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Il 'Big Bang' di Mir e l'universo di Hamilton: MotoGP e F.1 allo specchio

Dal successo del primo titolo è nato un intero universo per il pilota Suzuki che lo trasporta verso la realtà dell'asso della Mercedes che in Turchia ha raggiunto a 7 mondiali il suo idolo Michael Schumacher

MotoGP: Il 'Big Bang' di Mir e l'universo di Hamilton: MotoGP e F.1 allo specchio

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Lewis Hamilton piange aggrappato al suo volante, si tiene stretto al suo settimo titolo mondiale in Formula 1. Sono gli stessi che ha vinto il suo idolo Michael Schumacher in carriera, ma il frastuono della leggenda e del confronto a Hamilton non hanno mai fatto paura.

“Da ragazzo sogni questi momenti, quando guardi i gran premi. Ma quello che ho raggiunto va ben oltre i sogni”.

Anche Joan Mir piange. Solo, dentro al suo casco. Lunghi secondi prima di tornare nel paddock a riabbracciare la sua mamma e poi cominciare a capire che cosa è successo e che cos’è davvero questo primo, incredibile titolo mondiale in MotoGP.

“Non lo so, non lo so. E’ un mix di emozioni diverse. Succede quando insegui per tutta la vita un sogno e poi riesci a realizzarlo. Adesso mi devo rilassare e riordinare bene le idee”.

Le lacrime dividono, le lacrime uniscono. Sembra un drammone di Hollywood, invece è una genesi. C’è qualcosa di primordiale nel pianto di questi due campioni, qualcosa che ci riguarda tutti, che ci rende partecipi della nascita di qualcosa di grande. 

Per Mir tutto questo è davvero un big bang: dal successo di questo titolo è nato un intero universo. Quando qualche gp fa gli chiesero se avvertiva la pressione, lui provò a fare il vago, alzò le spalle, disse che in fondo non doveva essere tanto diverso dal successo della Moto3. Ma quando oggi è arrivato sul traguardo, e l’ha superato, Mir ha compreso la potenza di quello che ha fatto.

“E’ un sogno che diventa realtà”. Da ragazzino andava sullo skate. Li vendeva il padre nel suo negozio di tavole: con le rotelle o senza per scivolare sull’acqua, non faceva molta differenza. Mamma arredava gli appartamenti e teneva insieme tutti i sogni della famiglia. Poi c’era lo zio Joan, quello che mandava in estasi Mir ogni volta che lo vedeva sulla moto. Forse questo successo mondiale era già nato lì, nell’attimo in cui Mir ha deciso di affidarsi al destino.

Oggi, a 23 anni, il ragazzo di Maiorca sale sull’Olimpo dei più grandi. Senza Marquez, con un Valentino Rossi ormai datato. Da outsider. In un mondiale pieno di colpi di scena degno di un grande thriller. Nel paddock, con la Suzuki in festa, c’è anche la mamma di Mir, un giubbotto di pelle, il sorriso che illumina: “Joan ha lottato tanto per arrivare qui, penso che se lo meriti al cento per cento. Abbiamo cercato di sostenerlo, lo abbiamo fatto sempre”.

D’altra parte, nei giorni di buriana è la famiglia che ti regge il peso. Succedeva anche a Hamilton. Quando da bambino ascoltava suo padre che gli ripeteva: Lewis, se vuoi qualcosa non devi mollare, non devi farlo, hai capito?

E allora lui diceva sì, e si buttava a capofitto nelle cose. Adesso Lewis è lì, di nuovo campione del mondo, simbolo della lotta al razzismo, unico pilota nero della Formula1.

“All’inizio mi sentivo libero di essere me stesso solo con il casco in testa”. Hamilton non aveva bisogno di questo successo, era già oltre. Aveva già superato tutto: i confini, i dolori, i limiti. Questa vittoria gli è servita per entrare nella leggenda.

"Spero che i bambini, vedendo quello che ho fatto, possano prendere esempio. Se vuoi raggiungere i risultati, devi sognare l'impossibile, seguirlo senza mai mollare e mettere in dubbio le tue capacità".

Nessuno credeva che avrebbe avuto la capacità di vincere ancora, e poi ancora, ancora, ancora. Con questa costanza. Ma la forza di Lewis, anche a 35 anni, è stata questa: volere sempre di più.

Adesso per tutti e due inizia un’altra sfida: confermarsi. E non è detto che per Lewis sia più semplice che per Mir, il peso del successo rischia di farsi sempre più pesante. Tutti e due ci proveranno ancora, è troppo forte il desiderio di realizzare i sogni andando sempre più veloce. Se a dei piloti togli questo che cosa resta? Qualche giro su una pista, l’adrenalina, e nemmeno un po’ di lacrime da asciugare.

 

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