Si era innamorato recentemente delle corse su strada, Luca Salvadori. E sognava il TT. Molti lo hanno conosciuto come Youtuber di successo, ma al contrario di alcuni suoi colleghi Luca era un pilota vero, fatto e finito. Uno che guidava forte, anzi fortissimo.
“Sai, io non riesco ad allenarmi molto. Mentre gli altri girano io sono rinchiuso nel mio bugigattolo a Milano a montare video. Non ho il tempo”, ci aveva detto recentemente.
Quando lo avevamo incontrato a Vallelunga, prima del suo annuncio che avrebbe partecipato al mondiale della MotoE, era felice, perché avrebbe potuto gareggiare in un contesto internazionale e nel contempo fare al meglio ciò che gli riusciva semplice: divulgare il suo amore per il motociclismo.
Era stata la Pramac a dargli questa possibilità, compagno di squadra dell’ex iridato Tito Rabat, ma la Dorna, o chi per loro, non aveva capito il potenziale di questo ragazzo, così l’esperienza era in parte naufragata perché Luca non aveva avuto la possibilità di fare tutti i contenuti video che avrebbe voluto e che sarebbe stato capace di fare.
Un peccato che non sia stato capito, perché alla luce dei fatti il massimo dell’interesse in Italia la MotoE ce l’ha avuta con Salvadori in pista, non tanto per quanto fatto, ma per quanto ci si aspettava avrebbe potuto fare come divulgatore, termine che credo preferisse a quello di Youtuber da 600.000 follower.
L’anno scorso aveva corso anche con una Ducati V4S per il team Broncos, ma quest’anno aveva deciso di fare le cose sul serio ed aveva acquistato una V4R, una Ducati Superbike vera della quale era contentissimo. Non voleva sfruttarla troppo, né cadere, per il valore dell’oggetto, ciononostante ci ha lasciato in testa al campionato National, davanti alla BMW di Filippo Rovelli che, raggiunto dalla terribile notizia ad Oulton Park, è rimasto scosso e addolorato profondamente dalla sorte dell’avversario-amico.
Con Luca la conoscenza è stata superficiale, ma quando lo chiamammo per chiedergli se avrebbe gradito fare un video insieme trovammo un ragazzo semplice, con i piedi per terra, amante delle moto e della competizione e con un talento innato davanti alla videocamera. Era anche autoironico, e non nascondeva nulla di sé ai suoi follower. E quando aveva deciso di cambiare la sua immagine fisica perché si rivolgeva ai giovani, lo confessava con una trasparenza segno di grande sicurezza. Ho immaginato, pensandolo in quel periodo che, finita la carriera da pilota sarebbe stato un ottimo giornalista. Anzi già lo era. Con il vantaggio di non essere uno dei tanti Youtuber wannabe: lui era un pilota, non più giovanissimo, 32 anni, ma capace di esprimersi su tempi di tutto rispetto.
Quando avevamo saputo che si era innamorato delle corse su strada la notizia non ci era piaciuta. Ma andava forte anche lì, perché un pilota che va forte in pista, anzi più forte di molti altri, se decide di aprire il gas anche su strada otterrà risultati. E lui li stava ottenendo.
Qualche mese fa aveva pubblicato su Instagram una sua foto all’uscita della curva Roma di Vallelunga, tutto di traverso ed aveva scritto: “guidala come se l’avessi rubata”. Addio Luca, abbiamo ammirato ciò che hai fatto, in pista e fuori. E siamo addolorati perché in te vedevamo un giornalista-pilota al suo meglio. Non uno Youtuber.