto cambiare sia difficile. Lo spagnolo lasciò la Yamaha per la KTM, facendola crescere e abbandonandola forse nel suo momento migliore. Il primo anno sulla Honda - salvato il 2° posto a Misano - è stato difficile.

La lista non è esaustiva, ma sufficiente a rendere chiaro quello che aspetta il Dovi. Esperienza e lucidità non gli mancano, ma a 36 anni è più difficile cambiare il proprio modo di guidare ed è lui il primo a saperlo. Nonostante tutto,  non può smettere senza togliersi quel dubbio e sa che solo la pista gli potrà dare la risposta che cerca. A patto di trovarla con un pizzico di lucida follia.


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